Shaqiri replica ad Heitz: «Ma lui, oltre a me, che giocatori ha scelto?»
Giocherà? E se sì, da titolare o partita in corso? E ancora: come interpreterà l'eventuale ruolo di rincalzo? A 48 ore dall'esordio contro l'Ungheria, Xherdan Shaqiri si è presentato allo Stadion auf der Waldau a testa alta. Senza tentennamenti. Il fantasista rossocrociato di dubbi non ne ha. Vuole continuare a illuminare la Nazionale. Come avvenuto, puntualmente, dal 2014 in poi. I piani del ct Murat Yakin, tuttavia, rimangono ammantati da una sottile coltre di nebbia. «XS» non si scompone. Sorride spesso. Ma non esita altresì a rispondere con fermezza e muso duro qualora il quesito posto non risulti di suo gradimento.
Per dire: dieci di giorni fa, a margine della finale di Coppa persa dal Lugano, Georg Heitz non aveva usato mezzi termini per descrivere l'esperienza di Shaqiri a Chicago. «No, sin qui non è stata un'operazione di successo» aveva affermato il direttore sportivo dei Fire e membro del CdA bianconero. Ebbene, Xherdan ha risposto per le rime al braccio destro di Joe Mansueto: «Certo, quando ho scelto la MLS l'ho fatto con altre ambizioni. Volevo trascinare la squadra ai playoff e, al momento, non è stato possibile. Le ragioni alla base di questo insuccesso, però, non vanno ricondotte solo al sottoscritto. Credo che la domanda vada sottoposta allo stesso Heitz. E che in discussione siano messe pure le sue scelte a livello di giocatori. Sono state tutte corrette e felici? Prendiamo Miami. Messi è stato affiancato da 4-5 giocatori di spessore e la situazione è stata ribaltata. Ecco, credo si tratti di un buon esempio. Spero che in futuro anche i Fire possano finalmente qualificarsi al post-season. Per farlo, però, sarà necessario imparare dagli errori commessi. Direzione sportiva compresa». Boom.
Il futuro, già. Il contratto di Shaqiri scade in dicembre. «E lo scenario è abbastanza chiaro: con ogni probabilità lascerò Chicago e la MLS. Mi piacerebbe tornare in Europa, sì, ma è troppo presto per indicare dove. La Super League? Vedremo. Il Sion? Sono basilese (ride, ndr.). In ogni caso sono piuttosto sereno. E non intendo guardare troppo avanti. Mi chiedete dei Mondiali del 2026, io tuttavia preferisco ragionare giorno per giorno. Tornare a militare in un campionato in Europa, ad ogni modo, potrebbe aiutarmi a mantenere il ritmo che serve per essere all'altezza della Nazionale».
Eccolo, dunque, il tema principale a ridosso del match contro l'Ungheria. Tutti, infatti, si chiedono se Shaqiri sarà in grado di sostenere 90 minuti ad alta intensità. E poi ancora 90 e 90 nel giro di una settimana. «Il tema - replica Shaq - è francamente stucchevole. Chi è qui, dal primo all'ultimo, è pronto. E non penso lo sia per restare in panchina». Tutto giusto. Peccato che Yakin, a margine dell'ultima amichevole con l'Austria, abbia affermato che sostenere due gare intere nel giro di quattro giorni - per Xherdan - risultava complicato. «Ma ha detto veramente così?» il controinterrogativo del numero 23 rossocrociato. «L'importante - aggiunge - è dare tutto per il Paese. Sono qui per questo e per dimostrare di essere ancora un elemento che fa la differenza. Non è una vacanza. Con il ct non si è discusso di ruoli particolari, di essere un jolly o meno. Alla fine deciderà lui, a seconda dei piani tattici previsti. Purtroppo si gioca in 11. Ogni giocatore deve accettarlo, compreso il sottoscritto. Ma ripeto: anche se dovessi partire dalla panchina farò del mio meglio per aiutare la Svizzera a raggiungere il miglior risultato possibile».