L'evento

Sferragliante tuffo nella storia tra le foto della Centovallina

C’è tempo fino al 27 ottobre per visitare la mostra dedicata alla linea ferroviaria Locarno-Domodossola - Decine di scatti rari e d’autore esposti al museo di Intragna «per un’opera sovrumana, che impiegò 4.000 operai»
Il fotografo di Cavigliano Fredo Meyerhenn documenta un passato che non esiste più. Qui alla stazione di Trontano-Malesco; in primo piano, il curatore del museo Centovalli e Pedemonte di Intragna, Mattia Dellagana, 43 anni
Jona Mantovan
30.08.2024 06:00

Ci sarebbero voluti un paio d’anni per completare la linea ferroviaria tra Locarno e Domodossola, nella visione dell’allora sindaco di Locarno Francesco Balli ormai risalente al 1898. E, in effetti, una volta ottenuto il benestare del mondo politico, i lavori erano partiti bene. Poi, però, è arrivata la prima guerra mondiale (1914-1918) oltre al fallimento della Banca franco-americana che finanziava l’operazione. Niente più acciaio, dinamite e operai, impegnati in azioni ben più drammatiche. Bisognerà attendere la fine del conflitto per una ripartenza in grande stile: «Oltre 4.000 lavoratori furono impiegati nel corso di un decennio per quest’opera sovrumana la quale, a un secolo dalla sua inaugurazione, è ancora sotto gli occhi di tutti», racconta al Corriere del Ticino Mattia Dellagana, curatore della mostra dedicata alla Centovallina in corso fino al 27 ottobre a Intragna, al Museo regionale delle Centovalli e del Pedemonte.

Avventura positiva per le valli

Attraverso quattro sale, un tuffo «sferragliante» nella storia è garantito anche grazie alle decine di fotografie ad altissima qualità, tra immagini rare e d’autore. «L’arrivo di queste migliaia di costruttori ha avuto un impatto significativo sulla realtà locale, considerando che il territorio delle Centovalli contava circa 2.400 abitanti e la Val Vigezzo 6.000», evidenzia ancora il nostro interlocutore.

«Uno sconvolgimento, per certi versi, di una quiete regnante da secoli. Tuttavia, la costruzione ha rappresentato anche un’opportunità per la comunità locale. Agli operai serviva alloggio, cibo e altri beni, il che ha portato a un’avventura estremamente positiva e arricchente sotto molti punti di vista per gli abitanti dei villaggi», aggiunge il 43.enne, che sottolinea come raccontare un lasso di tempo così esteso nelle quattro sale di una mostra temporanea è impossibile.

Interessante l’idea di rivolgere l’obiettivo alle situazioni curiose accadute nelle stazioni negli anni ’80 e ’90
Mattia Dellagana, curatore, 43 anni

Il ponte che impressiona

«L’infrastruttura è il risultato di un incessante susseguirsi di vicende umane. Non solo per le innumerevoli persone che si sono dedicate al suo mantenimento, ma pure per chi negli anni l’ha usata nei propri spostamenti. Pendolari, turisti, studenti, frontalieri. Ecco dunque la scelta di concentrarsi su due tappe fondamentali. Da una parte abbiamo gli anni dei grandi cantieri, con le istantanee della sfida del genio civile alle montagne più impervie, con vertiginosi ponti, gallerie e con la posa dei binari nei tratti dove la vegetazione è più fitta».

Iconico, su tutti, lo scatto del ponte d’acciaio a Intragna, «congelato» a metà costruzione dall’alto dei suoi 77 metri (per 87 di lunghezza) fino al pelo dell’acqua del sottostante fiume Isorno (il quale si congiunge circa mezzo chilometro più a valle con la Melezza, continuando poi con questo nome fino al confine ovest della Città di Locarno, quando poi prende il nome Maggia dopo un'ulteriore congiunzione). Un’arcata di linee rette che si staglia nel controluce di un cielo pallido come un’enorme cornice al ponte romano che, con i suoi «appena» 26 metri d’altezza, appare minuscolo e quasi insignificante, nonostante il suo ruolo sia stato cruciale per secoli.

Città e campagna

Dall’altra, invece, si viaggia (in senso figurato, attraverso il tempo) fino agli anni Ottanta-Novanta. «L’obiettivo del fotografo di Cavigliano Fredo Meyerhenn (1922-1999, ndr) si concentra sulla vita delle stazioni, al contrario di quanto offre l’iconografia raffigurante il classico passaggio di convogli sui ponti dai panorami mozzafiato. A lui interessano gli aneddoti, le atmosfere. Le stazioni che diventano luoghi di vita, di lavoro e d’incontro. È interessante accostare un presente proiettato verso il ventunesimo secolo sul lato svizzero, con le nuove stazioni interrate appena realizzate stile metropolitana, al bucolico passato ancora intatto sul lato italiano e che si respira allontanandosi dalla città sul Lago Maggiore».

Come le decine di bidoni del latte caricati alla fermata Palagnedra o persino una mucca che ha tutta l’aria di non essere entusiasta di salire su un piccolo vagone merci a Trontano-Malesco.

Un successo anche tra i giovani

L’esposizione di Intragna, nel suo periodo inaugurale, ha riscosso un ottimo successo. «È stato molto piacevole vedere la partecipazione di molti giovani. Fra l’altro, gli studenti delle scuole del Locarnese hanno approfittato di una lodevole iniziativa che offriva loro un biglietto per un viaggio sulla Centovallina fino a Camedo. Molti hanno fatto tappa qui e speriamo che nelle prossime settimane altre persone faranno lo stesso».

NOTA DI REDAZIONE: È stato corretto il nome del fiume sotto il ponte della Centovallina di Intragna: Isorno e non Melezza, come riportato in una prima versione di quest'articolo. 

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