Superlega, sì o no? «Sentenza epocale», «No, è tutto da dimostrare»
15 dicembre 1995. La Corte di giustizia europea pronuncia la «sentenza Bosman», stravolgendo i rapporti contrattuali tra giocatori e società all’interno dell’Unione. 21 dicembre 2023. La medesima autorità, composta da 15 giudici, spalanca le porte alla Superlega o ad altre competizioni private a livello continentale, ritenendo illecito il monopolio sin qui esercitato ai suoi vertici.
«Le norme della FIFA e della UEFA che subordinano qualsiasi nuovo progetto calcistico interclub alla loro preventiva approvazione, come la Superlega, e che vietano ai club e ai giocatori di giocare in queste competizioni, sono illegali». Un verdetto pesante? Di più. Un vero e proprio terremoto per il calcio del Vecchio Continente. Perché, leggiamo sempre dalla sentenza, «non esiste un quadro legale della FIFA e della UEFA che ne garantisca la trasparenza, l’obiettività, la non discriminatorietà e la proporzionalità». E ciò anche, se non soprattutto, sul piano commerciale. «L’organizzazione di competizioni di calcio per club e lo sfruttamento dei diritti media sono, evidentemente, attività economiche». Pertanto «devono rispettare le regole della concorrenza e il rispetto delle libertà del movimento».
Non era evidentemente stato il caso sin qui, a maggior ragione al momento della nascita e della morte subitanea del progetto di Superlega, nell’aprile del 2021. Sollecitata dal Tribunale mercantile di Madrid, che avrà ora il potere di benedire definitivamente l’idea promossa dal presidente del Real Florentino Perez, la massima istanza del diritto comunitario non si esprime nel merito dell’iniziativa. Ma riconosce come FIFA e UEFA stiano «abusando di posizione dominante».
«O con noi o fuori dal sistema»
Marco Bellinazzo, giornalista de Il Sole 24 Ore e tra i massimi esperti di calcio e finanza, non esita a parlare di «sentenza epocale». «Con questa decisione è stato liberalizzato il mercato calcistico europeo» afferma al CdT. Per poi precisare: «Rispetto all’aprile del 2021, quando la Superlega era stata lanciata, e pure a un anno fa, quando il parere non vincolante dell’avvocato generale della Corte Ue Athanasios Rantos aveva dato ragione a UEFA e FIFA, lo scenario è cambiato. Nel Vecchio Continente, oggi, il pallone è stritolato tra la forza economica della Premier League e quella delle potenze emergenti: dai fondi americani a, naturalmente, l’Arabia Saudita». Realtà, queste ultime, alle quali UEFA e FIFA si sono per altro avvicinate clamorosamente nelle ultime stagioni. «Al netto dei dettagli giuridici - prosegue Bellinazzo -, a mio avviso la Corte di giustizia europea ha tenuto in considerazione l’attuale stravolgimento dell’industria del pallone. Come? Per l’appunto, riconoscendo ai club la possibilità di auto-organizzarsi, creando un format europeo più remunerativo e dunque capace di ridistribuire con maggiore equità i ricavi generati».
A Nyon, va da sé, il verdetto non è stato preso bene. «Il calcio non è in vendita» ha tuonato il presidente della UEFA Aleksander Ceferin: «Spero che inizino la loro fantastica competizione tra due squadre» ha aggiunto riferendosi a Real e Barça, fondatori rimasti. «Siamo compatti contro questo tipo di iniziative, proteggeremo il nostro mondo da questi attacchi. Alcuni club vogliono la Superlega? Facciano pure, ma o si sta nel sistema o si sta fuori. Ci sentiamo violati». Più moderata la presa di posizione della Federcalcio mondiale: «La FIFA ha preso atto della sentenza emessa dalla Corte di giustizia dell’Unione europea in relazione alla European Superleague Company SL. La FIFA ora analizzerà la decisione in coordinamento con la UEFA, le altre confederazioni e le federazioni affiliate prima di commentare ulteriormente. In linea con il proprio statuto, la FIFA crede fermamente nella specificità dello sport, inclusa la struttura piramidale – su cui si fonda il merito sportivo – e i principi di equilibrio competitivo e solidarietà finanziaria».
«Nessun effetto immediato»
Per bocca del suo CEO Bernd Reichart, la società promotrice della Superlega - la A22 Sports - ha rilanciato. Subito. Gettando in pasto all’opinione pubblica il formato rivisto della competizione. «Ma sarebbe sbagliato attendersi delle conseguenze immediate» rileva Bellinazzo. «L’assetto delle attuali competizioni europee - tra l’altro con la super Champions che scatterà in settembre - è fissato sino al 2027. Appoggiando progetti simili alla Superlega, in Africa e in Asia, la FIFA e il suo leader Gianni Infantino hanno invece dimostrato di aver sempre guardato di buon occhio all’iniziativa difesa sino ad oggi da Real e Barcellona. Lo stesso Mondiale per club a 32 - che vedrà la luce nel 2025 e avrà un respiro almeno quadriennale - ricalca l’idea sul piano internazionale. Le maggiori riflessioni, insomma, spettano ora ai club europei, i più a rischio impoverimento. Il tutto, però, in un quadro giuridico di riferimento capovolto». Che inevitabilmente potrebbe ridimensionare il raggio d’azione della UEFA. «Ceferin - conferma Bellinazzo - è il grande perdente. A questo punto Nyon dovrebbe forse ripensare la sua funzione, prestando maggiore attenzione ai valori sociali del calcio europeo e, nel ruolo di arbitro, facendo sì che il cambiamento porti a una migliore ripartizione delle risorse».
Il peso della Premier League
Certo, resta da capire come si muoverà un peso massimo come la Premier League, che - in fondo - ha beneficiato delle attuali regole del gioco più di tutte le concorrenti. Per dire: a fronte della sentenza della Corte di giustizia europea, il Dipartimento per la cultura, i media e lo sport del Governo britannico ha subito tirato il freno a mano e ricordato il sollevamento popolare del 2021: «Il tentativo di creare una competizione separatista è stato un momento decisivo per il calcio inglese ed è stato universalmente condannato dai tifosi, dai club e dal Governo. All’epoca abbiamo intrapreso un’azione decisiva avviando la revisione della governance del calcio guidata dai tifosi, che richiedeva la creazione di un nuovo regolatore indipendente per il calcio inglese. A breve presenteremo una legislazione che renda tutto ciò una realtà e impedirà ai club di partecipare a competizioni separatiste simili in futuro». Determinanti, per le scelte di campo, rischiano tuttavia di rimanere i potenziali margini di profitto garantiti dalla Superlega. Per ora le maggiori società e le principali leghe - tra cui la Super League - si confermano all’opposizione, in linea con l’Associazione dei Club Europei (ECA).
«Uno strumento di pressione»
Professore all’Istituto di alti studi in amministrazione pubblica (Idheap) dell’Università di Losanna e specialista in regolazione dello sport, Mickaël Terrien predilige la prudenza. «Per il momento la Superlega ha diritto di esistere in termini giuridici, ma nel concreto ciò sarà possibile solo quando e solo se i club, l’opinione pubblica e la politica saranno favorevoli alla competizione. Nell’immediato non prevedo scossoni. A maggior ragione alla luce del nuovo formato annunciato. I promotori hanno rinnegato completamente i principi originali del progetto e i suoi presunti vantaggi. E nella concezione rivista del torneo non vedo oggettivamente quale miglioramento verrebbe apportato al modello attuale gestito dalla UEFA. Il meccanismo che lo lega ai campionati nazionali, oltretutto, sembra compromettere qualsivoglia inclusioni di formazioni di altri continenti, e penso ad esempio ai club dell’Arabia Saudita». Stando a Terrien, dunque, l’attrattività della Superlega è tutta da dimostrare. «Immaginare un contenitore sportivo non significa ancora riempirlo, e con addirittura 64 membri. Senza dimenticare che il contesto favorevole del 2021 - con la pandemia che aveva portato a un’urgenza di liquidità fra i club - è venuto meno». Per il professore dell’ateneo vodese la sentenza della Corte di giustizia europea produrrà invece un altro, rilevante effetto collaterale: «D’ora in avanti, e con maggiore veemenza rispetto a quanto già accaduto in passato, lo spettro della Superlega potrà essere azionato a volontà. Uno strumento di pressione, sì, che i maggiori club avranno modo di sfruttare a ogni ciclo di rinegoziazione dei diritti legati alla Champions League».