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C’è l’intesa sul preventivo, con qualche paletto al Governo

Il fronte borghese ha dato via libera ai conti dello Stato, ponendo però alcune condizioni: se il deficit di 80 milioni sarà superato l’Esecutivo dovrà presentare «misure di riequilibrio della spesa» - Prevista anche un’analisi esterna delle uscite dello Stato - Grande disappunto a sinistra
©Gabriele Putzu

Il «tira e molla» sul Preventivo 2023 è terminato. Dopo settimane di discussioni (a tratti parecchio accese), il fronte borghese ha trovato un compromesso. Malgrado alcune differenze di vedute, PLR, Lega e Centro/PPD (e questa volta pure l’UDC, che solitamente non approva i preventivi) hanno trovato un’intesa che in Parlamento, a metà dicembre, permetterà di dare il via libera ai conti dello Stato del prossimo anno.

Che cosa prevede l'intesa

L’intesa sottoscritta stamane dalla maggioranza della Commissione gestione e finanze, poggia su tre pilastri.

In primis, la maggioranza rinuncia a ritoccare le cifre del preventivo presentate dal Governo (ossia il deficit di 79,5 milioni di franchi). Un deficit criticato sin da subito dai partiti poiché, alla luce dei risultati della BNS, è verosimile che il disavanzo sarà più importante. Tuttavia – citiamo dal rapporto commissionale –, «preso atto del periodo di incertezza in termini geopolitici e della volatilità dei mercati finanziari», la maggioranza ha rinunciato a modificare il documento del Governo.

In secondo luogo, il compromesso prevede di lanciare un segnale preciso all’indirizzo del Consiglio di Stato. La Commissione mette nero su bianco che, qualora i dividendi della BNS dovessero mancare, il Governo dovrà darne «immediata comunicazione alla Commissione», con una valutazione dell’impatto sul risultato d’esercizio «ed esponendo eventuali misure di riequilibrio, ritenuto che di principio il disavanzo massimo ammonta a 80 milioni».

Detto in poche parole: se non arriveranno i soldi dalla BNS, l’Esecutivo dovrà ben presto iniziare a indicare una rotta su dove e come tagliare la spesa pubblica. E nel medesimo decreto è pure precisato che il Governo, al più tardi con le presentazione del Preventivo 2024, dovrà sottoporre al Parlamento «un piano d’azione» che preveda un disavanzo massimo di 40 milioni nel 2024 e l’equilibrio di bilancio entro la fine del 2025. Insomma, viene messo per iscritto il rispetto del «decreto Morisoli» approvato in votazione popolare il 15 maggio scorso.

Il terzo pilastro riguarda infine un altro paletto che il Governo dovrà rispettare: un’analisi della spesa pubblica tramite un audit esterno che avverrà in due fasi: la prima, «da portare a termine entro il 30 giugno 2023», prevede che il Governo «incarichi un ente esterno e indipendente di svolgere un confronto della spesa pubblica del Cantone con altri Cantoni». La seconda fase, più approfondita e «da impostare sulla base del citato confronto intercantonale», prevede che il Governo sottoponga alla Gestione, sempre entro il 30 giugno 2023, «una proposta di analisi della spesa pubblica da affidare a uno o più enti esterni e indipendenti» così da «avviare quanto prima» il «cantiere di revisione della spesa».

La soddisfazione del fronte borghese

Soddisfazione per il compromesso viene espressa dal presidente della Gestione, Fiorenzo Dadò (il Centro/PPD): «Penso che oggi si possa essere soddisfatti del risultato raggiunto, tenuto conto che il vero lavoro di rientro della spesa, come chiesto dalla popolazione con il voto del 15 maggio, andrà fatto nei prossimi anni».

Soddisfatto pure il deputato della Lega Michele Guerra. «Sì, perché si è deciso, su nostra spinta, di rifare quanto fatto nel Preventivo 2016. Eravamo in dissesto finanziario e fu allora sufficiente imporre a decreto un obbligo fatto al Governo di risanare i conti, per passare in tre anni da una situazione grave a finanze pienamente risanate. Oggi vale lo stesso. E con la modifica del decreto ottenuta oggi (in parte ripresa dal 2016), si obbliga il Governo a risanare i conti rispettando il piano di rientro concordato, imponendo di iniziare fin da subito a tirare la cinghia lavorando sugli eccessi di spesa. Senza, però, tagli draconiani o licenziamenti, e spalmando lo sforzo sulla spesa annua di 4 miliardi».

Il compromesso raggiunto rappresenta un risultato più che positivo anche per il PLR. «Per noi era essenziale arrivare in aula a dicembre con il Preventivo e ci siamo riusciti. Ma non solo. Abbiamo trovato una convergenza con Lega, Centro e UDC, potendo quindi contare su una maggioranza solida: è un passo avanti importante», rimarca dal canto suo la capogruppo Alessandra Gianella. Quello arrivato dalla Gestione – evidenzia poi la capogruppo – è comunque un via libera condizionato: «Poniamo precisi paletti al Governo. Quando le cifre saranno definitive, ad aprile, vogliamo che ci venga presentato un piano che consenta di arrivare nel 2024 con un disavanzo di 40 milioni per poi raggiungere il pareggio dei conti nel 2025».

E anche il capogruppo del Centro/PPD, Maurizio Agustoni, è contento del risultato raggiunto: «Per noi era importante dare avvio al cantiere della verifica della spesa pubblica. Il fatto che attorno a questa nostra proposta si sia coalizzata un’ampia maggioranza è incoraggiante».

Una firma al rapporto del preventivo quasi «storica» è invece arrivata dall’UDC. «È la prima volta in tanti anni che anche noi firmiamo il preventivo», commenta il deputato Paolo Pamini. «Ma intendiamoci, questo preventivo non ci soddisfa. Però l’abbiamo votato perché gli altri partiti hanno accettato la nostra richiesta, per noi determinante: ossia che l’anno prossimo il deficit massimo non superi gli 80 milioni. E per noi è importante perché il 15 maggio abbiamo ricevuto un mandato popolare, con il voto sul decreto Morisoli. Questa è per noi la stella polare su cui lavorare».

Grande disappunto a sinistra

Grande disappunto per quanto proposto dal fronte borghese, va da sé, viene invece espresso dal capogruppo del PS Ivo Durisch: «No, non approveremo questo preventivo che non presenta nessuna proposta per aiutare chi è in difficoltà e le famiglie. Abbiamo fatto delle proposte concrete (come il riconoscimento di un rincaro maggiorato per chi beneficia di sussidi oppure la sospensione del meccanismo sul freno al disavanzo per evitare tagli alla spesa il prossimo anno), ma il fronte borghese, fermo sulla sue posizioni puramente ideologiche, non ha voluto saperne. E ora, con l’indicazione che il disavanzo di 80 milioni non potrà essere superato, quando non arriveranno i soldi della BNS, la destra sarà pronta a fare tagli alla spesa».

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