La tecnica dell'artista Pierluigi Alberti? Uva su tela
Nell’atelier, assieme ai tradizionali pennelli, colori, tele e cavalletti, si scorgono anche una bottiglia di aceto. E pure del vino rosso. Siamo nello studio di Pierluigi Alberti (per tutti, semplicemente Pier), tra le sue ultime opere: delicati acquerelli che ritraggono ceppi e tralci nodosi, prospettive di filari. Soggetti ispirati alla vite, alla vigna, al mondo del vino. E, non a caso realizzati proprio con… del vino! «Con un pennello largo» spiega Alberti, «faccio una prima velatura usando il vino, infine incido la carta con un bulino e lascio queste tracce che rendono l’idea dei filari, prima di passare una seconda velatura, sempre di vino.» Accanto ai titoli delle sue opere, ci sono infatti i nomi dei vini utilizzati come base per il colore: il granato chiaro del Volnay, le tonalità rubino dell’Elba rosso, le venature ocra dei vini marsalati. Sembra quasi di sentirne il profumo…
Esposizione alla Moncucchetto
La vite non è soltanto il soggetto delle opere, ma anche la sostanza stessa. Per questo motivo, l’ultima produzione dell’Alberti non poteva trovare collocazione migliore che una cantina, la Moncucchetto a Lugano, dove la mostra “Di Vinum” si potrà visitare fino a dicembre.
Accanto agli acquerelli, sono esposte anche altre opere che si potrebbero definire “materiche”: incisioni su intonaco di calce e sabbia (scurito con colore “nero vite”, per restare in tema) che danno vita a solchi che evocano visioni aeree di vigneti, dalle cromie imprevedibili. «A volte faccio reagire con aceto di vino o sale, per ottenere l’effetto voluto», precisa l’artista, decisamente a suo agio con la sperimentazione di nuove tecniche.
L’arte del restauro
Pier Alberti ha infatti lavorato per decenni come restauratore di affreschi e dipinti murali, in tutto il Ticino, dalla Cattedrale di Lugano alla Madonna delle Grazie a Bellinzona, a tante altre piccole chiese nelle valli. «La mia ambizione è sempre stata di fare dell’arte. Appartengo alla prima generazione di studenti del CSIA, fondato allora da Pietro Salati, dopo aver frequentato la scuola per pittori diretta da Taddeo Carloni. In seguito a una breve esperienza di lavoro all’Ufficio Beni culturali a Bellinzona ho lasciato il Ticino per continuare gli studi all’Accademia di Belle Arti a Parigi. Al ritorno, per un decennio ho insegnato educazione visiva nelle scuole, per poi dedicarmi totalmente al restauro dal 1980.»
Nel frattempo, ha continuato a sperimentare: raffinato vignettista per “Il Quotidiano” di Silvano Toppi, realizzatore di oggetti fatti con filo di rame, di grandi lampade dalle pergamene colorate, o di sculture che rappresentano la spina dorsale per la mostra “Vertebrarti”… Per non dire dell’alfabeto del bostrico, la sua produzione più nota, realizzata a partire dalle incisioni del bostrico (una specie di coleottero) nel legno, che diventano evocativi geroglifici della natura.
Talento multiforme
Affresco, carboncino, pergamena, metallo, perfino l’argilla usata come base per i delicati paesaggi dell’Alpe Bolla: non c’è tecnica che il curioso Alberti abbia utilizzato. Il suo atelier a Davesco è un laboratorio di trasformazione e di ricerca continua. Guarda caso, è proprio nello stesso luogo dove suo padre una volta vinificava l’uva, raccolta nel piccolo vigneto fuori casa, nelle botti da lui costruite, una professione che aveva esercitato in tutta la Svizzera.