Ora tocca a Los Angeles valer bene una messa
Il passaggio di testimone affidato a Tom Cruise è parso una promessa. Una promessa di grandiosità. Da Parigi a Los Angeles. Dalla Ville Lumière a Hollywood. Stelle e star, insomma, con la reputazione dei Giochi tornata a risplendere. Sì, l’edizione appena conclusa ha permesso all’olimpismo moderno - inteso come competizione sportiva, spettacolo democratico e naturalmente business commerciale - di rilanciarsi. Di fare pace con se stesso e con il mondo. Dal 2014 in poi, in effetti, il CIO si era ripetutamente impegolato, collaborando con governi noncuranti dei diritti umani (Russia e Cina), annaspando per la disorganizzazione di Rio e - suo malgrado - piegandosi al volere della pandemia e agli stadi vuoti di Tokyo e Pechino. In fondo pure PyeongChang, nell’inverno del 2018, aveva assunto il contorno incerto di un ricordo lontano.
Telegenici e pure popolari
Torniamo allo show di Tom Cruise, spalmato tra lo Stade de France e la West Coast, e al suo messaggio più potente: contano le emozioni e conta parecchio l’estetica. In questi termini Parigi 2024 ha spostato l’asticella a un’altezza vertiginosa. Nelle ultime due settimane, banalmente, è andata in scena una nuova idea per le Olimpiadi, stanate da arene e luoghi asettici e inserite nel cuore pulsante della città. Non una città qualunque, certo. Più di Simone Biles, Novak Djokovic, Remco Evenepoel, Steph Curry e Léon Marchand, la vera protagonista è stata proprio la capitale francese. E con lei la gente, locale e non, che l’ha animata. In questo senso non si è trattato di un evento unicamente e inconfutabilmente telegenico. No, i Giochi 2024 sono stati altresì dei Giochi popolari, partecipati. Il che, al netto della bellezza della location e insieme al fattore sicurezza, costituisce forse la sfida più importante per chi sarà chiamato ad accendere la prossima estate a cinque cerchi. Oltre a cucire un vestito su misura per l’intera metropoli, a Parigi gli organizzatori hanno saputo vendere i biglietti a mo’ di sogni. Ciascuno ha voluto il suo e, così, all’ombra della Tour Eiffel, dalla Défense Arena a Versailles, si è ripetutamente sfiorato il tutto esaurito. Poco importa se si stessero svolgendo finali o gare eliminatorie in tarda mattinata. Come è stato possibile? Si è corso il rischio di trattenere contingenti importanti di ticket sino a ridosso del fischio d’inizio dell’Olimpiade, dando solo l’impressione di una sorta di evento esclusivo. Poi, con il crescere progressivo dell’entusiasmo, i biglietti sono stati rilasciati a prezzi ragionevoli, toccando la pancia agli stessi parigini. L’efficace sistema dei trasporti cittadino ha fatto il resto.
Un’Olimpiade senza auto?
I trasporti, già. Eccolo il nodo principale da sciogliere a Los Angeles. Dopo aver visto trionfare la propria candidatura, nel 2017, in California ci si era impegnati a un’edizione «senza auto» nel nome della sostenibilità e della fruibilità dell’evento. La mira, tuttavia, è stata in parte rivista. Stando al Los Angeles Times, i piani originali per un massiccio aggiornamento della rete ferroviaria sono falliti. Per questa ragione si punta a distribuire decine di migliaia di spettatori su una flotta extra-large di autobus. Funzionerà? Sì, no, forse. La strategia è stata accolta con scetticismo dai residenti, quotidianamente confrontati con una delle zone più congestionate degli Stati Uniti. Della serie: bello ospitare gli Oscar e il Super Bowl, ma fino a un certo punto. I Mondiali di calcio del 2026, con tanto di partita inaugurale della selezione di casa, dovrebbero comunque fungere da stress test affidabile. Non solo: il precedente del 1984 - quando per davvero il traffico sparì al momento più opportuno - è un appiglio al quale ci si continua ad aggrappare.
Guai a sottovalutare Hollywood
Sul piano organizzativo, e senza tenere conto del potenziamento dei trasporti, il budget attuale di LA 2028 si aggira attorno ai 7 miliardi di euro. Mica pochi, considerato che - sempre a favore della sostenibilità della rassegna - non saranno necessarie nuove costruzioni permanenti. Tradotto: si faranno le cose per bene e - appunto - con lo spettro del 2024 sempre presente. «Non è Parigi, ma a Los Angeles c’è Hollywood, e a Hollywood possiamo far accadere qualsiasi cosa» ha riassunto alla perfezione, citata dalla BBC, una cittadina di Los Angeles. Non si giocherà a beach volley a due passi da uno dei monumenti simbolo del Vecchio Continente, d’accordo, e però lo si farà sulle spiagge altrettanto iconiche della California. Perché no, ancora con i Red Hot Chili Peppers, Snoop Dogg e Billie Eilish sullo sfondo. «Ma se Los Angeles cercasse di copiare la Tour Eiffel andrebbe incontro a un disastro» ha avvertito il presidente del CIO Thomas Bach. «Ogni Olimpiade - ha aggiunto - deve essere autentica, creativa e deve mostrare la cultura del Paese e della città ospitanti». Il modello vincente di Parigi, un modello moderno dicevamo, però esiste e non può essere snobbato. A ispirare ed elevare sono stati sia gli atleti, sia il luogo. «E forse non vedremo più un matrimonio così perfetto» ha ammesso l’autorevole Washington Post. L’ex responsabile marketing del CIO Michael Payne, da parte sua, ha menzionato forse l’eredità più significativa dei Giochi 2024. «Grazie al successo ottenuto rilanceranno l’interesse delle città per candidarsi a organizzare l’appuntamento». Gli Stati Uniti, per quanto concerne la versione estiva, non lo fanno da Atlanta 1996. Sul grande schermo, proprio in quell’anno, irrompevano Mission: Impossible e Tom Cruise. Una promessa di grandiosità e follia. Anche se attore e USA non sono più gli stessi.