Il personaggio

In volo con Yuri, «TURBO DUE» ticinese del PC-7 TEAM

Sandro Chinotti, 34 anni e pilota di caccia FA/18, è appena entrato a far parte della pattuglia acrobatica: «Un onore tornare a Locarno per gli allenamenti, qui mi ero addestrato»
Sandro Chinotti, anche conosciuto con il soprannome «Yuri», 34 anni e nuovo membro del PC-7 TEAM (con il numero 2, ala a destra del capogruppo)
Jona Mantovan
19.04.2023 21:15

Locarno, Base Aerea. Mattino presto. Poco oltre l'edificio della guardia all'ingresso, ecco la prima costruzione storica dell'Aeroporto. Risale agli anni Quaranta e anche l'atmosfera all'interno è rustica: un grande camino, tavoloni in legno scuro, pavimento in cotto. Tre grandi vetrine espongono una collezione notevole, oltre cento boccalini uno diverso dall'altro, ma sempre decorati con disegni ispirati all'aviazione. C'è quello che richiama i colori di una bevanda solubile al malto, un altro con delle bande azzurre e le Alpi. Altri, più antichi, hanno disegni più semplici: uno stemma del Ticino con un'elica al centro (1943), un sole con – in primo piano – un pilota a bordo di un trabiccolo. C'è anche il PK09: un cerchio arancione con la scritta bianca all'interno. Dall'area del tondo spunta un pinguino, personaggio di un cartone animato di qualche anno fa. Questo è stato realizzato in occasione della conclusione del corso piloti (come d'altronde ognuna delle ceramiche, su anni diversi) di Sandro Chinotti. Trentaquattro anni, soprannominato Yuri e da sei pilota di caccia F/A-18, quindi uno dei responsabili della sicurezza dello spazio aereo in Svizzera, è a Locarno per un paio di settimane di allenamento intensivo della pattuglia acrobatica PC-7 TEAM, in qualità di recluta. Nelle coreografie è ala destra, è chiamato «TURBO DUE» e vola di fianco al capogruppo. «È un onore essere qui, nel cantone dove sono cresciuto e dove ho imparato a volare», dice.

Il pilota si è concesso qualche minuto prima di partire per l'esercitazione. La giornata è perfetta: temperature primaverili, sole e pochissime nubi sottili all'orizzonte. Sul suo casco, che appoggia delicatamente su un muretto, non c'è ancora il soprannome, al contrario degli altri suoi colleghi. Daffy, Nemo, Gaudi. Le scritte, in bianco, spiccano sulla parte laterale in rosso. «Ma ce l'avrò anch'io, e ci sarà scritto Yuri», scherza il capitano. Il nomignolo, spiega, non è scelto dai protagonisti, ma dal gruppo. «È legato a un aneddoto. Sono appassionato di astronomia e all'epoca, terminato il servizio militare, avevo appena acquistato un telescopio più caro della mia prima automobile. Da qui Yuri come il nome di Gagarin, il primo astronauta in orbita».

Mi aveva impressionato il rombo del motore del primo caccia che avevo visto da vicino, nel 1995 ad Ambrì. Da quel giorno mi piace dire che il mio cuore batte al ritmo di questo rombo del motore
Sandro Chinotti, 34 anni, pilota di FA/18 e nuovo membro ticinese della pattuglia acrobatica PC-7 TEAM

L'Air Show di Ambrì nel 1995

«Sin da bambino ho sempre sognato di diventare pilota», racconta Yuri. «Ricordo l'aereo di linea che avevo preso con i miei genitori per le vacanze. Avevo quattro anni e avevo avuto la possibilità di entrare nella cabina di pilotaggio. Ero rimasto affascinato da tutte queste luci, tutti gli strumenti. Ricordo di essermi voltato verso mio padre dicendogli: voglio fare questo, voglio diventare pilota». Ma c'è ancora un'altra esperienza che ha segnato il piccolo Sandro. «A sei anni avevo visto, per la prima volta e da molto vicino, un jet da combattimento».

Era il 1995, durante l'Air Show di Ambrì. «Mi aveva impressionato il rombo del suo motore. Ricordo ancora come la gabbia toracica tremava. Ecco, da quel giorno mi piace dire che il mio cuore batte al ritmo di questo rombo del motore».

Da lì, Chinotti non abbandonerà più l'idea di voler diventare un pilota di jet militare. «Ho inseguito il mio sogno e ho avuto la grande fortuna di potercela fare. Il mio primo volo in assoluto l'ho fatto proprio qui, a Locarno. È stato molto emozionante. E, oggi, far parte del PC-7 TEAM e tornare a Locarno è un onore. Con questi aerei ho imparato a volare», sottolinea indicando la fila di apparecchi dalla livrea rossa perfettamente allineati sul piazzale. Uno per ciascun pilota, più due di riserva. Sì, è una nuova fase della vita «nel luogo in cui sono cresciuto e dove ho imparato a volare», afferma il giovane, scrutando l'orizzonte.

La 'prima' sul caccia F/A-18? Un forte respiro... e poi si parte. Come in un film, si resta concentrati, si lavora così come si è imparato

PC-7, Pilatus e poi F/A-18

Una volta finita la selezione, dopo sei settimane di volo – appunto sugli apparecchi PC-7 a Locarno –, arriva la conferma per la selezione per entrare nell'élite dell'esercito. Contratto firmato e via per tre anni di studi in scienze dell'aviazione a Zurigo, conseguendo in parallelo il brevetto di pilota di linea. «Tutto in seno all'esercito, con la loro istruzione». Ma prima di salire a bordo di un F/A-18, ancora un anno di allenamento su un Pilatus PC 21.

«Un aereo un po' più potente rispetto al PC-7, ma sempre ancora a turboelica». Poi il salto. Finalmente si sale sul caccia fiore all'occhiello delle forze aeree svizzere. «Si sa che si è istruiti per farlo. E anche se il primo volo si fa in doppio comando, con l'istruttore a bordo, ricordo grandissime emozioni. Soprattutto la prima volta che si dà pieno gas sulla pista. Un forte respiro. E poi si parte. Come in un film, si resta concentrati, si lavora così come si è imparato».

Prima di rientrare in base, a bordo dell'F/A-18 o guardato a terra e ho pensato: qualche anno fa guardavo in alto e sognavo di essere pilota di un caccia. Oggi, incece, sono io stesso a volare un jet di combattimento

Come una danza

Una volta in quota a bordo della punta di diamante dell'esercito, inevitabile lo sguardo a terra. Per un istante, Chinotti è come se tornasse bambino: «Non abbiamo molto tempo, ma prima di rientrare in base ho pensato: qualche anno fa guardavo in alto e sognavo di essere pilota di un caccia. Oggi, sono io stesso a volare un jet di combattimento».

Chinotti deve congedarsi un istante. I suoi colleghi sono pronti. Nel piazzale da dove poi partiranno per il decollo sulla pista, ogni componente del gruppo è fermo e allineato rispecchiando la formazione sulla toppa di ogni tuta da aviatore. All'unisono, iniziano a camminare. Lo spettacolo è sorprendente. I piloti ripassano, a terra e camminando, la coreografia e le figure che hanno intenzione di comporre a bordo dei loro aerei. Tre passi, una giravolta, il gruppo si divide e si ricompone. Sembra una danza. E poi ancora: vari incroci, la configurazione a freccia e il repertorio più classico. La cascata, il cuore, Batman... 

È come andare in macchina in autostrada e mettersi paralleli a un altro veicolo. Correndo a 120 chilometri orari e mantenendo la distanza costante di un metro. Senza possibilità di frenare

Abili ambasciatori dell'aria

La ripetizione passo-dopo-passo finisce dopo pochi minuti anche se la coreografia, in volo, ne richiede almeno trenta. Ma questa è, appunto, una sorta di versione ridotta. Tra qualche istante, però, si fa sul serio. Chinotti e gli altri colleghi si avviano ai loro apparecchi. «Siamo in nove e voliamo su questi turboelica PC-7 da 550 cavalli», riprende. «Come gli altri, devo volare nel modo più stabile possibile, così che i colleghi che mi seguono possono svolgere le figure in modo corretto e preciso».

Il volo è tutto a vista e le manovre sono manuali. La distanza in aria tra un aereo e l'altro è di appena tre, quattro metri. «E capita di dover eseguire accelerazioni fino a tre, quattro o anche cinque volte il mio peso corporeo, a una velocità fino a 500 chilometri orari. È come andare in macchina in autostrada e mettersi paralleli a un altro veicolo. Correndo a 120 chilometri orari e mantenendo la distanza costante di un metro. Senza possibilità di frenare, perché in aereo non c'è un pedale che permette di fermarci come siamo abituati al volante».

Il pilota ammette che si suda parecchio. «Soprattutto per me, che sono all'inizio. Il lavoro richiede tanta concentrazione, molta pazienza, dedizione e soprattutto allenamento». La pattuglia acrobatica, chiamata più volte all'anno in occasione delle varie fiere dedicate al mondo dell'aviazione, è un fiore all'occhiello per la Svizzera. «Uno degli scopi è quello di mostrare le nostre capacità, anche all'estero. Siamo come degli ambasciatori dell'aria», conclude Chinotti, che è ormai pronto per accendere i motori. In pochi minuti, la squadriglia è tra le nuvole a compiere le sue evoluzioni. 

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