«No, non sarebbe male vedere Croci-Torti tecnico al kybunpark»
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Per molto tempo è stato il volto sportivo della SRF. Nel 2018, però, è passato dall’altra parte della barricata, diventando il presidente del San Gallo. A sette anni di distanza, Matthias Hüppi continua a ricoprire la carica con un entusiasmo contagioso. «E con un obiettivo cardine: non smettere mai di sviluppare il club». Lo abbiamo intervistato a poche ore dal match contro il Lugano.
Iniziamo proprio dalla sfida di questa sera e dall’avversario del suo San Gallo. È sorpreso dai risultati dei bianconeri?
«No, non veramente. La posizione attuale del Lugano è figlia di un’evoluzione e di uno sviluppo iniziati più di tre anni fa. La continuità delle prestazioni e la qualità dei singoli giocatori sono incontestabili. Per tacere dell’eccellente lavoro di Mattia Croci-Torti. Il rapporto tra il tecnico ticinese e la squadra, a mio avviso, continua a funzionare molto bene. E il primato in Super League ne è una logica conseguenza».
La Super League, tuttavia, non è mai stata così incerta. Al kybunpark c’è del rammarico per non averne approfittato come magari ha fatto il Lucerna, che è lì, a soli 2 punti dal Lugano?
«È così. Abbiamo perso per strada troppi punti preziosi. Sia nel quadro di partite molto combattute, sia al cospetto di avversari come Winterthur e Yverdon, che non siamo riusciti a battere. Non solo: a differenza del Lugano non possediamo ancora la capacità e la forza di ribaltare le situazioni di svantaggio. Parliamo di un atout enorme dei bianconeri, dai quali non a caso accusiamo nove lunghezze. Fortunatamente il campionato non è finito».
Si è discusso molto dello stato di salute del massimo campionato svizzero. Davvero il grande equilibrio del momento è figlio di un abbassamento generale del livello?
«Questa interpretazione non mi trova d’accordo. La Super League costituisce una sorta di nicchia. Una nicchia che va protetta a tutti i costi, poiché - come dimostrano i dati delle affluenze negli stadi - è attrattiva per il pubblico e dunque presenta diverse opportunità. Va da sé, poter contare su 3-4 squadre che ogni stagione si danno battaglia per il titolo può solo contribuire a mantenere alti spettacolo e interesse. Poi, che lo Young Boys della stagione 2024-25 sia meno forte rispetto al passato è oggettivo. Ma questa constatazione, da sola, non basta per certificare la regressione del calcio svizzero».
Dagli apprezzati e fidati Peter Zeidler e Alain Sutter a Enrico Maassen e Roger Stilz: come è cambiato il San Gallo e come è cambiata la vita del presidente con un nuovo tecnico e un nuovo ds?
«Quando si punta al costante miglioramento e sviluppo del club è naturale, di tanto in tanto, procedere ad alcuni correttivi. La continuità nel lavoro è essenziale, ci mancherebbe. Ma se la visione circa il futuro della società, a un certo punto, non è più la stessa, beh, è doveroso reagire. Accontentarsi del successo a livello di pubblico e della stabilità economica non è sufficiente. Di qui - e anche alla luce della chance in Bundesliga capitata a Zeidler - la decisione di cambiare. Tra l’altro, non abbiamo puntato solo su Maassen, un giovane tecnico, ma su una squadra di allenatori che ha sempre voce in capitolo. Eravamo consapevoli che il nuovo staff tecnico necessitasse di un po’ di tempo per lasciare il segno. La qualificazione al girone unico di Conference League, con tre turni preliminari superati, merita in ogni caso di essere sottolineata. Si è trattato di un grande successo per il FC San Gallo».
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A proposito di allenatori. Matthias Hüppi non si è mai immaginato Mattia Croci-Torti, con la sua passione e la sua grinta, sulla panchina del San Gallo e in uno stadio caldo come il kybunpark?
«È un’ottima domanda! (ride, ndr.). Beh, penso sia facile immaginare che non sarebbe male per entrambe le parti. Ma di sicuro non per il momento. Come detto, abbiamo voluto fortemente puntare su Maassen e i suoi collaboratori. Il che non significa mettere in dubbio l’impressionante lavoro svolto da Croci-Torti, un tecnico allo stesso tempo emozionale e lucido. Oltre che molto rispettoso di ogni avversario. Mattia è un personaggio autentico che, ripeto, farebbe un bell’effetto in uno stadio traboccante di 15.000 spettatori».
Il San Gallo, insieme allo Young Boys, è l’unico club in Svizzera che riesce a finanziare la propria attività senza i capitali di mecenati o gruppi d’interesse: è una realtà, eccezionale, che la rende orgoglioso?
«È motivo d’orgoglio, sì, ma anche di responsabilità. E vi assicuro che mantenere la barra dritta non è semplice. Servono una grande attenzione e il giusto bilanciamento tra stabilità economica e ambizioni sportive, che in fondo sono il motore che ci muove».
Quale sguardo porta, invece, sul lavoro fuori dal campo del Lugano, una società che paradossalmente sta ancora muovendo i primi passi?
«Credo che a Cornaredo non potesse esserci soluzione diversa da quella adottata nel 2021. Il contesto e il mercato entro i quali muoversi non sono paragonabili al resto della Svizzera. Poi ogni club poggia sul proprio modello di business e, naturalmente, è libero di farlo. Sognare è bello, ma conta di più agire con estremo realismo».
In Conference League, chiusa senza accedere ai playoff, il suo club ha pagato il prezzo di una certa inesperienza. Come il Lugano un anno fa. Ora i bianconeri stanno raccogliendo i frutti dell’ultima avventura continentale. Ma se il San Gallo non riuscisse a qualificarsi per l’Europa a giugno, significherebbe aver sprecato tutto?
«Abbiamo dei piani chiari: vogliamo ovviamente ripeterci e, in questo momento, la classifica lascia aperto ogni scenario. Tra noi e il 4. posto, dopo tutto, vi sono appena 3 punti. E, sì, idealmente l’esperienza accumulata in autunno dovrebbe garantirci maggiore stabilità sia in Super League, sia in un’ipotetica Conference League 2025-26. Il processo e i progressi del Lugano, anche in campo internazionale, sono lì a dimostrarlo. E meritano rispetto, considerata la competitività della squadra su più fronti e nonostante il numero supplementare di partite disputate».
L’UEFA vi ha inflitto una multa salatissima per i molteplici disordini creati in occasione di diverse trasferte europee. Quale reazione ferma, il club ha emanato 50 divieti d’entrata al kybunpark. Lei si è sempre detto molto fiero dei tifosi del San Gallo: come giudica questi recenti avvenimenti?
«Non possiamo illuderci di risolvere da soli determinati problemi. A maggior ragione tenuto conto dell’enorme differenza tra la gestione delle partite casalinghe e quelle in trasferta. Al kybunpark non registriamo particolari problemi di sicurezza, né all’interno né all’esterno dell’impianto. Il nostro pubblico, per esempio, è formato da numerose famiglie e da molte donne. Segno che seguire una partita di calcio a San Gallo è tutto fuorché pericoloso. Purtroppo, suggerivo, il discorso cambia per i match esterni. Ed è un problema che interessa tutto il calcio svizzero. Personalmente sono attivo in prima linea nella ricerca del dialogo con le autorità e le figure responsabili. Al contempo, però, sono a favore di provvedimenti intransigenti per coloro che causano i veri problemi. Queste persone vanno individuate e punite in modo esemplare. E in questo senso i 50 divieti d’entrata appena formalizzati sono altresì coerenti con la nostra posizione contraria alle sanzioni collettive, come la chiusura di interi settori».
Una multa di 230.000 euro può comportare un deficit a fine stagione?
«Non direi. Ma è di un importo significativo che stiamo discutendo. Basti pensare che un punto conquistato in Conference League vale 130.000 euro».
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Con il trasferimento di Isaac Schmidt al Leeds, il San Gallo ha vissuto l’operazione di mercato più importante della sua storia. Grazie al lavoro del suo club, che ha fatto scoprire alla Svizzera Mattia Zanotti, il Lugano potrebbe vivere una delle sue operazioni di mercato più importanti in futuro?
«Zanotti è un giocatore eccezionale, sul piano difensivo e in chiave offensiva. Sono sicuro che riuscirà a fare anche il passo successivo. Il “trattore”, amavamo chiamarlo così. Questa sera non sarà in campo, purtroppo per il Lugano e per fortuna per il San Gallo (ride, ndr.). Trattenerlo non era possibile ed è stato un peccato. Operazioni come la sua, in ogni caso, rimarranno un’eccezione. Perché dal suo entusiasmante passaggio al kybunpark non abbiamo ricavato nulla».
Ecco, a proposito: qual è la politica del mercato del club? La volontà di valorizzare giovani talenti è indiscutibile, ma poi si registra l’arrivo del 31.enne Jean-Pierre Nsame. Con quale logica?
«Entrambe le vie sono percorribili. Ed entrambe le strategie possono produrre effettivi positivi. Una cosa, comunque, è chiara a San Gallo: disponiamo di un’accademia che costa molto. Ed è nostra intenzione continuare a investire su talenti come Christian Witzig o Corsin Konietzke. Di giocatori del genere, però, non se ne trovano 5 a stagione. Su 100 giovani di prospettiva, di norma, solo 1 o 2 riescono a emergere in prima squadra. L’ingaggio di Nsame, ad ogni modo, risponde anche all’esigenza di colmare una lacuna offensiva. Durante il girone d’andata, infatti, abbiamo fallito troppe occasioni da rete. Perciò abbiamo iniziato a pensare a Jean-Pierre. E non dal mese di gennaio. Servirà un pizzico di pazienza, ma il camerunese rimane un attaccante incredibile. Ci aiuterà, ne sono sicuro».
Nsame è in prestito e il club dispone di un’opzione per acquistarlo al termine della stagione. Potete permettervelo?
«Sì, dal momento che non si tratta di una clausola esorbitante».