Docenti sui banchi della SUPSI per la sostenibilità
Silvia sta srotolando un gomitolo di lana ai piedi di un albero. Attorno a lei, una serie di cartellini gialli: «Formica», «Muschio», «Albero»... Le scritte sono in stampatello maiuscolo. Di fianco, due ragazze stanno ragionando su come collegare un cartello a un altro, attraverso il filo. «Dobbiamo rappresentare i legami, la 'rete' tra i vari elementi», spiega la donna, che lavora per Pro Natura. Mentre le altre vicino a lei sono studentesse del Dipartimento formazione e apprendimento della SUPSI proprio qui, a Locarno, dove si formano i docenti del futuro. Ed è infatti la didattica il tema al centro di un sabato dal sapore quasi estivo, nonostante siamo verso la fine di ottobre. Questo è soltanto uno degli undici 'atelier' della quindicesima giornata dedicata allo sviluppo sostenibile, promossa da éducation21 in partenariato con, oltre alla SUPSI appunto, i due dipartimenti educazione, cultura e sport (DECS) e territorio (DT) del canton Ticino.
Lo scopo? «Avere dei futuri cittadini protagonisti del mondo. Partecipanti attivi, non solo in ottica ambientale, ma anche etica, sociale, economica...», spiega Francesca Driutti, docente delle scuole dell’infanzia di Coldrerio. I 'maestri' tornano sui banchi, insomma. Per capire le strategie migliori utili a sensibilizzare ragazze e ragazzi sul peso delle loro scelte e delle loro abitudini di consumo nei confronti del 'sistema' non solo ambientale ma anche politico.
Un mondo di connessioni
«Viviamo in un mondo sempre più globalizzato, che ci impone di comprendere quali siano le relazioni tra noi e gli altri», le fa eco Soraya Romansky, anche lei docente di scuola dell'infanzia e che al momento sta svolgendo uno stage proprio a éducation21, fondazione che – su mandato della Confederazione – sostiene l'educazione allo sviluppo sostenibile inscritta nei piani di studio della scuola dell'obbligo. La giovane, infatti, propone ai suoi 'colleghi' un altro atelier dedicato alla riflessione sulle connessioni tra vari elementi.
«Ma non si tratta di una materia in più da insegnare a scuola», precisa Luana Monti–docente in didattica della geografia alla SUPSI, sempre al Dipartimento formazione e apprendimento–e che propone un atelier dedicato al Parco del Piano. «Ha una visione multidisciplinare».
Consapevolezza
«Uno degli scopi di questa giornata è proporre, a docenti e futuri docenti, esperienze pratiche di attività che si possono svolgere nelle scuole. È un'occasione per toccare con mano proposte molto pratiche che permettono portare i temi dell'educazione allo sviluppo sostenibile nelle classi e in maniera coinvolgente», racconta sorridente Fabio Guarneri, responsabile progetti scuole di éducation21, visibilmente soddisfatto della giornata.
«Qui non si parla solo di difesa della natura», dice. «Quello che la mia generazione ha imparato erano più che altro dei gesti a favore dell'ecologia, quelli che noi chiamiamo 'ecogesti'. Chiudere il rubinetto per non sprecare acqua, riciclare i materiali... Ma questi sono solo una piccola parte dell'educazione alla sostenibilità». Che deve mostrare il panorama complessivo della realtà, in un pensiero molto più vasto.
«Chiudere il rubinetto è sì importante, ma se acquisto una maglietta di cotone devo essere consapevole che ne consumo magari molta di più di quella che sono convinto di aver 'salvato'. La produzione di una maglietta in cotone richiede un'enorme quantità d'acqua. Ecco, l'approccio è capire i retroscena per diventare cittadini in grado di compiere scelte consapevoli».
Un atto civico
Ma come si traduce un percorso didattico del genere? Driutti fa un esempio della sua esperienza: «L'anno scorso avevamo parlato delle api, nella nostra scuola dell'infanzia. Non tanto della morfologia o del comportamento, ma del ruolo nell'ambiente. A fine anno, poi, abbiamo scritto una lettera al Municipio per chiedere il permesso di realizzare un'aiuola fiorita, oltre a imporre di tagliare l'erba il meno possibile, perché fa bene all'ecosistema e al prezioso insetto impollinatore. Alla fine è stato un atto civico».
Un atto civico che porta benessere e che, si spera, sarà replicato anche dalle famiglie. E, quando i piccoli saranno cresciuti, ci si augura che se ne ricordino e che lo mantengano nel bagaglio delle conoscenze accumulate nel corso dei loro percorsi di studio.
La tecnologia
«I problemi ambientali non hanno più religione, non hanno più partiti, non hanno più ideologie – ricorda Siegfried Alberton, responsabile regionale di formazione continua alla Scuola universitaria federale per la formazione professionale –. Tutti respiriamo la stessa aria, tutti rischiamo di non respirare buona aria. Questa consapevolezza si è diffusa, si comincia a riflettere come fare in modo che tutti, grandi o piccoli che siano, possano essere responsabilizzati». Alberton, nelle proposte didattiche del suo atelier, sfrutta la tecnologia. «Dai video provocatori ai video interattivi, fino a un'esperienza di realtà virtuale... per illustrare cosa significa generare, con gesti consapevoli, grandi effetti sistemici sull'ambiente».
Secondo Alberton, le ragazze e i ragazzi di oggi sono più preparati e pronti a cogliere le nuove sfide. «Immergerci in questo mondo interconnesso era più complicato per la mia generazione e per quelle subito dopo. Ecco perché nutro una grandissima speranza in quelle giovani, molto più sensibili e con una mentalità adatta a vivere questa interconnessione, di sicuro meglio di quello che abbiamo potuto fare noi».
Equilibri (e bancarelle)
Un taglio ben diverso, invece, quello proposto da Nicolò Osterwalder, consulente didattico della Divisione scuola per le scienze naturali. «Sono partito da una storia 'agro pastorale' per presentare degli strumenti utili a gestire la complessità: che ruolo giocano i diversi attori in campo, tra loro? Ecco come si possono scoprire le interazioni tra galline, mucche, i loro prodotti... l'equilibrio dell'universo 'pascolo' regola il benessere degli animali con determinati flussi».
Osterwalder ricorda poi un altro aspetto della manifestazione. Le numerose bancarelle di varie associazioni e realtà attive nella Svizzera italiana. «Un legame virtuoso tra l'iniziativa, la realtà al di fuori della scuola e la quella scolastica». I tavoli che affollano i corridoi sono visitatissime. Dalle associazioni ai parchi, tutte offrono proposte per le scuole in classe. «Sì, spesso un 'attore esterno' può essere di grande aiuto al docente», aggiunge Guarneri. Agli albori della manifestazione, c'erano soprattutto quelle, ma di anno in anno si sono aggiunge molte altre attività didattiche.
«E pensare che alla prima edizione ci si chiedeva se l'educazione allo sviluppo sostenibile dovesse entrare nella scuola!», esclama Monti. «Ecco che qui siamo già un passo oltre...».
Riscontri positivi
«I riscontri su quanto sia apprezzato questo appuntamento arrivano dal numero di iscrizioni a corsi di formazione continua legati al tema dell'educazione dello sviluppo sostenibile. Si iscrivono persone che hanno frequentato la giornata. Vediamo anche molti studenti che partecipano a varie opzioni dedicate all'educazione allo sviluppo sostenibile. Ma è significativo il fatto che molto spesso tornino a questa giornata, che ricordo è 15 anni che ha luogo», aggiunte Monti.
Speranza per il futuro
«È un pensiero, un approccio che mi appartiene tantissimo. L'aspettativa è di arrivare a casa carica di riflessioni e di esperienze, che sto seguendo negli atelier», dice Driutti. «Sì, la speranza per il futuro è che questi temi siano sviluppati sempre di più in tutte le discipline», aggiunge Romansky.
«Sono tanti i temi presi in considerazione, come l'economia, le tecnologie, il benessere, i diritti umani... È importante poter sensibilizzare i bambini su questi collegamenti e sulle conseguenze delle nostre azioni in modo trasversale».
Perché, appunto, l'educazione allo sviluppo sostenibile non è soltanto «un articolo della legge sulla scuola che dice di dare i mezzi agli allievi per diventare cittadini consapevoli», osserva Monti. Uno sforzo per preparare le prossime generazioni a vivere e affrontare temi universali, urgenti. Temi come il riscaldamento globale, la migrazione o le questioni di genere.
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