Verso la Coppa Svizzera

Una coppia terribile in missione: con «Renacho» il Lugano può sognare

Renato Steffen e Ignacio Aliseda hanno trascinato l'attacco bianconero nell'ultima parte di campionato - Ora vogliono anche la Coppa Svizzera: «Battere lo Young Boys è possibile»
Renato Steffen e Ignacio Aliseda, in partenza direzione finale di Coppa Svizzera. ©CdT/Gabriele Putzu
Massimo Solari
01.06.2023 17:47

Il Lugano ha lasciato il Ticino attorno alle 16.30. Direzione Lucerna. Il club vuole preparare in tranquillità e lontano da occhi indiscreti la finale di Coppa contro lo Young Boys, in agenda domenica al Wankdorf. Crescono attesa e pressione. Ma sul pullman partito da Cornaredo sono saliti giocatori in fiducia. E borsoni carichi di sogni.

La squadra di Mattia Croci-Torti, d’altronde, non perde dal 5 aprile. Quasi due mesi, segnati da undici risultati utili consecutivi. Pazzesco, già. Anche perché la forma è stata all’altezza della sostanza. Il gioco, le idee, le prestazioni singole e collettive, per intenderci, hanno plasmato - logicamente - punti e classifica. Così come l’accesso alla finale di Coppa Svizzera. La miccia di questa striscia scoppiettante, in effetti, è stata accesa allo Stade de Genève, al termine del folle penultimo atto vinto contro i padroni di casa. Da allora, appunto, i bianconeri non hanno più conosciuto battute da arresto. Da allora, a impressionare tifosi e addetti ai lavori è stata la crescita esponenziale di due giocatori: Renato Steffen e Ignacio Aliseda.

Protagonisti assoluti

Prendiamo il periodo considerato e le statistiche di entrambi. Un trattato di eloquenza. Il primo ha firmato 4 gol e 5 assist, mentre l’argentino ha festeggiato 6 reti e contabilizzato 2 passaggi decisivi. Ed è significativo che due dei momenti più importanti della stagione - delle sliding doors, sì - siano stati modellati dai diretti interessati. Nella citata semifinale di Coppa, Steffen ha apparecchiato il provvisorio 2-1 bianconero, manco a dirlo siglato da Aliseda. Cinque giorni più tardi, quando tutti si attendevano un fisiologico crollo in campionato, l’argentino ha quindi restituito il favore al compagno per l’1-0 vanificato dal San Gallo solo all’ultimo respiro (e un po’ immeritatamente). Insomma, ecco a voi la nuova coppia terribile del Lugano: Renato e «Nacho». O se preferite, «Renacho».

Il mio gol all’YB? L’ho riguardato tantissime volte. Sì, per il momento, è stato il più bello in carriera
Ignacio Aliseda, giocatore FC Lugano

Da uno all’altro Messi delle Alpi

Quando il Crus ha schierato la coppia dal primo minuto, il Lugano non ha mai perso. Non solo: spostando Steffen un po’ più avanti e sgravandolo da buona parte degli oneri difensivi, il tecnico bianconero ha trovato la chiave per scatenare definitivamente la pericolosità sia del nazionale rossocrociato, sia di Aliseda. E anche fra i due, in modo naturale, è nata una bella e proficua complicità. «Renato è un grande giocatore e al suo fianco mi sento migliore» sottolinea l’argentino. «Alle spalle ha una carriera notevole che gli ha permesso di valorizzare pure il Lugano. Grazie a lui, il gruppo ha guadagnato in leadership e ha compreso appieno il concetto di gerarchia». Sempre nella pancia di Cornaredo, ma poco dopo, Steffen parla volentieri del ruolo di guida e «modello» verso gli elementi giovani. «Ad Aliseda, poi, mi accomuna la variabile fisica. Per rendere dobbiamo essere al 100% della forma. Le sue qualità non si discutevano anche in precedenza, ma affinché Nacho esplodesse servivano ritmo e partite nelle gambe. E, di riflesso, tanta fiducia nei propri mezzi. Ora, non a caso, è un giocatore in grado di essere decisivo per la squadra. Potrebbe esserlo anche domenica a Berna. Le sue recenti prestazioni hanno dell’incredibile. Classe pura. Della quale posso approfittare, come Ignacio - credo - può sfruttare la mia presenza». Bene. A fronte di cotanta qualità, Steffen accetterebbe dunque di consegnare al compagno l’etichetta di«Messi delle Alpi», conquistata ai tempi del Wolfsburg? «Senza alcun problema» afferma ridendo Renato. «Ripeto: il rendimento di Aliseda, al momento, è quanto di più prezioso per il Lugano».

Al Wankdorf con tanta consapevolezza

L’ultimo incrocio contro lo Young Boys, settimana scorsa, ha permesso al pubblico luganese di rifarsi gli occhi proprio e anche alla luce delle partitone di Aliseda e Steffen. «Quante volte ho riguardato il mio gol? Sincero? Tantissime» ammette l’ex Chicago Fire, elevandolo «a più bello della carriera». Battere i campioni svizzeri alla penultima curva del campionato è stato inebriante. E però quanto significativo in ottica finale di Coppa? «È senz’altro stato importante per la consapevolezza del gruppo» indica in merito Steffen. «Sì, battere l’YB è possibile. In Coppa dovremo tuttavia ripetere la grande prestazione di qualche giorno fa. Al Wankdorf servirà aggressività, pazienza e concretezza sotto porta. Personalmente, ben venga pure un pizzico di nervosismo, che ritengo positivo per alzare il livello». Renato ha conquistato il trofeo nel 2017, con la maglia del Basilea e - graduatoria di Super League alla mano - da favorito sul Sion. «E domenica, inutile negarlo, il favorito sarà lo Young Boys. Per tanti motivi: l’euforia da titolo di campione svizzero, lo stadio casalingo e la sua erba artificiale. Ciò nonostante, guarderemo il nostro avversario dritto negli occhi. Forti del rispetto guadagnato nel 2023 - con sole due sconfitte - e dunque convinti che non si tratti di una finale già decisa». Aliseda concorda. Anzi, rilancia. «È vero, ci attende tutta un’altra sfida. Ma a Cornaredo abbiamo dimostrato di poter essere competitivi. Migliori, anche, dei gialloneri. Replicare quella gara, con la stessa intensità e la medesima attenzione difensiva, significherebbe mettersi in condizione di vincere di nuovo. Senza dimenticare che lo Young Boys è reduce dal rilassamento post titolo e che fra i pali schiererà un giovane terzo portiere, a cui le emozioni di una finale potrebbero giocare un brutto scherzo».

L’intervista spigolosa rilasciata in febbraio voleva smuovere le acque bianconere. A posteriori, direi che ha funzionato
Renato Steffen, giocatore FC Lugano

Mamma e lo psicologo

Anche Aliseda è tutto fuorché un calciatore esperto. Per conquistare l’affetto dei tifosi e la fiducia dello staff tecnico ha inoltre dovuto eseguire un profondo lavoro su se stesso. Per dire: il 14 maggio del 2022, l’argentino osservava dalla panchina il trionfo bianconero al Wankdorf. «Ho dovuto cambiare completamente la testa» riconosce Nacho. «L’aiuto di uno psicologo è stato fondamentale. Così come i consigli di mia mamma. Restare ai margini dell’ultima finale è stato duro. Non voglio che accada di nuovo». A fronte di un fisico appesantito e di pochi scampoli di partita balbettati, ci si è più volte chiesti come fosse possibile che Aliseda valesse 3,5 milioni di euro. Già. Ora, il valore in questione sembra addirittura il minimo sindacale. «Non saprei» osserva Aliseda con una punta d’imbarazzo: «Sul momento, ho accettato e digerito le critiche nei miei confronti. E però mi dava parecchio fastidio non poter mettere a tacere un simile scetticismo. Più che del valore del mio cartellino, m’importava dimostrare il valore effettivo sul campo. Sapevo di poterci riuscire e, passo dopo passo - mutando radicalmente mentalità - le cose si sono sistemate per il meglio».

«Cattivone? No, pungolo»

Steffen e il FC Lugano non hanno funzionato subito per altre ragioni. A un certo punto nello spogliatoio bianconero era possibile udire il ticchettio di una bomba a orologeria. Ricordate l’intervista rilasciata a metà febbraio al CdT? «Sono un leader inflessibile e qualcuno non lo accetta». Ecco. Quelle esternazioni, con cui l’esterno elvetico riconosceva pure le personali controprestazioni, alla fine hanno sortito l’effetto sperato. Per sé e per la progressione sportiva del club. «In effetti - riconosce Steffen - le dichiarazioni in questione miravano a smuovere un po’ le acque. E, sì, all’interno dello spogliatoio se ne è discusso apertamente. Qualche giorno dopo, proprio a ridosso della gara esterna contro l’YB, io e Sabbatini abbiamo ritenuto doveroso confrontarci con il resto del gruppo. Per capire - insieme - come migliorare il team. Dagli allenamenti all’atteggiamento in partita. Sono un giocatore che non si accontenta. Che, anche a 31 anni, vuole imparare ogni giorno cose nuove. Crescere». Ebbene, la via aperta bruscamente da Steffen è stata seguita. «Non direi che ora è tutto perfetto, quello no. Ma il potenziale accresciuto del Lugano è sotto gli occhi di tutti». E allo stesso modo quello di un calciatore che appena dodici mesi fa salutava la Bundesliga da riserva. «È il calcio e va veloce» indica Steffen con il sorriso: «Un giorno sei il peggiore dei perdenti, un altro l’eroe. Col senno di poi, evidentemente, sposare il progetto del Lugano è stata la giusta decisione. L’ho fatto in ottica Mondiali con la Svizzera ma altresì per dare fiato alle mie ambizioni e a quelle del club. Di certo non sono arrivato a Cornaredo con l’obiettivo di sedermi». No, non si è seduto Steffen, con i suoi pregi e difetti.

Un collega svizzerotedesco coglie la palla al balzo. Per rammentare che, prima del trasferimento in Germania, la reputazione in patria di Renato non era delle più esemplari. Fumantino, provocatore, spigoloso: cose così. «Ma di questa nomea, in Bundesliga, non è importato a nessuno» replica il bianconero: «La mia personalità, che può essere ritenuta scomoda, è stata accolta come un valore aggiunto, un fattore di sviluppo». E alla fine, appunto, lo hanno compreso anche Lugano e i luganesi. «Ci è voluto un po’, ma credo di aver dimostrato di non essere il cattivone parso inizialmente, quanto un pungolo. Con i compagni siamo oramai sulla stessa lunghezza d’onda. Non ci resta che coronare nel migliore dei modi la stagione». Grazie a «Renacho» è lecito sognare.

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