La Bondola, un vitigno che racconta la nostra storia
Ripercorrendo la storia delle produzioni artigianali del nostro Cantone, si scoprono frammenti che ne disegnano il passato; la Bondola è uno di questi. Un vitigno che ha saputo adattarsi ai pregi e ai vincoli dei versanti sopracenerini nei quali affonda le radici e che ancora oggi, grazie all’operato di artigiani viticoltori capaci di preservare questa varietà, tutela la narrazione di una storia regionale.
Per questo motivo Slow Food ha deciso di accogliere questo vitigno autoctono a bacca rossa, molto diffuso in passato in tutto il Sopraceneri e oggi vinificato in purezza da pochi professionisti, nella famiglia dei suoi Presìdi. «Fino alla metà del secolo scorso» racconta Claudio Poretti, membro del comitato di Slow Food Ticino, «i vitigni di Bondola e di Bondoletta, insieme ad altre varietà locali, rappresentavano circa la metà della produzione vinicola del Ticino. Sono però stati progressivamente abbandonati in favore del Merlot, più conveniente dal punto di vista agronomico e del mercato, e più sostenuto dalla sezione agricola del Cantone. Slow Food da anni si impegna a custodire le culture e le tradizioni gastronomiche locali, a risvegliare l’interesse per le origini e i sapori dei cibi che portiamo in tavola e a sensibilizzare sull’impatto che le nostre scelte alimentari hanno sui modelli di produzione e, di conseguenza, sul nostro ecosistema. In questo modo sostiene i prodotti di qualità che rischiano di scomparire, salvaguarda regioni ed ecosistemi unici, così come le tecniche di lavorazione. È per questi motivi che Slow Food ha deciso di proteggere e far conoscere Bondola e Bondoletta, i quali hanno una valenza storica per la nostra regione. L’obiettivo principale è di rilanciare la produzione di questi vitigni storici e di valorizzare il loro potenziale per garantirne il futuro.»
Il forte rischio di cadere nell’oblio è stato uno dei motivi che ha reso questi due vitigni eleggibili per un Presidio Slow Food che riunisse i suoi produttori, dando particolare attenzione alla cura della biodiversità del nostro territorio. «Oltre a tutelare i due vitigni» sottolinea Poretti, «la creazione del Presidio vuole sensibilizzare la politica affinché sostenga le uniche varietà autoctone rimaste nel nostro Cantone. Il futuro è pieno di ostacoli ma la “Comunità della Bondola” ha l’entusiasmo e l’energia necessaria per dare un futuro a questi vitigni.»
Chiericati Vini, La Segrisola, Mondò̀, Pian Marnino e Terreni alla Maggia, con l’appoggio dell’Interprofessione della Vite e del Vino ticinese, sono le cinque aziende vitivinicole del Sopraceneri che hanno deciso di impegnarsi in questa sfida e di aderire alla “Comunità della Bondola”. Stefano Haldemann, dell’Azienda Vitivinicola La Segrisola, ci racconta la sua storia. «Oltre trent’anni fa ho rilevato i vigneti tra Gudo e Gordola di cui tutt’ora mi occupo e la Bondola era già presente. Un tempo, il modo di coltivare era molto diverso: nei filari dei vecchi vigneti potevi trovare qualche ceppo di Merlot, ne seguivano alcuni di Bondola, poi qualcuno di Cabernet, per infine trovare ancora della Bondola - veniva tutto mischiato. Da qui, sono partito selezionando solo quest’ultima varietà per farne un vino in purezza. In un secondo momento, ho iniziato a piantare dei vigneti unicamente composti da questa varietà storica. In origine la Bondola era un vino piuttosto nostrano; è negli ultimi anni che, insieme ad altre aziende, ci siamo impegnati per migliorare la sua qualità, facendolo diventare una specialità. Si tratta comunque di un vino che conserverà la sua semplicità: non sarà mai come un Merlot riserva, ma questo aspetto è nello stesso tempo molto interessante, soprattutto al giorno d’oggi in cui si tende verso prodotti meno alcolici. La Bondola, infatti, non raggiunge gradazioni elevate: tra gli 11.5 e i 12 gradi. Dato che oggi non ci sono purtroppo incentivi per valorizzare questa particolare varietà di vite, lo scopo di questo Presidio è proprio quello di sostenere la sua produzione; sarebbe un peccato perdere uno dei nostri vitigni più autoctoni. Inoltre, parliamo di un vino che possiamo chiamare moderno, capace più di altre varietà di adattarsi ai cambiamenti climatici e alle difficoltà. Quest’anno a causa delle abbondanti piogge e della peronospera sul Merlot, spesso non abbiamo potuto fare tutti i trattamenti necessari. La Bondola ha invece dimostrato una tolleranza superiore. Pensando a un futuro legato al territorio e al clima, questi sono aspetti molto importanti da tenere in considerazione. Una delle ragioni per cui in passato veniva maggiormente coltivata è proprio la sua produttività; di origine etimologica incerta, il suo nome deriva infatti probabilmente da “abbondanza” e quando ancora non c’erano i concimi poteva essere un vitigno molto interessante, poiché nei terreni poveri dava comunque una produzione sufficiente. E lo è ancora oggi, se pensiamo alle problematiche legate per esempio ai costi dei trattamenti o alla morfologia del nostro territorio. In passato la Bondola, che veniva coltivata soprattutto sulla sponda destra del Ticino e nelle valli (da Gordola a Vogorno, passando per la Valle di Blenio e la Leventina), ha dato discendenza anche alla Bondoletta, dal chicco più piccolo e dolce. È molto rara e nasce dall’incontro spontaneo con il Completer, un altro vitigno un tempo molto diffuso nell’arco alpino e oggi coltivato nei Grigioni, in Vallese e pochissimo in Ticino.»
Per la Svizzera, la Bondola è il primo vino inserito tra i Presidi Slow Food e affianca altri 19 Presidi elvetici, di cui tre sono ticinesi: i Cicitt delle valli del Locarnese, la Farina Bona di mais tostato e il formaggio Zincarlin da la Vall da Mücc.