Steffen e Dos Santos, i due pupilli della Stockhorn Arena
Occupano ruoli diversi. Uno calcia di sinistro. L’altro di destro. La carriera del primo, nata in coabitazione con un apprendistato da pittore, ha già conosciuto l’apogeo, in Svizzera e all’estero. Quella del secondo, dopo un percorso netto e lineare a livello giovanile, assomiglia a una promessa avvincente. La miccia, per entrambi, è tuttavia riconducibile allo stesso luogo. A Thun. Dove giovedì, con la maglia del Lugano e per il 3. turno preliminare di Europa League, Renato Steffen e Daniel Dos Santos faranno ritorno insieme.
Tre generazioni
A separare le due pedine offensive di Mattia Croci-Torti sono undici anni e qualche metro di campo in meno. E, malgrado l’amara sconfitta, vederli giostrare fianco a fianco, domenica contro il Lucerna, è stato un piccolo, grande spettacolo. A godere prima di tutti dei lampi di genio di Steffen e Dos Santos, suggerivamo, sono stati comunque gli spettatori della Stockhorn Arena. Il nazionale rossocrociato vi ha trascorso solo un campionato di Super League, nel 2012-13, sbucando dal nulla e però convincendo subito lo Young Boys a offrirgli un contratto. Dieci stagioni più tardi, nella lega cadetta, il 21.enne di origini portoghesi ha invece iniziato a prendersi la scena, finendo per spingere la direzione sportiva di Lugano e Chicago Fire a investire poco meno di 1 milione di franchi.
Una figura, nell’Oberland bernese, è in grado di unire i due mondi poc’anzi tratteggiati. Sì, perché a Thun Stipe Matic è stato sia compagno di Steffen, sia tecnico di Dos Santos. «E certamente ne parlo volentieri» ci dice il 45.enne croato, rispondendo al telefono proprio dalle viscere della Stockhorn Arena. «Ho conosciuto Renato al tramonto della mia carriera da calciatore professionista, mentre ho avuto l’opportunità di accompagnare Dani dall’U16 alla U21». Under 21 di cui Matic è tutt’ora il condottiero.
«Testa calda? Sì, ma in bene»
«Ricordo bene quando Steffen si presentò in prima squadra per un provino. Arrivava dal Soletta, dalla Prima Lega, ma gli bastarono poche sedute per entusiasmare l’ambiente e stregare la dirigenza. Prevederne già allora la parabola, con tanto di Nazionale, non era forse possibile. Detto ciò, Renato aveva una fame e un’aggressività fuori dal comune. Voleva sempre giocare all’attacco e il suo mancino, beh, era tanta roba». Negli anni è poi stato accompagnato dalla nomea di testa calda. A giusta ragione? «Aveva un temperamento forte - conferma Matic - ma in chiave positiva. Le teste calde, spesso, finiscono col mandare tutto all’aria. Renato, invece, sapeva trasformare l’esuberanza in un valore aggiunto. E la sua importante carriera, a mio avviso, si spiega anche così».
«Dani ha grande potenziale»
Anche di Dos Santos si narrava un grande bene. E, appunto, le prime apparizioni in bianconero non hanno deluso le attese. «Il mio percorso di allenatore a Thun - indica Matic - è iniziato proprio con Dani. All’epoca era un bambino di 15 anni, tutto da sviluppare. I suoi numeri, ad ogni modo, lasciavano presagire la scalata verso il professionismo». Così è stato. «E non posso che esserne felice. È un bravo ragazzo, sostenuto da una bella famiglia. La sua mentalità latina e le sue radici mediterranee, inoltre, possono sposarsi alla perfezione con Lugano e il clima ticinese. Sì, è un matrimonio destinato a funzionare. Dos Santos, oltretutto, dispone di un potenziale enorme e in parte ancora inespresso».
L’ex tecnico, in merito, non manca di evidenziare le qualità di uno dei perni della U21 elvetica. «Con la sfera fra i piedi sa essere velocissimo. Merito di una tecnica notevole. Lo definirei un calciatore moderno, votato all’inserimento offensivo, alla giocata propositiva. È la filosofia che cerchiamo di insegnare al Thun, compagine con cui - da numero 10 - ha non a caso firmato diverse reti e numerosi assist».
Due exploit significativi
Contro il Partizan Belgrado, difficilmente Mattia Croci-Torti tornerà a schierare dal primo minuto sia Steffen, sia Dos Santos. Per quest’ultimo, in particolare, c’è un processo di crescita e d’inserimento che va inevitabilmente ponderato. Peccato, tenuto conto della bontà del primo match condiviso. E a proposito d’intesa: a Stipe Matic chiediamo se in Dos Santos ha intravisto e intravede qualcosa del più celebre ed esperto compagno di spogliatoio. «Caratterialmente sono due persone molto diverse. Dani è sicuramente meno aperto e spontaneo di Renato. In campo, per contro, mi sembrano animati dalla stessa scintilla. Velocità e dribbling, per esempio, sono molto simili. Il che mi spinge a sostenere che Dos Santos ha tutte le carte in regola per imporsi a Cornaredo e poi in una formazione di livello superiore».
Qualificarsi per l’Europa o la Conference League, va da sé, contribuirebbe al progresso del trequartista 21.enne. L’ultima volta che la Stockhorn Arena ha ospitato una competizione continentale correva l’autunno del 2013. Il Thun aveva conquistato i gironi di Europa League sostanzialmente grazie a due exploit. Dapprima, all’ultima giornata della stagione 2012-13 di Super League, era arrivato il pareggio in extremis contro lo Young Boys, sinonimo di 5. posto e preliminari. Chi aveva segnato? Steffen e, al 90’, Matic. A fine agosto, e dopo aver superato due turni, era quindi stato determinante il successo nei playoff di EL. Contro chi? Il Partizan Belgrado.