L'editoriale

Un addio doloroso e carico di umanità

È con la sincerità che ha contraddistinto i quasi nove anni del suo vescovato che monsignor Valerio Lazzeri ha annunciato la propria rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Lugano
Paride Pelli
10.10.2022 20:45

È con la sincerità che ha contraddistinto i quasi nove anni del suo vescovato che monsignor Valerio Lazzeri ha annunciato oggi la propria rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Lugano. Parole, le sue, di definitivo e doloroso chiarimento: attese da giorni dopo alcune indiscrezioni, sono state infine pronunciate con trasparenza e umanità. Fin dalle prime battute, monsignor Lazzeri ha spiegato «senza drammatizzazioni» cosa stesse accadendo nella comunità e ha chiesto perdono ai fedeli: il peso della responsabilità era diventato per lui ormai insostenibile e le decisioni prese negli anni - spesso gravose, si pensi alla chiusura del Giornale del Popolo o alla gestione di alcuni casi spinosi tra i suoi parroci, senza dimenticare naturalmente il dramma della pandemia - hanno finito per logorare un uomo di Chiesa che non ha fatto mistero di aver dovuto in qualche modo snaturarsi per ricoprire un ministero sì importante e prestigioso ma al tempo stesso delicato e sfiancante. Nell’incontro di oggi con i giornalisti è emerso, con ancora più chiarezza che in passato, il vero carattere di monsignor Lazzeri: il suo addio non dà adito a nessun tipo di polemica, e può solo essere accolto con comprensione e benevolenza sia dai suoi estimatori sia da chi forse non lo ha mai capito nel profondo. Anche le riflessioni di cui oggi ci ha voluto fare partecipi sono state di serietà ed estrema consapevolezza, pur nel timore e nel tremore del passo che stava compiendo: tanto da richiamarci alla memoria quelle usate da papa Benedetto XVI per la rinuncia al soglio pontificio, nel 2013. In entrambi i casi, traspare soprattutto una grande umiltà, non certo una momentanea debolezza; e nell’attimo del distacco, monsignor Lazzeri è stato più che mai vicino ai suoi fedeli. Non si è trattato di un passo facile da compiere: quel «chiedo perdono» ne è la riprova, al netto di un periodo di nove anni che, come anticipato, deve essere stato a dir poco estenuante. In ogni caso, un vescovato non breve: nove anni non sono pochi, considerando che, in tempi come i nostri, un vescovo è sempre più confrontato con le sferzanti dinamiche di una società in costante e repentino mutamento: in questo panorama è comprensibile che anche gli episcopati possano essere meno duraturi, poiché più densi e onerosi.

Le dimissioni di Valerio Lazzeri si inseriscono pure in un frangente critico per la Chiesa cattolica europea, alle prese con un declino della fede religiosa, delle vocazioni e del numero dei fedeli. Una crisi che la «rivoluzione» di Papa Francesco, con le sue tanto discusse aperture sociali, ha tentato di frenare ma che pare proseguire in modo inesorabile e nella quale si inizia a ipotizzare persino le dimissioni dello stesso Pontefice 86enne, costretto a rinunciare di recente a un viaggio di pace a Kiev e Mosca su consiglio dei medici. In un simile scenario, tornando nel nostro piccolo, sarà determinante il nome del successore di Valerio Lazzeri, dopo l’interinato di monsignor Alain De Raemy come amministratore apostolico: oltre a essere, come da leggi canoniche, di origini ticinesi, il nuovo vescovo di Lugano eserciterà un peso religioso e culturale su tutto il cantone. In lui verranno riposte numerose speranze, specialmente per quanto riguarda l’avvicinamento dei giovani alla Chiesa, ai suoi insegnamenti e ai suoi valori. Come ha detto proprio nelle scorse ore papa Francesco ai ragazzi e alle ragazze del Belgio: «La Chiesa ha bisogno di voi». E magari di qualcuno – osiamo aggiungere – che sappia parlare loro apertamente, arrivando dritto al cuore.

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