Da un inghippo all’altro, un po’ (più) di chiarezza sui 13 docenti

Il tema ha fatto parecchio discutere nelle ultime settimane e lo farà anche lunedì prossimo, quando in Gran Consiglio la direttrice del DECS risponderà alle interpellanze depositate da Centro, MpS e PLR. Nel frattempo, però, una prima risposta da parte del Governo è giunta al deputato Maurizio Canetta (PS), che il 17 marzo con un’interrogazione aveva posto alcuni quesiti all’Esecutivo sul caso dei 13 docenti d’italiano in formazione che, almeno per il momento, non avranno uno sbocco professionale. Una risposta lunga ben otto pagine (qui trovate il documento completo) che permette di fare un po’ più di chiarezza sulla vicenda.
Calcoli per eccesso
Chiarezza che viene fatta, in primis, sui calcoli che hanno portato all’errata previsione del fabbisogno di docenti. Il Governo spiega che nel caso specifico il fabbisogno «è stato calcolato sulla base dei pensionamenti previsti, delle ore coperte con incarichi limitati e dell’evoluzione del numero di sezioni stimata dalle direzioni delle scuole medie superiori (SMS)». Cifre alla mano, si prevedeva che le ore liberate dai pensionamenti sarebbero state 51 nel 2024, 17 nel 2025, 24 nel 2026, a cui ne sarebbero seguite altre nei 4-5 anni successivi. Nel complesso è stato quindi indicato un fabbisogno di 92 ore d’insegnamento settimanali cumulato sull’arco di tre anni. «In fase di assunzione presso il Cantone – si legge nella risposta –, per prassi nelle SMS sono solitamente inizialmente attribuite circa 12 ore a candidato, equivalente a un impiego al 50% (...). È legittimo chiedersi se sia preferibile assegnare più ore a meno docenti neoabilitati oppure se consentire di accedere al sistema a un numero più elevato di docenti neoabilitati assegnando loro un pacchetto di ore più esiguo, come è attualmente la prassi. Fatto sta che, applicando la prassi attuale, il numero teorico di abilitandi ritenuti necessari (...) ammontava a 7,66». Ma, aggiunge l’Esecutivo, «tenuto conto del rischio di possibili abbandoni o insuccessi (...), come pure del possibile ulteriore fabbisogno di docenti per i 4-5 anni successivi, il DECS ha indicato al DFA un fabbisogno di 10 docenti». Tuttavia – e qui si è creato un altro inghippo – «al momento delle prove di selezione, 4 candidati si sono classificati a pari merito al decimo posto». E quindi il DFA, «competente per la decisione», tenendo a sua volta conto di «un possibile rischio di insuccessi o abbandoni», ha deciso «di ammettere tutte queste persone», portando così il totale a 13 persone ammesse. Tutto ciò, come sappiamo, mentre «sin dai primi giorni seguenti l’apertura delle iscrizioni (...) i direttori delle SMS hanno assistito a un inaspettato calo di iscritti», quantificato in 5 sezioni (a settembre 2024), «che per una materia come italiano, insegnata 4-5 ore settimanali in ogni classe, corrisponde a una diminuzione del fabbisogno docente pari a quasi un tempo pieno (dunque a due docenti al 50%)». Oltre a ciò, «un ulteriore elemento che ha contribuito marginalmente» alla situazione riguarda l’attribuzione di più ore ad alcuni docenti con doppio Diploma in latino/greco e italiano. Più in generale, poi, il Governo osserva che le previsioni, effettuate con più di due anni di anticipo, «sono complesse e condizionate da molteplici variabili solo in parte prevedibili».
Un’autocritica dell’Esecutivo giunge poi sul fronte della comunicazione. «Si riconosce che la mancata assegnazione di ore di incarico limitato agli studenti (...) all’inizio dell’anno accademico 2024/2025 avrebbe dovuto portare DECS e DFA/ASP a informare ufficialmente appena possibile gli studenti». Per il Governo, dunque, «l’aspetto comunicativo andrà ripensato» e «l’informazione nei confronti dei docenti in formazione dovrà essere più chiara e tempestiva, ciò che si prevede di fare anche grazie all’Osservatorio docenti che è stato istituito». Un osservatorio, in estrema sintesi, che dovrebbe permettere un «monitoraggio permanente» del fabbisogno.
Un capitolo della risposta viene poi dedicato – più in generale e al di là del caso dei 13 docenti, – ai malumori registrati attorno al DFA. «Il Consiglio di Stato è consapevole che, come del resto emerso anche pubblicamente nelle scorse settimane, vi sono voci critiche riguardanti il DFA, sia legate al caso specifico» che «alla struttura e all’organizzazione dell’offerta formativa». E in questo senso, aggiunge, «se da un lato è inevitabile che un sistema complesso che negli anni ha coinvolto migliaia di persone e che ogni anno esclude dalle formazioni a numero chiuso decine di persone possa generare alcune critiche e malumori, dall’altro è importante non sottovalutare questi segnali, ma prenderli sul serio e farne tesoro, allo scopo di meglio comprendere cosa di preciso genera malessere, individuando modalità per migliorare ulteriormente il sistema».
E ora?
A questo punto, dunque, che cosa farà il Governo? In primis viene ricordato che DECS e DFA continueranno a confrontarsi anche in futuro sulle criticità «in ottica di assicurare un miglioramento continuo». E in tal senso viene pure ricordata l’istituzione, a dicembre 2024, del già citato Osservatorio docenti. Detto ciò, tenuto conto dei malumori attorno all’offerta del DFA, viene spiegato che il DECS «condurrà un gruppo di lavoro incaricato di approfondire le attuali modalità di formazione dei docenti con l’obiettivo di: analizzare i modelli formazione dei docenti adottati nel resto della Svizzera; confrontarli criticamente con i percorsi di abilitazione attualmente offerti da DFA e SUFFP, identificando punti di forza e debolezze; sulla base degli elementi raccolti e dei vincoli esistenti, formulare proposte concrete di modifica dei modelli attuali o modelli di abilitazione alternativi».
Servirà tempo
Da noi contattato, Canetta si dice «soddisfatto dalle risposte, poiché esaustive e con motivazioni comprensibili sul cortocircuito creatosi per i 13 docenti». Anche se, aggiunge, «evidentemente resta qualche dubbio sulla qualità delle previsioni, in particolare visto che si ‘giocano’ sul destino di persone». Un altro elemento positivo riguarda «l’autocritica sulla comunicazione: un’ammissione di processi da verificare e migliorare». Poi, più in generale, «un aspetto centrale riguarda il disagio e malumore che è stato espresso chiaramente da diverse persone». In questo senso «la risposta del Governo mostra che c’è coscienza che il tema è da affrontare sia dal DECS che dal DFA». In ogni caso, chiosa Canetta, «sarà un tema che ci occuperà ancora diverso tempo: non sarà possibile risolvere tutto in poche settimane o mesi».