Nel suo discorso, Justine Triet ha attaccato duramente il governo francese
Dopo Jane Campion con Lezioni di piano e Julia Ducournau con Titane, Justine Triet è la terza regista nella storia del Festival di Cannes a mettere le mani sulla Palma d'oro. Brava, bravissima. Ne abbiamo parlato, ampiamente, qui. A fare discutere, in queste ore, non è tanto il talento dell'artista quanto il suo discorso a margine della premiazione. Triet, in particolare, ha puntato il dito contro la «mercificazione della cultura che il governo neoliberale sta difendendo». Un governo che, a suo dire, sta per «distruggere l'eccezione culturale» senza la quale lei non avrebbe mai e poi mai vinto un riconoscimento così prestigioso. E ancora: «Questo modello di potere dominante, sempre più disinibito, si sta manifestando in diversi ambiti» ha sottolineato la regista. In primo luogo a livello sociale, riferendosi alla discussa riforma delle pensioni varata da Emmanuel Macron. «Ed è lì che è ancora più scioccante».
Il discorso impegnato di Justine Triet è stato ampiamente elogiato dalla sinistra. Così, su Twitter, Jean-Luc Mélenchon, leader della France Insoumise: «Grazie a Justine Triet per il suo coraggio e il suo talento. Cannes sta tornando alla sua tradizione. È stata la sinistra resistente a creare questo Festival».
«Sono sei mesi che tutta la Francia protesta. Sei mesi in cui siamo stati sottomessi alla volontà di uno solo. Grazie signora per aver tenuto il collo rigido» ha sostenuto, dal canto suo, il numero uno del PS Olivier Faure. «Congratulazioni a Justine Triet per la vittoria della Palma d'Oro e per il suo discorso che ha colpito nel segno» ha aggiunto il segretario nazionale del Partito comunista francese, Fabien Roussel.
Il Ministro «sbalordito»
La ministra della Cultura, Rima Abdul Malak, si è detta invece «sbalordita» dal discorso «ingiusto» della vincitrice.
«Sono felice di vedere la Palma d'Oro assegnata a Justine Triet, la decima per la Francia» ha scritto la politica su Twitter. «Ma sono rimasta sconcertata dall'ingiustizia del suo discorso. Questo film non avrebbe potuto essere realizzato senza il nostro modello francese di finanziamento del cinema, che permette una diversità unica al mondo. Non dimentichiamolo».
Una reazione, questa, che ha suscitato scalpore e ulteriori polemiche a sinistra. Olivier Faure si è detto «stupito nel vedere un ministro della Cultura che pensa che quando si finanzia un film, si acquista la coscienza dei suoi autori».
Alcune figure vicine al presidente Macron, ovviamente, sono entrate nel dibattito, scatenando una serie di scambi su Twitter. «È forse giunto il momento di smettere di dare tanti aiuti a chi non ha idea di quanto costi ai contribuenti» ha minacciato il presidente della Commissione Affari economici dell'Assemblea, Guillaume Kasbarian. Roland Lescure, ministro delegato per l'Industria, giocando con il titolo del film – Anatomie d'une chute – ha ironizzato parlando di «anatomia dell'ingratitudine di una professione che aiutiamo tanto, e di un'arte che amiamo tanto».