Duemila volte «no» all’albergo «che sacrifica verde pubblico»
A Locarno c’è un albergo che puzza di «ecomostro»: «Deturpante e fuori contesto», come l'ha definito la Sinistra Unita. «Un’opera che si “mangerebbe” il verde pubblico a ridosso del lago, eliminando e privatizzando quella che oggi è una preziosa area di svago a disposizione delle persone». Per il momento l’idea resta abbozzata sulla carta. Ma è stato comunque abbastanza per far lanciare una petizione, consegnata oggi dal gruppo politico a Palazzo Marcacci. In tutto, oltre 2.200 firme per dire «no» a un progetto concepito per salvare le casse del Lido. Letteralmente, perché nel messaggio municipale numero 80 le parole usate sono «diminuire la perdita d’esercizio della Centro Balneare Regionale SA». La società – costituita nel 2004 dagli allora venti Comuni di Locarno e dintorni con la missione di rilanciare il Lido di Locarno, oggi la struttura balneare più grande e moderna nella Svizzera italiana – riceverebbe la possibilità di dare in affitto (tecnicamente, un «diritto di superficie di secondo grado») una parte del suo terreno a una struttura privata alberghiera.
Altre cento camere
«Messaggio che ora è al vaglio del Consiglio comunale», spiega al Corriere del Ticino l’architetta Giulia Augugliaro pochi istanti dopo che il segretario comunale, Marco Gerosa, ha ritirato la scatola contenente i moduli compilati da cittadine e cittadini. Dietro di lei, qualche palloncino rosso (del tutto simili a quelli impiegati nella giornata giornata di inaugurazione della raccolta firme per evidenziare il perimetro della nuova costruzione) e un grande tabellone che riepiloga la vicenda con date, mappe, foto e disegni. Tra le persone presenti, anche l'appena rinnovata presidenza della realtà politica, con Augusto Canonica e la vice, Silvana Mutti. «Queste firme invitano il Legislativo a chiedere un altro tipo di variante, oltre a un’analisi su come valorizzare al meglio una zona bellissima, ancora in linea con il paesaggio sul delta della Maggia», aggiunge la 33.enne, la quale evidenzia come il traguardo intermedio dei mille nominativi sia stato raggiunto «in appena quattro giorni». Interviene il primo firmatario, l’architetto Hermes Killer. «A Locarno servono davvero cento camere d’albergo in più?», si chiede indicando una parte del tabellone.
Una struttura troppo alta
«Circa 5.000 metri quadrati», si legge di fianco a una ripresa aerea, sulla quale è stato aggiunto un parallelepipedo di cartone che rende l’idea di una struttura «troppo alta, aspetto che pure il Cantone aveva criticato». Attorno, invece, quattro spesse linee rosse formano un trapezio. «Sarebbe il perimetro a disposizione per attività riservate esclusivamente agli utenti dell’albergo, come una terrazza solarium, una piscina, magari una porzione di spiaggia», ipotizza il 35.enne. Il quale paragona la futura struttura a un’altra già esistente. «Avrebbe dimensioni simili all’albergo Arcadia, che da novembre a marzo è chiuso. Oltre a non offrire alcun tipo di attività per la Città, creerebbe soltanto ulteriori posti di lavoro precari e malpagati».
Pasticci burocratici e politici
Ma c’è di più. A complicare la situazione si segnala anche un «pasticcio» burocratico e politico: «Il messaggio municipale 80 prevede tre progetti distinti che hanno seguito procedure diverse e non sono stati coordinati tra loro. Il comparto “Ex macello-ex gas” è il risultato di un processo virtuoso. Al contrario, i contenuti previsti per la riva del lago sono passati attraverso un iter molto diverso e non sono mai stati presentati alla popolazione tramite una serata pubblica», lamenta il nostro interlocutore.
Un doppione troppo vicino
Poco distante, nell’ambito del rinnovamento urbanistico sullodato, sarà eretta una torre multifunzionale che includerà un hotel. «Per questo motivo, ci opponiamo alla creazione di un “doppione” in una delle aree più pregiate. Dal punto di vista naturalistico, è più sensato concentrare i contenuti alberghieri in uno degli isolati che a inizio del secolo scorso furono destinati ad ospitare le aziende industriali comunali e che ora si vogliono riqualificare. In sostanza, è come se qualcuno avesse messo a punto un piano regolatore a compartimenti stagni. Contestiamo il fatto che non sia stata considerata una visione d’insieme del territorio, non identificando così duplicati che risultano dannosi e che andrebbero a compromettere un’area naturalistica di pregio».
Uno «scippo» alla cultura
Riprende la parola Augugliaro, la quale precisa un ulteriore aspetto controverso «che suona quasi come uno scippo». «La nuova edificazione imporrebbe di spostare quella possibilità di costruire (il cosiddetto indice edificatorio, ndr.) prevista in origine per un museo nell’area dei Giardini Jean Arp. Si andrebbe così a privatizzare, in un certo senso, un’opzione che doveva essere dedicata a realizzare contenuti culturali di qualità».