«Dopo i sacrifici fatti per acquistare casa a Brienz, ci ritroviamo senza più nulla»
«Per noi non è una novità essere obbligati ad andare via e lasciare la casa: diciamo che ormai sta diventando un'abitudine. È già la seconda volta in un anno e mezzo che siamo costretti a evacuare dal villaggio». È con un misto di tristezza, rabbia e rassegnazione che ci risponde al telefono Pietro Lazzara, l'ormai ex proprietario del Restaurant Rezgia Viglia di Brienz. Dalle 13.00 di oggi, domenica, nel paesino grigionese non c'è più nessuno. I residenti sono stati costretti ad abbandonare il villaggio, minacciato da una frana di 1,2 milioni di metri cubi di rocce e detriti. Gli abitanti sono stati pregati di chiudere completamente le abitazioni, scollegare gli apparecchi elettrici in funzione, svuotare e spegnere frigorifero e congelatore e portare via tutti gli alimenti. «La mia famiglia e io abbiamo portato via tutto quello che potevamo», spiega il nostro interlocutore.
Un addio definitivo?
Anche se per coloro che vivono a Brienz non si tratta della prima evacuazione, questa volta le prospettive sono diverse. A farsi prepotentemente largo è infatti stata l'ipotesi che il paese dovesse essere abbandonato per sempre per ragioni di sicurezza. Un'eventualità estrema, ma prevista dagli scenari elaborati dalle autorità comunali e cantonali, come confermato alla RTS da Christian Gartmann, responsabile della comunicazione del Comune di Albula. Non è escluso, scrive la RSI, che tutta la popolazione dovrà essere trasferita in nuove abitazioni da costruire in un altro luogo, sempre all’interno dei confini comunali. Due le ipotesi prese in considerazione per accogliere gli sfollati: Tiefencastel, a poco meno di 2 chilometri in linea d’aria da Brienz, e Alvaneu Dorf, a poco più di 4 chilometri. Frazioni che dispongono di zone pianeggianti non ancora edificate abbastanza estese: Cumpogna a Tiefencastel e Federna ad Alvaneu Dorf.
«Personalmente non sono stato informato del fatto che questa evacuazione potrebbe essere definitiva. In caso questa sia effettivamente un'ipotesi realizzabile, le autorità comunali avrebbero dovuto parlar chiaro sin dall'inizio», osserva Lazzara. «Anche perché all'interno della nostra abitazione ci sono ancora diverse cose e se non ci daranno più la possibilità di rientrare a casa andranno perse per sempre».
Nelle ultime ore, a ogni modo, Pascal Porchet, capo dell’Ufficio del militare e della protezione civile, ha detto che «lo scenario di un ritorno della popolazione nelle proprie abitazioni nella primavera del 2025 è piuttosto realistico».
Un'avventura iniziata male
Quando, nel 2023, il nostro interlocutore ha preso il ristorante del villaggio, mai avrebbe immaginato che, un giorno, sarebbe stato costretto a chiuderlo a causa dell'inagibilità del paese. «Se lo avessimo saputo, non l'avremmo mai preso», rimarca amaramente Lazzara. «Poco dopo aver firmato il contratto, siamo stati confrontati con la prima evacuazione. Il problema è che, nel frattempo, avevamo già disdetto il contratto del nostro ristorante a Filisur: ci siamo quindi ritrovati a mani vuote».
Le difficoltà per Lazzara nel mondo della ristorazione erano comunque solo all'inizio. «Dal mese di gennaio di quest'anno, le autorità hanno chiuso la strada che porta al nostro esercizio. Inutile dire che ciò ha avuto gravi ripercussioni sulla nostra attività in quanto le entrate sono nettamente calate visto che gli unici clienti su cui potevamo contare erano gli abitanti del paese. A luglio abbiamo pertanto deciso di chiudere definitivamente».
La necessità di reinventarsi
Privato del proprio mezzo di sostentamento, Pietro Lazzara ha dovuto reinventarsi e rimettersi in gioco. «Fortunatamente avevo una ditta di taxi a Lenzerheide che ho riaperto in seguito a quanto sta succedendo a Brienz. Spero così di riuscire a pagare i debiti del ristorante e di riuscire a guadagnare qualcosa». Per il nostro interlocutore, la nuova attività è infatti l'unica fonte d'entrate. «Da parte delle autorità non ho ancora ricevuto alcun sostegno finanziario perché mi vengono costantemente richiesti nuovi documenti e chiarimenti. In particolare, mi continuano a domandare i giustificativi che attestano il pagamento delle fatture da parte mia; il problema è che, nella situazione attuale, per me è impossibile onorarle perché non ci sono i soldi».
E adesso? Dove si va?
Difficile, e non potrebbe essere altrimenti, per Pietro Lazzara e la sua famiglia è stato anche lasciare la propria abitazione. «Abbiamo fatto tanti sacrifici per acquistare, una decina di anni fa, la nostra casa di Brienz e adesso ci ritroviamo con un pugno di mosche in mano. Siamo poi confrontati con spese che non avevamo preventivato alle quali bisogna aggiungere le perdite del ristorante. Insomma, finanziariamente la mia famiglia è stata distrutta».
Le sfide che si trova ad affrontare Pietro Lazzara non sono comunque solo di tipo finanziario. Costretto a lasciare Brienz, il nostro interlocutore ha dovuto cercare in fretta e furia una sistemazione per la sua famiglia. Un compito arduo, soprattutto se si considera che a carico ha sette figli. «Mi sono dato da fare da solo e sono riuscito a trovare, fino a fine febbraio, una casa vicino a dove vanno a scuola i nostri bambini. Le abitazioni che mi hanno proposto le autorità erano infatti troppo distanti da dove viviamo oggi e quindi i nostri figli avrebbero perso tutti i contatti con i propri amici e i propri compagni di classe».
Figli, quelli di Lazzara, che stanno soffrendo l'attuale situazione. «Abbiamo deciso di mandarli dallo psicologo per cercare di aiutarli a fronteggiare il momento di precarietà che sono costretti a vivere. Ma è difficile e anche noi non ce la facciamo più. Cerchiamo comunque di creare un clima positivo per proteggerli il più possibile», conclude il nostro interlocutore.