Calcio

Fabian Frei: «I tifosi vogliono le bandiere, ma i club sono sotto pressione»

Il centrocampista del Winterthur, icona della Super League, si sofferma sul valore dei simboli ed elogia il Lugano a poche ore dalla sfida della Schützenwiese
Fabian Frei, 36 anni, veste la maglia del Winterthur dallo scorso settembre. © Keystone/Anex
Massimo Solari
24.01.2025 21:15

Lebende Legende. Sono pochi, in Svizzera, i calciatori a cui è stata riservata questa nobile etichetta. Fabian Frei, 462 partite all’attivo in Super League e giocatore con più presenze nella storia del Basilea, è uno di loro. Lo scorso settembre, a malincuore, ha deciso di lasciare il club di una vita, di fare un passo indietro, per abbracciare le emozioni genuine e la polvere della Schützenwiese. Domani sera il suo Winterthur ospita il Lugano.

Siete reduci dal pareggio confortante in casa dello Young Boys. E però, per il Winterthur, la classifica rimane sportivamente disperata. Ora affrontate il Lugano, da parte sua incapace di prendere il largo in vetta alla classifica di Super League. I bianconeri sono davvero i favoriti per il titolo? O scommetterebbe su un altro club?

«No, a mio avviso il Lugano è il candidato numero uno per la conquista della Super League. La rosa bianconera dispone della necessaria qualità e di una sufficiente profondità per gestire al vertice la seconda parte del campionato. E, con profitto, pure gli impegni internazionali».

A proposito di Europa. Nel 2023 il suo Basilea si era addirittura spinto sino alle semifinali di Conference League. In Super League, tuttavia, la squadra si era dovuta accontentare del quinto posto. Il Lugano non corre gli stessi rischi?

«No, non credo. Semplicemente, il Basilea di allora non poteva vantare l’attuale livello del Lugano. E, di nuovo, mi riferisco allo spessore e all’ampiezza del gruppo bianconero. Davvero, a Cornaredo vi sono i presupposti per competere con successo su più fronti».

A Winterthur, invece, c’è solo un obiettivo: salvarsi. E per riuscirci ci si è aggrappati a Uli Forte, il tecnico che nel 2009 lanciò definitivamente la sua carriera in Super League con la maglia del San Gallo. Che tipo di personaggio è e perché è l’allenatore giusto per risollevare il club?

«Beh, Uli sta affrontando il compito con molta energia e grande entusiasmo. D’altronde è una figura che si nutre di emozioni. E le emozioni sono proprio ciò di cui ha bisogno il Winterthur nella situazione attuale. Sì, Forte è l’uomo giusto».

Nessun problema, dunque, se contro lo Young Boys Fabian Frei è stato schierato addirittura all’ala?

«Nessun problema. Fondamentalmente, gioco dove l’allenatore lo ritiene necessario e più giusto. E, va da sé, do il meglio di me in ogni posizione».

Il Lugano dispone della necessaria qualità e di una sufficiente profondità per gestire al vertice la seconda parte del campionato
Fabian Frei, 462 partite in Super League

È anche una questione di affidabilità. Un atout che ha favorito il prolungamento del contratto di Steffen a Lugano. Renato vestirà bianconero sino al 2028, quando andrà per i 37 anni. L’ha sorpresa la durata di questo rinnovo?

«No, non sono sorpreso. Parliamo di un buon giocatore, con molta qualità e altrettanta esperienza. E se il Lugano è convinto che Steffen possa essere d’aiuto lungo altre tre stagioni, va benissimo così».

Lei ha 36 anni e il suo contratto contempla un’opzione per la prossima stagione. Anche Fabian Frei militerà in Super League all’età di 37 anni?

«Chi lo sa. Di sicuro non è da escludere. Ma non è nemmeno una certezza».

Fa parte della top10 dei giocatori con più apparizioni nel massimo campionato svizzero. E, soprattutto, nessuno è sceso tante volte in campo quanto lei con la maglia del Basilea. Quattro mesi dopo, ha «digerito» la partenza dal St. Jakob-Park?

«In realtà ho metabolizzato questo addio già molto tempo fa. Di più: difendere i colori del Winterthur mi rende estremamente felice».

Prima di lei, pure il simbolo del Lugano Jonathan Sabbatini era stato messo ai margini della prima squadra. In Svizzera c’è sempre meno spazio per le bandiere?

«I tifosi, è indubbio, vogliono giocatori in cui identificarsi. Ma oggi è più difficile di un tempo, perché spesso i club si ritrovano ad agire sotto pressione e vogliono o devono integrare i giocatori più giovani».

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