Sci alpino

Vent'anni fa, il gigante più folle di sempre sul Chuenisbärgli

Nel weekend tornano le mitiche gare di Adelboden e lo spostamento a domenica della prova fra le porte larghe fa discutere - L’11 gennaio resta comunque una data indelebile: nel 2005 accadde di tutto, da Rahlves miracolato al primo miracolo di Berthod
La tremenda caduta di Daron Rahlves. © AP/Giovanni Auletta
Massimo Solari
09.01.2025 21:00

La storia dello sci e dei giganti di Adelboden non potrà essere riscritta l’11 gennaio. La mitica prova fra le porte larghe sul Chuenisbärgli è stata spostata di un giorno, complice la nebbia prevista sabato sulla parte alta del tracciato. S’inizierà dallo slalom e parecchi tifosi non l’hanno presa benissimo. L’esibizione di Marco Odermatt, l’attrazione principale, slitterà infatti di 24 ore e considerata l’impossibilità di scambiare i biglietti già acquistati, migliaia di appassionati svizzeri assisteranno a uno spettacolo «indesiderato». Proprio il campione nidvaldese, su Instagram, ha provato a consolare i tanti delusi e arrabbiati: «Sabato i miei colleghi di slalom daranno il massimo e, così, la super atmosfera di Adelboden sarà comunque garantita». Domenica, a proposito di storia, «Odi» andrà invece a caccia della leggenda Ingemar Stenmark, sin qui unico atleta in grado di conquistare la «classica» sul Chuenisbärgli per quattro volte consecutive.

Sempre al limite

Per riuscire nell’ennesima impresa, va da sé, l’asso rossocrociato sarà chiamato a domare di nuovo il gigante più esigente e complicato della Coppa del Mondo. Oltre che per il fragoroso abbraccio del pubblico all’arrivo, la nomea del pendio è da ricondurre al suo terreno ondulato, all’insidioso alternarsi di zone d’ombra e di luce e - ovviamente - al tremendo muro finale. «Se non l’attacchi, sarà la pista ad attaccarti» hanno sostenuto negli anni diversi protagonisti del Circo bianco. La leggendarietà di Adelboden, inoltre, si è puntualmente tradotta in una ricerca ancor più marcata del limite. E in queste condizioni, beh, è un attimo perdere il controllo. Rischiare grosso, anche.

L’11 gennaio, in tal senso, rimane e rimarrà una data indelebile per la prova dell’Oberland bernese. Già, perché vent’anni fa, lungo il Chuenisbärgli, accadde di tutto. Cadute spaventose senza conseguenze, acrobazie e profezie. Miracoli e miracolati.

Con il pettorale numero 58

Didier Défago - che sarebbe poi uscito di scena sul più bello - chiuse la prima manche in testa. Alle sue spalle Max Blardone - che poi avrebbe trionfato - e gli americani Daron Rahlves e Bode Miller, autentico fenomeno nel portare a termine la discesa senza un bastone. A spiccare fu anche Bruno Kernen, a 32 anni autore dell’11. tempo provvisorio e in seguito del miglior risultato in carriera in gigante: il 10. posto. La prestazione di un altro svizzero, tuttavia, fece scalpore. Marc Berthod aveva solo 21 anni e, all’alba del suo viaggio sugli sci, non era ancora riuscito a qualificarsi per una seconda manche. Ebbene, quel giorno, grazie a una gara clamorosa, seppe farlo indossando il pettorale numero 58 e firmando addirittura il 15. crono, infine trasformato in uno splendido 7. rango. Un segno del destino. Ad Adelboden, in effetti, il grigionese si sarebbe tolto le più belle soddisfazioni sul circuito, cogliendo le uniche due vittorie in CdM. Nel 2007 arrivò il successo in slalom e l’anno successivo, davanti a Daniel Albrecht, quello in gigante.

Un volo spaventoso

Chi non salì sul podio nel 2005, per contro, fu Daron Rahlves. L’11 gennaio di vent’anni fa, lo statunitense rischiò il peggio. Persino la morte. Colpa di un dosso affrontato in modo troppo diretto e in arretramento, mentre sfrecciava ad alta velocità. Ralhves venne catapultato in aria, perdendo uno sci e roteando per oltre dieci metri, prima di schiantarsi violentemente sul terreno ghiacciato e finire come una scheggia impazzita verso il pubblico assiepato dietro le reti di sicurezza. «Per fortuna un cuscino d’aria mi rallentò, altrimenti sarei volato tra la folla a 70 km/h» ha ricordato lo sciatore qualche anno fa. Sì, al netto dello choc, Rahlves ne uscì praticamente illeso. E, si badi bene, all’epoca non esisteva l’airbag tanto discusso in queste settimane. Non solo. Già in grado di vincere le terribili discese di Kitzbühel e Bormio, dodici mesi più tardi Rahlves si sarebbe preso la rivincita sull’Oberland bernese. Non ad Adelboden, al termine del Chuenisbärgli, ma a Wengen, prendendosi il primo posto sul Lauberhorn.

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