Tadej Pogacar, quella scintilla rosa nel vento
Ha letteralmente ballato la polka, Tadej Pogacar. Danzando sui pedali con la leggiadria di chi calca il Teatro dell’opera di Lubiana ha fatto suo il Giro d’Italia fin dalla prima, stupenda, tappa. Era favoritissimo, e non ha tradito le attese. Ma, soprattutto, si è divertito e ha fatto divertire. Ai quasi 2.400 metri del Mottolino, il noto comprensorio sciistico di Livigno, sembrava di essere all’Ed Sullivan Show di New York, nel 1964, quando i Beatles debuttarono negli States. Tutti pazzi per il 25.enne sloveno. È la rockstar del ciclismo. È il ciclismo. E lui lo sa, ricambiando l'affetto ricevuto con i ringraziamenti, ripetuti spesso, al caloroso pubblico italiano che lo ha accolto come un figliol prodigo (e non soltanto perché inforca una Colnago).
Faccia furba
Con quella faccia furba da bravo ragazzo ha tenuto incollati al televisore milioni di spettatori in attesa dell’ennesima magia. Una. Due. Tre. Quattro. Cinque. E sei, con quella di oggi. Tante sono state le tappe vinte. Anzi: dominate. Appena vede una salita si trasforma in un bambino al luna park o la mattina di Natale. Domani, a Roma, sarà la passerella finale. Verrà incoronato re. Anzi, imperatore.
Doppietta possibile
«Se mantiene la forma attuale può vincere anche il Tour de France», ci ha detto Davide Cassani, ex allenatore della nazionale italiana di ciclismo e commentatore tecnico della Rai, che abbiamo avvicinato a Livigno nel giorno di riposo della corsa rosa. Dello stesso avviso campionissimi come Vincenzo Nibali e Paolo Bettini. La doppietta manca dal 1998. Allora fu un altro idolo della folla a farci alzare in piedi sul divano: Marco Pantani. Il Pirata e Capitan PrOdiGIo.
Come il primo, pure quest'ultimo sa esaltare, perché ha capito che per passare alla storia non bastano le vittorie. No, occorre entrare nel cuore della gente. Che belle, perciò, le immagini del Piccolo Principe che prima della partenza regala ai bambini il cappellino della squadra. Per non parlare della borraccia che, oggi, sul Monte Grappa, a 21 chilometri dall'arrivo, con lui in fuga, ha preso dal massaggiatore a bordo strada e poi ha passato ad un bimbo incredulo. Oppure i guantini lanciati, in curva, ad un tifoso, suo connazionale, che, probabilmente, lo stava aspettando da ore per vederlo sfrecciare solo 3 secondi. Ricordi indelebili. Quale campione si è mai reso protagonista di questi gesti? Solo Valentino Rossi e Maradona, azzardiamo. Forse nemmeno.
Attimo indelebile
La grandezza di un campione si misura dalle emozioni che sa donare. Lui non le dispensa con il contagocce. Il contrario, le sue «fucilate» quando l'ascesa si fa dura sono estasi pura. Per un attimo ti dimentichi di tutto, persino delle incazzature della vita, e lo ammiri. Lo spingi con la forza del pensiero, sapendo benissimo che non ne ha mica bisogno. Che questo qui, mamma mia, fila via che è un piacere. Suo e nostro.
Un altro Merckx
Chiedetelo al 20.enne Giulio Pellizzari, battuto dall’alieno a Santa Cristina di Valgardena ma «ricompensato» con la maglia e gli occhiali rosa. Pogacar non è il «Cannibale». Certo, accostarlo ad Eddy Merckx è inevitabile. Il mito belga vinse il primo dei suoi cinque Giri all’età di 23 anni. Due anni più tardi fece doppietta, trionfando anche alla Grande Boucle.
Guarda caso lo sloveno ha 25 anni. Sorride e non irride gli avversari. E quindi non si crea nemici in gruppo. Un solo esempio: Jonas Vingegaard, nella tappa del Tour del 2022 con arrivo ad Hautacam, avrebbe potuto procedere spedito e non aspettare Tadej che era caduto in una curva in discesa. Invece lo ha aiutato a rialzarsi. Si stavano giocando la vittoria nell’evento sportivo più importante al mondo, dopo le Olimpiadi, in un elettrizzante duello che speriamo di rivedere fra un mese o poco più.
La voglia di stupirci
Pogacar è tutto questo e tanto altro. Di sicuro non ha ancora finito di stupirci. Di meravigliarci. Di lasciarci a bocca aperta. «Sama na glunja na gori», dice un famoso proverbio sloveno. «Un tizzone da solo non arde». Lui il fuoco l’ha dentro. E noi vogliamo scaldarci con le sue imprese. È una scintilla nel vento che non smetti di seguire, per dirla con la poetessa Wislawa Szymborska. È il sole in una giornata uggiosa. Non diteglielo, però: non sopporta il caldo. Forse è il suo unico, vero, rivale.