L'analisi

L'amore non è possesso o vendetta

La criminologa Jessica Ochs sul delitto di Aurigeno e sui risvolti che hanno portato al dramma
© CdT/Chiara Zocchetti
Jessica Ochs
14.05.2023 16:30

È l’11 maggio quando un uomo spara tre colpi di pistola al custode di una scuola e poi fugge. Siamo ad Aurigeno e la vittima è un uomo onesto, un padre di tre figli che solo due anni prima ha sopportato il dolore per l’uccisione della sua ex moglie. Non stiamo raccontando la trama di un film. È la storia di una morte preannunciata che ha dell’inverosimile. È l’epilogo di una storia che si poteva leggere tra le righe drammatiche delle parole che l’omicida da tempo affidava ai social. 

Parole che sono state sottovalutate dalla vittima, ma non dagli inquirenti che avevano ordinato un confronto psichiatrico, al quale l’assassino però non si era sottoposto. È la storia di un uomo che ha ucciso il suo presunto rivale in amore. O almeno questa è l’ipotesi più plausibile che gli inquirenti dovranno confermare attraverso le prove. Scriveva Umberto Eco: «La gelosia si forma senza alcun rispetto per quel che è, o che non è, o che forse non sarà mai; che è un trasporto che da un male immaginato trae un dolore reale». Ed è proprio la gelosia che sta alla base della mano che ha sparato a un uomo buono. La gelosia. Quel sentimento spesso oggetto di studio, che racchiude in sé il germe dell’insicurezza e della possessività assoluta nei confronti di un’altra persona.

Non è un caso che il termine gelosia derivi da «zelo» e venga associato a un aspetto comportamentale assillante, zelante, quasi eccessivo nei confronti di un altro e della sua vita relazionale. La vicenda di Aurigeno sembra un copione già scritto: un uomo che crede di amare la sua ex, ma che in realtà non sopporta la fine della sua relazione. Un uomo che si sente respinto, ferito nell’orgoglio e che deve vendicare il proprio onore. Un uomo che, accecato dalla rabbia, dall’angoscia per aver perso l’oggetto del proprio amore, non riesce a respingere gli impulsi ancestrali che, quasi automaticamente, lo portano dall’intimidazione alla perdita del controllo razionale. Ora che è stato catturato dovrà rispondere agli inquirenti, ma dovrà soprattutto sopportare gli occhi di quei tre bambini che hanno perso il loro punto di riferimento e che ora saranno costretti a un percorso per capire che l’amore non è gelosia, non è possesso e non è nemmeno vendetta. Il vero amore non si riconosce da ciò che chiede o nega, ma soltanto da ciò che offre.

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