Giustizia

Assolto Mauro Brocchi

Prosciolto in Appello l'ex docente di Montagnola accusato di maltrattamenti nei confronti di alcuni allievi di terza elementare – Per la CARP non è stato possibile accertare che vi sia stato un concreto pericolo per lo sviluppo dei ragazzi – "Smontata" anche la perizia
Nico Nonella
27.01.2023 15:08

Metodi bruschi, certo. Un po’ troppo all’antica? Forse sì. Ma sta di fatto che nei confronti di alcuni suoi allievi di terza elementare non c’è stato alcun maltrattamento. Detto in giuridichese, lo sviluppo psichico dei ragazzi non è stato messo a rischio da questi suoi metodi di insegnamento. O, almeno, non ve ne sono le prove agli atti.

Dopo oltre otto anni

Dopo un iter giudiziario lungo quasi otto anni e mezzo Mauro Brocchi, l’ex docente delle Elementari di Montagnola, è stato assolto dall’accusa di violazione del dovere di assistenza o di educazione. Al 66.enne, già sindaco di Montagnola, erano stati contestati diversi episodi avvenuti tra il settembre e l’ottobre del 2014, ossia l’aver colpito con un righello due allievi, l’aver legato con uno spago alle sedie tre bimbe e l’aver sferrato un calcio a una sedia, facendo cadere un alunno. In Pretura penale, il 14 ottobre 2019, Brocchi era stato condannato a una pena sospesa di 60 aliquote giornaliere da 190 franchi, più una multa di 2.000 franchi. Lui, docente come detto “all’antica” e con metodi un po’ bruschi, aveva sempre respinto le accuse, affermando che tali episodi sarebbero avvenuti in un «contesto ludico o educativo». Lo scorso 10 novembre il caso era quindi approdato in Appello.

«Smontata» la perizia

In buona sostanza, la Corte di Appello e revisione penale, presieduta dal giudice Angelo Olgiati (a latere Ilario Bernasconi e Chiarella Rei-Ferrari) ha prosciolto l’ex docente - difeso dagli avvocati Luisa Polli e Yasar Ravi - sulla base di tre motivi. Primo: non è stato possibile accertare che vi sia stato un concreto pericolo per lo sviluppo psichico degli allievi, come invece esige la norma di legge. Secondo: la perizia su cui si basava l’impianto accusatorio «ha tenuto conto anche di avvenimenti antecedenti ai fatti contestati e si è pure fondata su fatti in realtà mai dimostrati». Terzo: non è stato possibile interpretare in modo restrittivo il reato contestato all’ex maestro (ovvero, avrebbero dovuto esserci segni fisici o psichici sui ragazzi).

Un caso complesso

Il caso si era da subito rivelato molto complesso (sono addirittura tre i procuratori che se ne erano occupati, con l’incarto che era stato ereditato in ultima battuta dalla pp Petra Canonica Alexakis). Dopo un primo processo in Pretura penale nel settembre 2017, l’incarto era stato rinviato al Ministero pubblico per approfondimenti. In particolare, il giudice Siro Quadri aveva rimarcato la mancanza di un contraddittorio. Il caso era tornato in aula due anni più tardi e, nel motivare la sentenza, Quadri aveva ammesso la complessità del caso, anche per la mancanza di giurisprudenza per un reato relativamente nuovo. Per ritornare in aula, come detto, ci erano voluti due anni. E il resto, come si suol dire, è storia.

Il dibattimento

Il caso era poi approdato in Appello, dove i legali dell’ex docente avevano puntato il dito contro quella che è stata definita «una campagna mediatica virulenta e denigratoria». I gesti dell’ex docente «sono stati travisati ed estrapolati dal loro contesto. L’inchiesta, poi, è stata portata avanti in maniera unidirezionale e i genitori che difendevano il suo operato non sono neppure stati interrogati». In buona sostanza, la tesi della difesa è che i fatti contestati sarebbero stati ingigantiti, in particolare da un genitore particolarmente risentito per l’episodio della caduta dalla sedia. «Questa persona – aveva affermato Polli – non è credibile: in sede di inchiesta ha rilasciato dichiarazioni contraddittorie e non sempre veritiere con l’intento di calcare la mano». Dal canto suo, la rappresentante degli accusatori privati – l’avvocato Isabel Schweri – aveva argomentato che l’imputato «banalizza i modi usati e sminuisce gli episodi. Basa tutta la sua difesa sulla sua intenzione di non fare male e quando non può negare certe situazioni, ecco che diventano un semplice gioco». Di qui la richiesta di conferma della condanna di primo grado e un risarcimento simbolico di un franco. Per la cronaca, le spese e gli oneri legali degli accusatori privati sono stati posti a carico dello stesso Brocchi, al quale non è peraltro stato riconosciuto alcun torto morale.

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