Il caso

Ma il presidente francese ha troppi poteri?

Mentre la Francia si prepara al ballottaggio fra Le Pen e Macron i critici alzano la voce: «Basta con la monarchia costituzionale»
© KEYSTONE (Ludovic Marin, AP)
Marcello Pelizzari
21.04.2022 09:58

Il presidente francese ha troppi poteri e, di riflesso, è troppo potente? La domanda è lecita, sebbene parliamo di una carica democraticamente eletta. La risposta, beh, si legge fra le pieghe della costituzione, evolutasi negli ultimi cinquant’anni. Forse, sarebbe meglio parlare di super presidente. In fondo, si tratta di qualcuno che presiede la Repubblica e, ancora, che controlla il governo, il parlamento e la Corte costituzionale. I critici, da tempo, invocano cambiamenti e, soprattutto, un maggior equilibrio fra le istituzioni. Una seconda domanda, a tratti inquietante, si affaccia all’orizzonte: se il presidente francese ha, per legge, molti più poteri rispetto a qualsiasi altro presidente in Europa, che cosa succederebbe se all’Eliseo arrivasse la persona sbagliata?

La mossa di de Gaulle

L’attuale costituzione risale al 1958, quando Charles de Gaulle formò una nuova Repubblica in seguito alla crisi algerina. La Quinta, che sostituì la traballante e pericolante Quarta. Un leader forte per trascinare la Francia, sull’orlo di una guerra civile, verso un futuro meno turbolento. Un leader con svariati poteri, appunto. Al di sopra delle parti e dei partiti, neutrale, senza limiti. Almeno così immaginava e interpretava la carica proprio De Gaulle.

Il referendum del 1962

Detto della costituzione e di De Gaulle, un contributo forte, fortissimo alla situazione attuale lo hanno dato le varie modifiche successive al 1958. Come il referendum costituzionale del 1962, dedicato al «come» deve essere eletto un presidente. Ovvero, direttamente dal popolo e non dai politici. Il referendum, per la cronaca, passò con il 62%.

La mossa, secondo gli esperti, con il passare degli anni ha rafforzato tanto il potere quanto la legittimità di un presidente ma, analogamente, ha pure politicizzato la carica.

Un presidente «politico»

La politicizzazione del presidente, di nuovo, fece emergere un problema. La cosiddetta coabitazione. Della serie: che succede se il presidente e il parlamento non rappresentano la stessa forza politica? Successe nel 1986, nel 1993 e nel 1997. Jacques Chirac, ad esempio, fu costretto a nominare Lionel Jospin, un socialista, quale primo ministro.

Lo stesso Chirac, nel 2000, propose di ridurre il mandato presidenziale da 7 a 5 anni. La popolazione fu chiamata a esprimersi tramite referendum: la modifica passò con il 73%. «Il presidente incarna l'interesse generale e la continuità della Repubblica» disse Chirac. «Lo sceglierete più spesso. La vostra voce, la vostra decisione avrà più importanza. Il vostro dovere democratico sarà rafforzato». L’allora presidente intercettò un sentimento diffuso, che affonda le sue radici nella Rivoluzione: la possibilità che i francesi decidano vita e morte dei loro politici.

Il referendum, tuttavia, aveva anche una valenza pratica: le elezioni presidenziali, infatti, si sarebbero tenute in tandem con le legislative con circa un mese di differenza. Tradotto: chiunque avesse vinto la presidenza, con buona probabilità avrebbe anche ottenuto la maggioranza in parlamento. Finora, almeno, è sempre andata così. Anche con Macron all’ultimo giro, cinque anni fa.

Che succederà in futuro?

Il sistema, un domani, cambierà? È giusto che poteri e decisioni, di fatto, siano nelle mani di una sola persona? Jean-Luc Mélenchon, fra gli altri, ha parlato di «monarchia costituzionale» e spinge, con forza, affinché la Francia adotti una Sesta Repubblica e di conseguenza una nuova costituzione. Altri, invece, vorrebbero tornare al 1958 e a un’elezione riservata a deputati, senatori e consiglieri locali. Con tanti saluti all’elezione tramite suffragio universale, caratterizzata dagli anni Ottanta in avanti da forti tassi di astensionismo.

Di sicuro, l’attuale sistema piace a Emmanuel Macron, il presidente uscente a caccia di un secondo mandato. Nel 2015, infatti, si era spinto in un parallelismo audace affermando che alla Francia mancava un re. A suo tempo, aveva pure fatto ampio uso di Versailles per vari eventi e incontri. Non solo, i suoi cinque anni all’Eliseo sono stati caratterizzati pure da azioni volte a indebolire il parlamento. E da una certa tendenza all’autoritarismo. Tipica dei super presidenti…

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