Dalla Chiesa: «Messina Denaro catturato dai ROS, eredità di mio padre»
Il super latitante Matteo Messina Denaro è stato catturato dai carabinieri del ROS in una clinica privata di Palermo, dov'era stato operato in passato, sotto il falso nome di Andrea Bonafede, e dove doveva sottoporsi ad alcune terapie. «Una bella notizia, che chiude definitivamente un’epoca, quelli dei grandi latitanti di mafia che scorrazzano, che conducono una vita "normale". Ben vestiti e con orologi di lusso al polso. È la prova che Cosa Nostra è in declino. Un declino importante, perché la mafia non è più al riparo dalle pressioni dello Stato. I suoi grandi latitanti sono stati presi. Questo mito dell’inafferrabilità non c’è più». A parlare è il sociologo e professore Nando Dalla Chiesa, figlio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, assassinato a Palermo da Cosa Nostra il 3 settembre 1982. «Il contraccolpo sarà soprattutto psicologico - aggiunge -. Dovranno vedere che nessuno si salva dalla repressione dello Stato». Nessuno, per quanto possa essere protetto dalla «sua» gente.
Cosa succederà, ora, all'interno di Cosa Nostra? Per il professore, che all'Università di Milano ha fondato il corso di Sociologia della criminalità organizzata, è difficile che Messina Denaro parli. «Non ha motivi personali per parlare, come aveva invece per esempio Tommaso Buscetta. È difficile che un uomo che ha vissuto in quella dimensione di prestigio, perché per il mafioso questo è, butti via tutto confessandosi con la Giustizia, con il nemico. A meno che, appunto, non emergano motivi personali di cui non siamo a conoscenza». L'ultimo grande fantasma rimarrà, probabilmente, custode dei segreti di Cosa Nostra. «Ma possiamo provare a capire cosa è stata fino a oggi. Le indagini consentiranno di mettere in luce cose che, molto probabilmente, finora non si potevano dire per non intralciare le indagini». Non è dato sapere, infatti, se Messina Denaro sia stato davvero il capo di Cosa Nostra. «Io credo che sia stato più che altro il capo di una porzione di Trapani, non quello della cupola, che non c'è più. Ma ha certamente avuto un ruolo molto importante», a cui ora è stata messa la parola «fine».
L'aria, in Sicilia, è cambiata. Le immagini dell'arresto di Messina Denaro, nei pressi della clinica La Maddalena di Palermo, mostrano persone in festa, applausi e strette di mano ai carabinieri, lacrime. «Non sono stati chiamati per assistere all'operazione - fa notare il sociologo -. Si trovavano lì per caso. L'esultanza che abbiamo visto non è di militanti, ma di "gente comune". L'aria è cambiata». Questo non vuol dire che non ci sia chi sta dalla parte dei mafiosi. La rete di favoreggiamento attorno a trent'anni di latitanza ne è la prova più concreta. «La mafia non è finita e, anzi, bisogna tenere gli occhi aperti sulla 'ndrangheta, oggi molto potente. Ma le cose sono cambiate».
L'eredità del Generale
Sono stati i carabinieri del ROS - insieme a quelli del GIS, Gruppo Intervento Speciale, e ai comandi territoriali della Regione Sicilia - a porre fine a una latitanza che durava dal 1993. Un aspetto che a Nando Dalla Chiesa sta particolarmente a cuore. Il Raggruppamento operativo speciale, così si chiama il ROS, deve infatti le sue origini al Nucleo speciale di polizia giudiziaria, il cosiddetto Nucleo Scintilla, creato nel maggio del 1974 dal generale Carlo Alberto Dalla Chiesa per contrastare il terrorismo interno. «Matteo Messina Denaro è stato preso da una struttura, i ROS, che sono l’eredità di mio padre. Proprio nei giorni in cui sulla Rai va in onda la fiction Il nostro generale. Il più grande latitante di Cosa Nostra è stato preso con il metodo Dalla Chiesa. È una cosa che mi fa davvero piacere».
Sul sito dell'Arma dei carabinieri, nella sezione dedicata al ROS, campeggia la foto del Generale. Il Raggruppamento Operativo Speciale - vi si legge - è stato istituito il 3 dicembre 1990 e all’atto della costituzione ha assorbito la preesistente struttura anticrimine dell’Arma, nata a Torino nel maggio del 1974 con un «Nucleo Speciale di Polizia Giudiziaria», - il Nucleo Scintilla, appunto - costituito da appena 40 unità appositamente prescelte dal generale Carlo Alberto Dalla Chiesa per l’espletamento di particolari e complesse indagini a livello nazionale. In breve tempo la speciale struttura si impose per l’innovativo metodo investigativo, incentrato sull’approccio sistemico alle matrici criminali e alle rispettive organizzazioni. Strumenti investigativi come le osservazioni, i pedinamenti e le intercettazioni (celebrati anche oggi in conferenza stampa) vennero sviluppati e via via affinati. La struttura del Nucleo Speciale venne nel tempo ampliata e coordinata attraverso la condivisione delle informazioni e delle procedure operative. Il metodo anticrimine - che contribuì agli inizi degli anni Ottanta alla disarticolazione dei più importanti gruppi terroristici attivi in Italia - venne poi adottato per il contrasto a qualsiasi forma di criminalità organizzata. L’obiettivo principale rimase quello di conoscere prima in maniera approfondita il fenomeno, il gruppo criminale, per procedere quindi alla sua disarticolazione.
La capacità di agire come invisibili utilizzando gli strumenti tecnologici più avanzati, per farla breve. Una delle prime squadre del ROS, trent'anni fa (ieri, 15 gennaio), arrestò Totò Riina guidata dal «capitano Ultimo». E oggi ha fermato per sempre «il» latitante. Tra attività di intercettazione e sviluppo investigativo, indagini tradizionali e tecnologia, come ha voluto precisare oggi il suo comandate, il generale Pasquale Angelosanto.
«Io, in questo giorno importante, ho pensato tre cose», conclude Dalla Chiesa. «Primo: non ci sono gli imprendibili, non esistono gli invincibili. Secondo: a prendere Messina Denaro sono stati quelli del ROS, l'eredità di mio padre. Terzo: latitante da trent'anni, è stato preso in una clinica privata, il che rafforza gli studi che da anni conduciamo in università sui rapporti tra mafia e sanità». Insomma, si aprono degli interrogativi. Che l'Osservatorio sulla Criminalità Organizzata, guidato dal professor Dalla Chiesa, solleva da tempo: il fenomeno delle infiltrazioni della criminalità organizzata nelle aziende sanitarie e ospedaliere, pubbliche e private. «Nella sanità c’è un problema. Ma non solo in Sicilia, dappertutto. La relazione fra mafia e sanità è una delle più pericolose - conclude il sociologo -. Di cui si dovrà parlare. Intanto oggi, però, celebriamo un grande giorno».