Un ritorno alla realtà per le Big Tech statunitensi
L’hanno chiamato «effetto Sputnik» per evocare un passaggio saliente della Guerra fredda che contrapponeva Stati Uniti e Unione sovietica. Era il 4 ottobre del 1957 l’URSS lanciò con successo un satellite nello spazio, lo Sputnik 1 appunto, che minò la presunta supremazia tecnologica degli Stati Uniti. Fu un evento shock per il blocco occidentale di allora che si sentiva minacciato anche dallo spazio e creò le premesse per accelerare il programma statunitense di esplorazione spaziale che culminò con il primo uomo sulla Luna il 20 luglio 1969. Celebre il discorso del presidente John Fitzgerald Kennedy alla Rice University di Houston in Texas nel settembre del 1962 con il quale lanciò la sfida tecnologica - pacifica - all’URSS. «Abbiamo scelto di andare sulla Luna entro la fine di questo decennio non perché è facile, ma perché è difficile». A oltre 60 anni di distanza qualcosa di simile, ma con molto meno pathos e partecipazione, l’ha detta anche Donald Trump al giuramento presidenziale a proposito di una prossima avventura marziana a cui crede molto Elon Musk.
Con l’applicazione cinese DeepSeek sull’intelligenza artificiale che ha sconquassato il mondo delle Big Tech americane e corretto pesantemente, almeno per un giorno, le quotazioni della società Nvidia, la giornata del 27 gennaio 2025 potrebbe essere ricordata come quella dello Sputnik di 68 anni fa. Gli addetti ai lavori erano già al corrente, ma l’opinione pubblica ha scoperto che è possibile in poco tempo, con tecnologia più vecchia (sarebbero stati usati addirittura i processori e le schede madri meno recenti di Nvidia) e soprattutto con molti meno capitali (solo sei milioni di dollari contro miliardi), replicare il ben più noto e probabilmente più «dopato» finanziariamente ChatGPT.
È un po’ come aver perso l’innocenza e scoperto un concorrente in un settore dove le cosiddette GAFAM, dalle iniziali di Google, Amazon, Facebook, Apple e Microsoft, le cinque imprese leader dell’economia digitale, avevano un notevole vantaggio competitivo che è stato fortemente intaccato in meno di una settimana. Il lancio ufficiale dell’app di DeepSeek, ironia della sorte, data il 20 gennaio scorso, il giorno dell’insediamento di Trump con l’immagine diventata iconica del manipolo di imprenditori tecnologici tutti in prima fila sul palco presidenziale.
È certamente una coincidenza, ma è apparsa proprio come un altro lancio del guanto di sfida di Pechino a Washington sul terreno della tecnologia. In pratica, la competizione geopolitica tra Stati Uniti e Cina ora coinvolge anche il sensibile campo dell’intelligenza artificiale. Si tratta di un settore indicato da molti analisti ed esperti come quello che impatterà di più nei prossimi anni nella nostra vita e nel mondo industriale: dalla ricerca di informazioni sul web, alla gestione dell’energia, dalla finanza fino al cosiddetto Internet delle cose (Internet of things) con la messa in rete di automobili e di macchine di qualunque genere dotate di un microchip. L’intelligenza artificiale (IA) - o informatica avanzata che dir si voglia - è ritenuta di fatto il punto di svolta tecnologico del 21.mo secolo e foriera di innovazione e progresso certi. Da qui la crescita continua della quotazione di Borsa di tutte le società direttamente coinvolte nell’IA. Nvidia in primis che ha visto scendere di colpo la sua capitalizzazione di 590 miliardi di dollari, ma anche l’intera filiera tecnologica che in totale ha lasciato sul terreno mille miliardi di dollari di valore. Una bella battuta d’arresto che ha fatto fare un bel bagno di realtà a chi finora ha dettato l’agenda tecnologica.
Ma non tutto ciò che riguarda DeepSeek è rose e fiori. Pur essendo basata su un software open source, ovvero teoricamente modificabile e migliorabile da chiunque sappia programmare, l’app cinese presenta comunque delle criticità che per ora non hanno però fatto desistere milioni di americani e non solo dallo scaricarla: i dati sono conservati in datacenter cinesi, primo campanello di allarme, mentre le sue risposte eludono o censurano fatti storici gravissimi come la strage di Tienanmen, per citarne la più nota. Insomma, se il suo arrivo contribuisce a diversificare l’ecosistema tecnologico e a ridurre le ambizioni dei signori della Rete, non è detto che la possibilità di scelta aumenti conoscenza e libertà di tutti noi.