Calcio

Roman Macek: «Io, pecora nera in una casa di soli pallavolisti»

Oggi, alle 17, il Volley Lugano si gioca la Coppa Svizzera a Winterthur - Un'ora dopo, il centrocampista bianconero sarà di scena proprio alla Schützenwiese - Gli abbiamo chiesto del suo rapporto profondo con la pallavolo
©CdT/Gabriele Putzu
Massimo Solari
06.04.2024 06:00

Non solo il Volley Lugano e la finale di Coppa Svizzera. Oggi, alle 18, saranno di scena a Winterthur anche Macek e compagni. Una concomitanza speciale per il centrocampista ceco, nato a Zlín nel 1997. «In una famiglia di soli pallavolisti». Abbiamo voluto saperne di più.

Fisico asciutto e slanciato, con i suoi 1,88 metri d’altezza Roman avrebbe comunque faticato in un mondo dominato dai giganti. «Mio padre, non a caso, è stato un palleggiatore» osserva il giocatore bianconero sorridendo. Il legame tra i Macek e la pallavolo è profondo. «Anche mia madre ha praticato questo sport a Zlín, così come mia sorella, una promessa prima che si dedicasse agli studi. Le radici di questa passione, però, affondano in mio nonno. È stato un grande giocatore, vestendo a più riprese la maglia della nazionale». Roman Macek, invece, ha preso un’altra strada. «Sono la pecora nera della famiglia» ammette. Per poi riavvolgere il nastro dei ricordi. «Quando ero bambino, si era soliti iniziare a giocare a pallavolo a 9-10 anni. A quell’età era infatti possibile intuire se le caratteristiche fisiche del singolo sarebbero state adatte alle disciplina». Già. Peccato che Macek avesse cominciato a tirare i primi calci a un pallone diverso tempo prima. A 5 anni. «Mio papà, però, era convinto - o perlomeno sperava - che presto o tardi avrei optato per schiacciate e ricezioni». Non c’è stato verso. «Aver scelto così presto il calcio, per certi versi, mi ha salvato. Me ne sono innamorato e non l’ho più lasciato».

«Ero sempre in palestra»

In casa Macek ha così preso forma una doppia vita sotto rete. Quella da volley e quella da calcio. «Mio papà, che in carriera ha giocato anche in Spagna vincendo una Copa del Rey e nel 1999 ha conquistato il titolo ceco, è rimasto in prima linea nel volley. Dopo essere stato allenatore e ds, è diventato direttore generale del Fatra Zlín. Ed è pure attivo in seno alla federazione nazionale». Da piccolo, Roman era il suo primo tifoso. «Oddio, non che avessi molta scelta (ride, ndr.). Ma, sì, quando non ero su un campo da calcio mi trovavo in palestra per seguirlo insieme a mia sorella e mia mamma. Come allenatore, tra l’altro, era davvero bello tosto. Da ex specialista, rammento bene come trattava i suoi palleggiatori...». Oggi i ruoli si sono invertiti. Il primo tifoso di Roman Macek è proprio papà. «Appena i suoi impegni lo permettono, mi raggiunge. In autunno, per esempio, ha assistito a tutti i match di Conference League che abbiamo disputato a Zurigo. Nei miei confronti non si è tuttavia mai posto come tecnico. Mi capiva come sportivo, certo, ma non si è mai intromesso nella mia carriera. La sua è stata un’educazione ideale».

Mio nonno è stato un grande giocatore, vestendo a più riprese la maglia della nazionale
Roman Macek, centrocampista FC Lugano

Passato al settore giovanile della Juventus nel 2013, per poi abbracciare il Lugano nel 2018, Roman Macek non ha in ogni caso perso l’interesse per la pallavolo. «Oltre allo Zlín di papà, che ho continuato a seguire a distanza, in Italia non ho mancato l’occasione di assistere a uno degli sport più amati. Una volta arrivato in Ticino, poi, ho avuto l’opportunità di osservare il Volley Lugano in 3 o 4 circostanze. Delle discipline declinate al femminile, la pallavolo è quella che mi coinvolge maggiormente. E devo dire che anche qui il livello è molto buono».

I Macek e una maglia speciale

Il volley, dicevamo, ha permesso a un Macek di vestire la casacca della selezione maggiore, con l’allora Cecoslovacchia. Dopo averlo fatto dalla U17 alla U21, anche Roman è però tornato in orbita nazionale. Nel quadro della recente sosta internazionale, il giocatore del Lugano è stato inserito nella lista di picchetto della Cechia. Non male, a maggior ragione a poco più di due mesi dall’Europeo. «Vero, le convocazioni che precedono un grande torneo sono sempre speciali» conferma il 26.enne bianconero. «A dirla tutta, da quando vesto questa maglia non ho mai smesso di percepire una certa considerazione in patria. E non lo sostengo per vantarmi o per mettermi pressione. I presupposti per far parte della nazionale ceca, semplicemente, c’erano tutti. A livello giovanile sono stato anche capitano dalla selezione e, dunque, le aspettative verso il sottoscritto non sono mai venute meno. Insomma, c’è una base sulla quale costruire un eventuale avvenire in questo senso. Dopo aver strappato la qualificazione all’Euro con prestazioni sotto le attese, l’intero staff tecnico è cambiato. Si respira un’aria nuova e reputo quindi un buon segnale il fatto di essere stato subito inserito tra i giocatori di picchetto. Poi, e ne sono pienamente consapevole, servirà qualcosa in più per riuscire a essere integrato in un gruppo in cui gli elementi di spessore non mancano».

«Non roviniamo tutto»

A spingere o frenare la rincorsa di Macek a Euro 2024, va da sé, saranno le prestazioni in bianconero. E martedì, nell’ambito del successo casalingo contro il Basilea, Roman è stato fra i migliori al fianco di Sabbatini. «Noi ci siamo e più di un volta, in occasione di partite delicate, abbiamo offerto prove importanti» sottolinea il numero 7, che ha da poco superato le 100 presenze con il Lugano. «Mi riferisco alla vecchia guardia, con il capitano, Bottani e pure Celar. Credo che all’interno di uno spogliatoio rinnovato sia importante mantenere delle figure che conoscono l’ambiente e - nei momenti di difficoltà - sono in grado di trascinarlo. Con Sabba, per dire, l’intesa calcistica è importante. Ci fidiamo uno dell’altro e le cose, con i renani, mi sembrano essere funzionate bene». Molto. E ora, per continuare a mettere pressione su Servette e YB, sarà cruciale non sbagliare a Winterthur. «Esatto. Anche perché al termine della stagione mancano tante partite. Teniamo duro e, anzi, cerchiamo di migliorarci ulteriormente. Rovinare tutto sarebbe un peccato». Macek parla di fame, di concorrenza interna e anche di equilibri. E se c’è un giocatore che incarna la versatilità del Lugano, beh, è proprio lui. «Basti pensare che non giocavo nel mio ruolo naturale, a centrocampo, da mesi. Il match contro il Basilea, non a caso, aveva un significato particolare per me. Ci tenevo davvero a fare bene. Ricoprire tanti ruoli è bello, ma riuscire a farlo rendendo ogni volta al 100% non è scontato. In fondo, sarebbe come chiedere a un palleggiatore di fare l’opposto».

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