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Autogestione fuori da Lugano: due fronti in Commissione

Passi avanti in «Sanità e sicurezza sociale» sulla mozione Galeazzi che chiede un maggior coinvolgimento del Cantone – Pronto un rapporto favorevole di Fabio Schnellmann (PLR) – Ne verrà preparato anche uno contrario
© CdT/Chiara Zocchetti
Nico Nonella
14.03.2024 06:00

Nella complessa galassia dei rapporti tra la Città e il Cantone, ci sono diversi dossier ancora aperti e per i quali una soluzione è tutt’altro che scontata. Tra questi, quelli della perequazione finanziaria intercomunale, dei contributi al Cantone e del moltiplicatore differenziato. Ve ne è però un altro, seppur d’importanza e portata minore, che da dodici anni attende una risposta: il ruolo di Palazzo delle Orsoline nella questione dell’autogestione. Oltre due lustri fa, la politica luganese ha formulato una richiesta al Governo: aiutateci a trovare una soluzione (principalmente, una sede) anche al di fuori dei confini cittadini. Dal 2012 a oggi ci sono stati atti parlamentari depositati e poi ritirati, mozioni, discussioni commissionali e un parere del consiglio di Stato; mancava però l’ultimo capitolo: il parere del Parlamento. Ebbene, qualcosa si è sbloccato e il plenum potrebbe discuterne già nel corso della prossima sessione di Gran Consiglio. In agenda il giorno dopo le elezioni comunali.

Due fronti

Stando a nostre informazioni, in Commissione sanità e sicurezza sociale è prossima la firma di due rapporti sulla mozione datata giugno 2021 del deputato UDC e municipale luganese Tiziano Galeazzi. Un atto parlamentare, con alle spalle un percorso travagliato (come vedremo più avanti), in cui si chiede al Consiglio di Stato di avere un ruolo attivo nella ricerca di «un’alternativa di localizzazione» che non sia per forza a Lugano. Sul tavolo c’è un rapporto favorevole, già pronto, del deputato liberale radicale Fabio Schnellman, e uno contrario che si allinea a quanto ribadito dallo stesso Consiglio di Stato nell’agosto 2021: «L’autogestione è un fenomeno luganese che non si può cantonalizzare». Insomma, un «niet» all’opzione di far capo a stabili di proprietà del Cantone (anche) al di fuori della città. A sostenere quest’ultima posizione, sarebbero soprattutto deputati sopracenerini. E non sono escluse sorprese. In ogni caso, l’obiettivo è arrivare a discuterne il più presto possibile e chiudere così la questione. «Le discussioni sono ben avviate e la volontà è quella di arrivare in Gran Consiglio nella sessione di aprile», dice al Corriere del Ticino il presidente della Commissione sanità e sicurezza sociale, Claudio Isabella (Il Centro). «Un rapporto è già stato preparato e tra i deputati contrari va ancora definito il secondo relatore».

Se ne parla da 12 anni

La richiesta luganese di un maggior coinvolgimento del Cantone – che nel 2021 aveva rinnovato il contributo annuo di 50 mila franchi a sostegno delle spese logistiche del Comune di Lugano per la sede del CSOA per il periodo 2021-2024 (versamento non più corrisposto dopo l’abbattimento del Molino, ndr) – ha radici lontane nel tempo. Era il 2012 quando gli allora deputati Schnellmann, Roberto Badaracco (PLR) e Gianrico Corti (PS), in una mozione, chiedevano un intervento più deciso da parte di Bellinzona nella ricerca di edifici da adibire a centro sociale autogestito cantonale. L’atto parlamentare era rimasto nel cassetto per quasi dieci anni e approdato sul tavolo della Commissione sanità e sicurezza sociale nel marzo del 2021, pochi giorni dopo la manifestazione alla stazione FFS di Lugano. Dopo quasi un mese e mezzo di discussioni si era arrivati alla firma di un rapporto – relatori i luganesi Galeazzi e Raoul Ghisletta (PS) – che invitava l’Esecutivo a individuare degli spazi di proprietà del Cantone, estendendo la ricerca a tutto il territorio ticinese. Ma l’atteso dibattito in Parlamento, alla fine, non c’era stato: a metà giugno, Schnellmann e cofirmatari avevano deciso di ritirare la mozione dopo che il Cantone aveva assicurato che si sarebbe adoperato per cercare un mediatore, un interlocutore all’interno dello CSOA e una sede alternativa. Uno sviluppo che aveva spinto Galeazzi a presentare una mozione in cui chiedeva al Consiglio di Stato «un’alternativa di localizzazione» che non sia per forza a Lugano. Ma su quest’ultimo punto il Governo era stato chiaro: nel prendere posizione sull’atto parlamentare, nell’estate 2021, l’Esecutivo aveva ribadito che l’autogestione «è un’esperienza localizzata sul territorio, che si è sviluppata a Lugano o quantomeno nel Luganese per scelta delle persone promotrici di quell’aggregazione sociale».

Gli ultimi sviluppi

Il resto è storia relativamente recente: il dossier era stato congelato dopo la demolizione dell’ex Macello fino alla scorsa estate, quando in Commissione sanità era stato designato un relatore, il leghista Stefano Tonini, incaricato di redigere un rapporto (da quanto avevamo potuto appurare, contrario alla mozione). Tonini, subentrato in Municipio a Chiasso lo scorso 7 novembre a Roberta Pantani, aveva in seguito lasciato la Commissione e a dicembre la finestra di dialogo tra Città e autogestiti si era chiusa. Ed eccoci ora all’ultimo sviluppo: due rapporti, con posizioni politiche divergenti, che si apprestano a far (finalmente) dibattere il Parlamento.

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