A che punto sono i negoziati per scongiurare il default?

È sempre più pressante la preoccupazione attorno al possibile default negli Stati Uniti, ovvero la possibilità che il governo USA diventi inadempiente sul proprio debito e non sia più in grado di effettuare i pagamenti agli obbligazionisti. Ve ne avevamo parlato qui. L'apprensione, ormai diffusa a livello globale, aveva avuto un riverbero anche sulla piazza economica internazionale, scuotendo le Borse. In particolare quelle europee, che nella giornata di mercoledì avevano bruciato 227 miliardi di euro, chiudendo tutte in rosso. Milano, fanalino di coda, aveva terminato la propria la seduta in calo del 2,39%. Un contraccolpo di cui ha risentito anche Wall Street, dove gli occhi degli investitori erano puntati sulla Casa Bianca, mentre dietro le quinte ci si stava preparando al peggio. Per scongiurare la minaccia del default, Washington sta cercando una soluzione che contempla l'innalzamento del tetto del debito pubblico. Ma vediamo di capire meglio di che cosa si tratta e quali sono gli ultimi sviluppi.
La deadline del 1.giugno
La segretaria del Tesoro americano Janet Yellen aveva avvertito che gli Stati Uniti corrono il rischio di andare in default già dal 1. giugno. Questo se il Congresso non riuscirà ad aumentare il limite del debito pubblico. Così, a poco meno di una settimana da questa data, il presidente americano Joe Biden e il presidente della Camera Kevin McCarthy, stanno incominciando a tirare le fila della matassa – come riporta Associated Press – con l'idea di restringere il campo su un accordo di bilancio basato su due anni che miri a contenere i deficit federali. Tutto questo per scongiurare il default che, secondo gli esperti, avrebbe una portata «economicamente devastante». Mentre sull'altro piatto della bilancia verrebbe messo, come detto, l'innalzamento del tetto del debito pubblico. Le trattative con la Casa Bianca sul limite del tetto erano già state avviate negli scorsi giorni. Quando Biden aveva ribadito: «Abbiamo concordato che non ci sarà il default degli Stati Uniti». McCarthy, parlando con la stampa presente in Campidoglio, aveva aggiunto: «Sapevamo che non sarebbe stato facile. È difficile, ma stiamo lavorando e continueremo a farlo finché non avremo risolto il problema». Nel corso della giornata di oggi, infatti, è prevista la ripresa delle discussioni in Campidoglio.
Le parti bloccate
«L'unico
modo per andare avanti è un accordo bipartisan», ha dichiarato ieri Biden.
«E credo che arriveremo a un'intesa che ci permetta di andare avanti e
che protegga gli americani che lavorano duramente in questo Paese», ha aggiunto. Un'unione di forze necessaria, quella tra il presidente democratico e lo speaker repubblicano, i quali si sono comunque detti ottimisti sulla possibilità di raggiungere un compromesso (anche politico) entro il fine settimana, nonostante le posizioni politiche e le visioni contrapposte. Tuttavia, le parti mantengono idee divergenti su diversi punti. Divari che devono essere colmati per superare anche l'approvazione del Congresso. Al momento, riferisce Associated Press, le due parti sarebbero «bloccate»: il punto della discordia ruota attorno al fatto di accettare o meno le richieste repubblicane. Richieste che imporrebbero requisiti più rigidi alle persone che si trovano in assistenza sociale o sanitaria, quindi alle fasce più vulnerabili della popolazione americana che, invece, Biden ha dichiarato di voler proteggere.
La Casa
Bianca, dal canto suo, ha offerto di congelare la spesa del prossimo anno ai livelli
attuali e di limitare la spesa del 2025, ma per McCarthy questo non
è sufficiente: «Dobbiamo
spendere meno di quanto abbiamo speso l'anno scorso. Questo è il punto di
partenza», ha dichiarato. Biden ha insistito sul fatto che il deficit possa essere ridotto mettendo fine
alle agevolazioni fiscali per le famiglie più benestanti e per alcune aziende. Manco a dirlo, per lo speaker repubblicano «l'aumento delle entrate attraverso l'aumento delle tasse è fuori discussione».
In tutto questo, gioca un ruolo fondamentale anche l'aspetto politico: l'accordo previsto si estenderebbe, infatti, su un lasso di tempo di due anni e avrebbe come effetto di innalzare il limite del debito pubblico per questi due anni, andando così a finire oltre le elezioni presidenziali del 2024. Il terreno di gioco per eccellenza che vede opporsi repubblicani e democratici.
Cosa succederà?
Come vi avevamo spiegato nel nostro approfondimento, nessuno sa esattamente cosa accadrebbe se il Governo degli Stati Uniti arrivasse davvero al punto di default. Tuttavia una cosa è certa: secondo gli economisti e gli analisti di Wall Street «uno scenario del genere sarebbe economicamente devastante», perché potrebbe portare a una profonda recessione negli Stati Uniti. Da cui potrebbe anche scaturire una crisi finanziaria globale. Infatti, se il dipartimento del Tesoro non fosse in grado di erogare i pagamenti agli istituti di credito che detengono il debito federale – quello che è definito default – gli investitori richiederebbero in futuro tassi di interesse molto più alti per prestare denaro al Governo. Con il rischio di destabilizzare anche i mercati globali.