La storia

«Dopo 62 anni lascio questo caffè a mio nipote, Giorgio Ravelli, ma tornerò spesso come cliente»

Parla l'87.enne Livia, titolare dell'esercizio pubblico che da oltre un secolo porta il nome della sua famiglia in Largo Zorzi a Locarno, che chiuderà per un periodo per ristrutturazione: «Ringrazio la clientela così fedele, è una fortuna e un piacere aver lavorato qui»
La «Signora dei portici» di Locarno al suo ultimo giorno di lavoro al bar caffè Ravelli, in Largo Zorzi. «Ma ho molti impegni - racconta al Corriere del Ticino l'elegante 87.enne - e le mie giornate saranno piene» © CdT/Chiara Zocchetti
Jona Mantovan
03.01.2025 06:00

A Locarno c’è un locale che vanta un secolo e più di storia. È il Ravelli, aperto dal pasticcere Giovannino nel 1913. «Casa» di personalità e intellettuali di passato e presente, negli ultimi decenni è stato gestito da Livia. Che oggi, all’età di 87 anni, trasmette la sfida al nipote, Giorgio. L’abbiamo incontrata nel suo ultimo giorno di lavoro, prima che arrivi l’inevitabile chiusura prolungata dell’attività per ristrutturazione.

«Vede questi arredi? Sono originali, di Giò Ponti per Cassina. Sono sopravvissuti a tre alluvioni e spero che il mio successore vorrà mantenere pure gli elementi in cuoio naturale», racconta la «Signora dei portici di Locarno», com’è soprannominata Livia Ravelli, salutando una famiglia di ospiti abituali, riferendosi al nipote - Giorgio - che trasformerà il posto in un ristorante. Patrizia di Intragna (nata Dillena), è un punto di riferimento in città, ma da domani - e solo alla riapertura - sarà soltanto una cliente: «Ah, ma manterrò il mio ufficio qui sopra», spiega indicando verso l’alto, in direzione della scalinata progettata dall’architetto Paolo Mariotta e dall’artista Remo Rossi.

«Devo occuparmi dell’amministrazione dei miei stabili. Non mi interessano più i viaggi, ma giocherò volentieri a golf qui ad Ascona. Resterò una buona frequentatrice, ma sempre pagante, per rispetto del lavoro del nuovo titolare». La nostra interlocutrice, dalla stretta di mano forte e decisa, riavvolge il nastro del tempo: «Mi occupo di questo caratteristico luogo da 62 anni e, anche dopo la scomparsa di mio marito dieci anni fa, ho continuato a tenere aperto. Mi sono sposata nel 1962 con Ademaro, anche lui confettiere, figlio di Giovannino».

Ci tengo a ringraziare chi l’ha frequentato, in maniera fedele e per così tanto tempo, da tutto il mondo
Livia Ravelli, 87 anni, ormai ex titolare del bar caffè che porta il nome della sua famiglia in Largo Zorzi a Locarno

Tante dolci e ambite leccornie

«All’epoca, lavoravo in una boutique di articoli per bambini per poi trasferirmi di una ventina di metri, dopo le nozze, al bancone dei prodotti dolciari. Avevamo una clientela esclusiva che ordinava le nostre creazioni da tutto il mondo. Era un impiego magnifico, anche se bisognava fare attenzione a non cadere in tentazione nel mangiare tutte quelle dolci leccornie», esclama con un sorriso. Nel 1980, la famiglia decide di concentrare gli sforzi sull’esercizio pubblico (la cui rilevanza è stata in seguito riconosciuta pure da Heimatschutz), dando l’addio alla produzione dolciaria.

Tra i tavoli c’è comunque «un crocevia di idee e personalità», come si legge in un articolo apparso di recente sul settimanale «Azione»: artisti, celebrità, intellettuali - anche di calibro internazionale - non mancano di certo all’appello.

«Molto ottimista di natura»

«Dall’ex magistrata Carla Del Ponte, che tuttora passa volentieri qui, alla baronessa von Thyssen, dalla modella Yvonne Blanche Labrousse con il marito Aga Khan III, passando per Paul Klee, Jean Arp, Luigi Snozzi, Italo Valenti e tanti altri», elenca Livia. Senza dimenticare l’influenza sul (e del) Festival del Film di Locarno.

«Se la manifestazione è diventata così come la conosciamo, il merito è un pochino anche nostro. All’epoca, non era ancora in Piazza Grande. Raimondo Rezzonico era scettico sul suo trasferimento, prospettato proprio qui, discutendone con Livio Vacchini e Luciano Giudici. L’architetto aveva realizzato uno schermo gigante per una proiezione di prova. Il futuro “patron” della rassegna (dieci anni dopo, dal 1981) si ricredette, una volta visto l’effetto sul pubblico. Da quel momento, la kermesse si è distinta ancor di più, diventando un evento dalla portata eccezionale».

«Un periodo incantevole»

In oltre mezzo secolo, Locarno è cambiata. Ma l’atmosfera che si respira attorno al registratore di cassa (della stessa epoca di questa «sala da tè» e ancora funzionante oltre che utilizzato), non più di quel tanto. «I tempi cambiano e bisogna adattarsi. Tuttavia, non mi è mai piaciuto fare paragoni e dire “Così era meglio e così era peggio”. Occorre accettare e andare avanti con ottimismo. Io sono di natura molto ottimista e questo mi ha reso la vita più facile».

Una positività anche dovuta al contesto storico: «Dopo la fine della guerra abbiamo vissuto un periodo bellissimo. Lo dicono anche le mie amiche: siamo state fortunate, perché abbiamo vissuto un arco temporale davvero incantevole. Oggi, forse, i giovani si trovano bene con tutta questa tecnologia, i telefonini e attaccati ai loro piccoli schermi, ma a noi tutti questi aggeggi creano qualche difficoltà». In conclusione, Ravelli ci tiene a ringraziare la clientela: «Molte persone ci sono state fedeli così a lungo. Non solo locarnesi, dalla Svizzera o dall’Europa, ma da ogni parte del globo».

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