«Sarà un accordo da uomo di affari, non certo la pace giusta»

«È altamente probabile che la pace giusta, difesa ad oltranza per quasi tre anni dai leader occidentali, venga spazzata via in poco tempo». L’analisi è di Giampiero Gramaglia, consigliere dell’Istituto Affari Internazionali di Roma. Secondo l’esperto, quella che potrebbe emergere dal tavolo negoziale promosso da Trump sarà piuttosto «una pace da uomo di affari», modellata sulle linee politiche che il presidente USA ha adottato in molte delle sue recenti uscite internazionali.
Del resto, in questa direzione si muovono anche le dichiarazioni del Segretario alla Difesa USA, Pete Hegseth, il quale proprio oggi, in ambito NATO, ha affermato che non è realistico pensare che l’Ucraina possa riconquistare i territori perduti. Dal canto suo, Zelensky ha ammesso al Guardian di essere pronto a barattare i terreni occupati dagli ucraini in Russia con quelli occupati dai russi in Ucraina. Tuttavia, Gramaglia avverte: «C’è un evidente sbilanciamento nelle dimensioni territoriali». Secondo l’esperto, Zelensky starebbe implicitamente ammettendo che sarà necessario cedere parte dei territori conquistati dai russi.
«Anche Trump già chiarito che l’Ucraina in qualche modo dovrà ripagare gli aiuti americani, stimati a circa 300-350 miliardi di dollari, e che in cambio gli Stati Uniti vorranno le terre rare presenti nel Paese. Per realizzare questo scambio, però, è necessario che il conflitto giunga al termine».
Ma come spiegare questa accelerazione repentina verso una possibile risoluzione del conflitto? In generale, Gramaglia ricorda l’impegno assunto da Trump durante la campagna elettorale di porre fine il più rapidamente possibile ai conflitti in Medio Oriente e in Ucraina. «A margine della telefonata con Putin, Trump ha tenuto a ribadire che, se fosse stato lui alla Casa Bianca, nessuna delle due guerre sarebbe mai scoppiata». Il conflitto in Medio Oriente si è concluso, almeno temporaneamente, con il suo impegno diretto a ridosso dell’insediamento. Quello in Ucraina, invece, dopo le roboanti dichiarazioni elettorali sembrava dover richiedere più tempo: «Ora, però, c’è stata un’accelerazione, come confermato dalle telefonate tra Trump e Putin da un lato, e tra Trump e Zelensky dall’altro».
Come detto, secondo Gramaglia, i fattori in gioco portano a ipotizzare una soluzione negoziale «che, pur avendo il vantaggio di porre fine al conflitto e fermare il conteggio delle vittime, non rappresenterà certamente la pace giusta tanto difesa, a volte in modo irragionevole e irrealizzabile, dai leader occidentali». Nel concreto, secondo Gramaglia, è ipotizzabile che i russi cedano alcune delle conquiste territoriali più recenti in cambio del Kursk, la regione russa attualmente occupata dall’Ucraina. Per quanto riguarda invece le quattro regioni in cui il Cremlino ha già svolto il referendum di adesione, queste rimarranno parte integrante della Russia. «I russi considerano questi territori come già acquisiti. Sarà pertanto difficile che si apra una discussione in merito». Questa posizione si allinea con le parole di Trump riguardo l’adesione dell’Ucraina alla NATO: «Rivolgendosi ai partner NATO e agli alleati europei, il presidente USA è stato chiaro: l’ingresso dell’Ucraina nella NATO è fuori discussione. E non escludo, inoltre, che anche l’adesione all’UE possa richiedere ancora più tempo».