Calcio

Tutti vogliono Valenzuela: «C'è solo la finale, il mio futuro può aspettare»

Il difensore mancino è uno degli uomini mercato del Lugano - Arrivato in Ticino a inizio 2022, l’argentino ha conquistato i tifosi e illuminato la Super League - «Partire è un’opzione, così come rimanere: ma ciò che conta - ora - è vincere la Coppa Svizzera»
©CdT/Gabriele Putzu
Massimo Solari
01.06.2023 06:00

Lungo il braccio sinistro di Milton Valenzuela, sinuosa, si distende una savana. Al centro, un albero che protegge degli elefanti. La famiglia simboleggiata e tatuata sulla pelle. Come la maglia bianconera, da una stagione e mezza a questa parte. L’argentino e il FC Lugano, oramai, sono una combinazione di colori gradevole. Vincente, anche. Un ton sur ton, volendo restare in materia. Eppure, nonostante feeling e soddisfazione reciproca, tutto potrebbe sfumare. Il difensore di Rosario, d’altronde, è uno degli uomini mercato del club. Lo suggeriscono numeri e prestazioni. Lo sussurrano parecchie persone vicine a Cornaredo. «Beh, non lo nego: fra i miei obiettivi c’è una nuova esperienza all’estero, in un campionato importante» ammette Valenzuela. Per poi tuttavia scacciare riflessioni e desideri: «Davanti a me e ai miei compagni vi sono giorni cruciali. E nella mia mente c’è solo la finale di Coppa Svizzera contro lo Young Boys. Una finale da vincere. Il futuro, quello, può aspettare. Se vi saranno delle opportunità, le valuterò. Ma non è da escludere una mia permanenza a Lugano. Qui sto bene e in autunno, non bisogna scordarlo, disputeremo la fase a gironi di Europa o Conference League». Vincere e dirsi addio, comunque, non sarebbe poi così male. No? «Ma vincere è sempre bello. All’inizio, durante o al tramonto della carriera» osserva Milton: «In fondo, facciamo questo lavoro proprio per avere successo. Per provare determinate emozioni. Per ricordarci momenti come quelli vissuti al Wankdorf il 14 maggio scorso. Ripetersi, domenica, significa tutto questo».

«Più in fiducia che nel 2022»

Ambizioni e dolci ricordi si mischiano. Un mix potente. Valenzuela, però, parla di «un’altra finale» rispetto al 2022. «Arriviamo all’appuntamento in fiducia. Finanche più in fiducia rispetto all’atto conclusivo di un anno fa. Sì, la squadra è in un buon momento, ma importa solo e soltanto la forma di domenica. Non l’esito dell’ultimo scontro diretto in campionato e nemmeno il fatto che il detentore del titolo è il Lugano o i gialloneri sono campioni svizzeri. Una cosa, comunque, è lampante: affrontiamo la migliore formazione del Paese». Che non è il San Gallo, insomma. «Anche se ritengo che i biancoverdi, lo scorso anno, fossero a loro volta leggermente favoriti. Detto questo, se contro lo Young Boys si parte da un 70 a 30 o un 50 a 50 di probabilità di vittoria significa poco o nulla. È una gara secca. E per spuntarla servirà dare tutto».

Aver giocato con Lautaro Martinez, e Gonzalo Montiel è un grande stimolo: ambisco al loro livello
Milton Valenzuela, difensore FC Lugano

Okay, la formazione allenata da Raphaël Wicky potrà tuttavia contare sul proprio stadio e un terreno da gioco - sintetico - conosciuto a memoria. Valenzuela non si scompone. Come in campo, di weekend in weekend. «Le motivazioni vanno ricercate anche altrove. Nel trofeo in palio, per esempio. E poi, pure il Lugano sarà sostenuto da quasi 12.000 tifosi. Ed è una cosa bellissima da un lato, ma anche un potenziale fattore positivo dall’altro».

L’Argentina, ieri, oggi e domani

Pure l’amore, a Berna, sospingerà Valenzuela. «Sì, la mia famiglia sarà al Wankdorf Ne sono felice». Il connazionale Ignacio Aliseda, al proposito, non aveva nascosto le difficoltà incontrate inizialmente in Ticino. Lontano da casa e da tutto ciò che potesse dare una parvenza di Sudamerica alla quotidianità. «Io come faccio a sentirmi argentino a Lugano? Grazie a lui. Grazie a Nacho» indica Milton. «Trascorriamo tanto tempo assieme. Il che, appunto, rende un po’ meno difficile il distacco dai miei cari. Ognuno ha i suoi ritmi. E, sì, probabilmente sono riuscito ad adattarmi più in fretta. Ciò che conta, comunque, è che pure Ignacio ora si senta bene. Basta osservarlo in campo». Calcio e famiglia. Entrambi, suggerivamo, sanno ridurre le distanze. «Il Mondiale U20 in Argentina? Certo che lo sto seguendo» conferma Valenzuela, rimasto sveglio sino a tardi per guardare l’ottavo di finale tra Albiceleste e Nigeria. Solo sei anni fa, la competizione accolse anche il difensore bianconero. «Come sono cambiato da allora? Tanto. Sono un’altra persona, un altro calciatore. Migliore in molte cose, peggiorato forse in altre». Leggere i nomi di quella giovane Argentina, tra l’altro, fa impressione. In attacco giostrava un certo Lautaro Martinez, atteso dalla finale di Champions, mentre al centro della difesa - al fianco di Valenzuela - si distingueva Gonzalo Montiel, autore del rigore decisivo che ha regalato l’ultima Coppa del Mondo all’Argentina. «È incredibile» rileva Milton: «Godere del trionfo in Qatar, considerata la presenza di questi vecchi compagni e di amici come Lisandro Martinez, è stato speciale. Ma costituisce altresì uno stimolo enorme sul piano personale. Un giorno vorrei raggiungere quel livello». E vincere la seconda Coppa Svizzera consecutiva, va messo in conto, potrebbe avvicinare Valenzuela all’obiettivo, allontanandolo purtroppo da Lugano.

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