Centro al Suu, bivio sociale: quali giovani accogliere?
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«Il Cantone acquisti il Centro al Suu di Bombinasco». La richiesta, contenuta anche in una mozione inoltrata al Consiglio di Stato, è stata ribadita anche in una raccolta delle firme lanciata venerdì dal deputato e sindaco di Alto Malcantone Giovanni Berardi, dall’educatore in formazione Christian Hochstarsser e dal coordinatore dell’associazione Prometheus Roberto Ghiazza.
Il prezzo: un milione
Come da noi anticipato lo scorso 4 aprile, il Centro al Suu – dove si svolgeva l’attività dell’Associazione Vivere Insieme – è ormai chiuso da giugno a causa di difficoltà finanziarie tali da non riuscire a garantirne il futuro. Un epilogo amaro per la quindicina di collaboratori, i quali avevano perso il posto, e per gli ospiti, una decina di adulti con disagi psichici o mentali leggeri che beneficiano di una rendita d’invalidità.
A manifestare interesse per la struttura, negli scorsi mesi, erano stati sia la Croce Rossa Sezione Sottoceneri, intenzionata ad installarvi un centro di accoglienza per rifugiati minorenni non accompagnati, sia un gruppo di ex dipendenti unito alla Fondazione Prometheus, che intende promuovere un progetto per giovani con difficoltà psicosociali. Dallo scorso giugno sono in corso trattative con le proprietarie dell’immobile, le suore della Seraphisches Liebeswerk di Soletta (SLS), disposte a cederlo, per un milione di franchi (trattabili, a fronte di un valore attorno ai 3-6 milioni) a chiunque intenda portare avanti un’attività in linea con il loro spirito sociale. Lo scorso 18 settembre, la SLS ha informato i promotori del progetto Prometheus di privilegiare la cessione alla Croce Rossa. A pesare, si legge nella missiva inviata dalle suore francescane, è in particolare il fatto che il progetto della Croce Rossa è più avviato e l’incertezza sulla sostenibilità finanziaria di quello destinato ai giovani con disagio psicosociale (anche se quest’ultimo è stato molto ben accolto dalla SLS).
Come reagiranno i residenti?
Di qui, dunque, l’appello al Cantone. Per evitare una speculazione edilizia, ha affermato Berardi, ma anche alla luce delle incertezze sull’accettazione da parte della popolazione locale di una struttura per migranti. Ma non solo: «In Ticino manca una struttura per giovani con questo tipo di disagio», ha sottolineato Hochstrasser. «Ogni anno ne vengono collocati 30-40 fuori cantone (per esempio a Genova). Quando terminano il loro percorso, questi ragazzi tornano in Ticino con una formazione maturata Oltralpe o addirittura senza un attestato svizzero e si ritrovano ai pedi della scala. Con il rischio concreto di finire in assistenza».
Quel che è certo è che il tempo stringe: il Cantone deve ancora prendere posizione sulla mozione e la stessa petizione richiederà almeno un mese per raccogliere un numero soddisfacente di firme. Le alternative sul tavolo? Poche. Come confermatoci da Berardi, un coinvolgimento di uno o più comuni della zona è problematico in primis visto l’iter aggregativo in corso e che dovrebbe portare alla nascita del nuovo Comune di Lema.
La lettera aperta
E sempre ieri, in una lettera aperta il già collaboratore dell’associazione Vivere insieme, Daniele Ryser, ha invocato un incontro urgente tra due rappresentanti del Governo, cinque per i Municipi di Astano, Bedigliora, Curio, Miglieglia e Novaggio, il presidente della Croce Rossa e il gruppo promotore dell’iniziativa a favore dei giovani con disagio psicosociale. La proposta? Arrivare a una soluzione «mista» che includa entrambi i progetti.