Calcio

Al Lugano europeo serve una punta, nel 1995 arrivò anche uno zar

Grazie alla Champions lo Young Boys incasserà quasi 20 milioni di euro e con ogni probabilità rinforzerà una rosa già profonda e ambiziosa su più fronti - Il club bianconero reagirà sul mercato? L'ultima volta che superò con successo le qualificazioni alla Coppa UEFA, a Cornaredo sbarcò Igor Shalimov
Igor Shalimov alle prese con Beppe Bergomi, durante l'andata dei 32. di finale di Coppa UEFA tra Lugano e Inter. © Ti-Press / Davide Agosta
Massimo Solari
29.08.2024 06:00

Battaglie. Cadute. Conquiste. Riconquiste. La vecchia Costantinopoli ne ha conosciute a ripetizione. E il pallone, a suo modo, ha contribuito a rimodellare la storia moderna della località sul Bosforo. Martedì Istanbul è crollata di nuovo, sotto i colpi di uno Young Boys sultanesco. Poco meno di un anno fa ci aveva invece pensato il Lugano di Mattia Croci-Torti. Due imprese ardite e al contempo clamorose. E potrebbe non essere finita qui. Questa sera, i bianconeri (ri)tenteranno l’assalto al fortino del Besiktas, chissà, forse ispirati dall’eliminazione del Galatasaray per mano dei bernesi. Eppure, per quanto positiva per il calcio svizzero e il suo ranking, la qualificazione della squadra di Patrick Rahmen alla nuova Champions League non è una buona notizia per il Lugano.

Assicurandosi il diritto di prendere parte ai giochi che contano, l’YB si è infatti regalato pure 18,6 milioni di euro. Tanti, tantissimi, a maggior ragione con il mercato nella sua fase più calda. Vero, l’avvio dei gialloneri in Super League è stato disastroso. Ma con le casse decisamente più piene e la massima competizione europea all’orizzonte, c’è da scommettere che al Wankdorf si rinforzerà ulteriormente una rosa che allo stadio Ali Sami Yen ha comunque impressionato per qualità, fisicità e alternative.

Tra speranze e realismo

La risposta del Lugano, in questo senso, è attesa su più fronti. A partire dal campo: nella sfida di ritorno del playoff di Europa League si riparte dal 3-3 maturato a Thun. Insomma, al netto del contesto avverso e della forza del Besiktas, la speranza divampa. No, non è una missione impossibile. Anche se, a ben guardare, scivolare in Conference League non modificherebbe la sostanza dell’autunno bianconero. È una questione di prestigio più che d’incassi, considerato che il montepremi garantito in entrata alle partecipanti è di 4,3 milioni di euro in un caso e di 3,2 nell’altro. Altro che il malloppo offerto in Champions. Non solo. Soppesata la portata dei possibili avversari nei nuovi mini-campionati internazionali, il Lugano avrebbe oggettivamente maggiori chance di incamerare punti, introiti e autostima nel terzo torneo targato UEFA.

A fronte dell’atteso potenziamento dello Young Boys, la reazione più importante e auspicabile da parte della società bianconera è ad ogni modo un’altra. E - abbracciando pure le ambizioni in campionato - riguarda per l’appunto il mercato. Saremo ripetitivi, ma esibirsi ad alto livello sia sul palcoscenico continentale, sia su quello elvetico, non è immaginabile con le due sole punte Vladi e Przybylko. Tradotto: disporre di un terzo centravanti di ruolo costituirebbe tutto fuorché un lusso. Parliamo, né più, né meno, di una necessità. Una necessità coerente con gli obiettivi annunciati alla vigilia della nuova stagione.

I gol (a singhiozzo) di Erceg

Per chi se lo fosse scordato, Zan Celar non è stato sostituito. Non ancora, perlomeno. Basilea e Yverdon, giusto per fare due nomi, non hanno per contro tardato a rimpiazzare i rispettivi gioielli Barry e Kevin Carlos (finito proprio ai renani). Sotto sotto, dunque, confidiamo che il direttore sportivo Carlos Da Silva e Chicago stiano solo attendendo il momento giusto per spingere con il nome desiderato o - nel peggiore dei casi - ripiegare su un piano B. Il tutto entro il 9 settembre, termine ultimo per i trasferimenti in entrata e in uscita.

Oddio, il mercato resta una giungla, le trattative sono complicate e la garanzia di mettere le mani su un profilo di spessore non esiste. Prendiamo l’ultima volta che il Lugano riuscì a superare lo scoglio delle qualificazioni europee grazie a delle vittorie. Correva il 1995, sì, l’anno dell’indimenticabile exploit contro l’Inter. Per accedere ai 32. di finale di Coppa UEFA e protrarsi addirittura sino ai sedicesimi con lo Slavia Praga, il club all’epoca guidato da Tullio Calloni ed Helios Jermini cercò di dare una dimensione internazionale al mercato estivo. La situazione finanziaria era delicata e per questa ragione la società si aggrappò soprattutto ai prestiti. Due su tutti. Da un lato l’attaccante croato Tomislav Erceg, in arrivo dall’Hajduk Spalato e definito da Calloni «un vero e proprio regalo per i tifosi». Dall’altro nientemeno che Igor Shalimov, un po’ trequartista, un po’ esterno, in prestito guarda caso dall’Inter. Il nazionale russo sbarcò a Cornaredo con più etichette altisonanti - «lo zar», «il principe» - e però altresì accompagnato dalla nomea di bevitore e amante della vita notturna. «È senz’altro uno dei giocatori internazionalmente più quotati giunti non solo a Lugano ma in tutta la Svizzera» scrisse di lui il CdT, ricordando i numeri con il Foggia di Zeman e la nomina a miglior straniero della Serie A del 1992, insieme a Rijkard. I due neoacquisti partirono benino. Erceg, per esempio, stese i modesti lussemburghesi della Jeunesse d’Esch con una tripletta, nel turno preliminare. Shalimov, da parte sua, non si fece mancare lampi di classe, gol e assist. Passata l’ubriacatura per la notte magica di San Siro e sfiorata solo un’altra impresa con lo Slavia, quel Lugano visse tuttavia una stagione soffertissima. Mancando il girone per il titolo e addirittura rischiando la retrocessione. Erceg segnò ancora qualche gol pesante, senza tuttavia rispettare appieno la reputazione di bomber implacabile. Shalimov si spense a poco a poco, tornando a ripiegarsi sui suoi vizi. Con Sinval, Manfreda e poi Kallon, il compianto Roberto Morinini ebbe quantomeno la fortuna di contare su quattro centravanti.

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