Ecco la replica dell’UDC: «Ma Zali non ha le carte»

È ormai sempre più frontale lo scontro tra il consigliere di Stato Claudio Zali e l’UDC in vista di un eventuale accordo tra la Lega dei ticinesi e i democentristi per la prossima tornata elettorale. Dopo le dichiarazioni del direttore del Dipartimento del territorio a La domenica del Corriere e quelle di Bignasca e Caverzasio che hanno difeso il loro «ministro» sulle colonne del CdT, oggi la replica è tutta targata UDC. E i deputati Paolo Pamini e Alain Bühler, come vedremo, non le mandano a dire. Non tanto ai «cugini» di via Monte Boglia, quanto proprio al diretto interessato, Claudio Zali.
Una lunga lista
«In passato UDC e Lega hanno fatto tante lotte assieme, dimostrando che uniti si vince. E, personalmente, sono sempre stato favorevole a una unione delle forze, poiché penso che in futuro si arriverà a qualche forma di integrazione. Quindi queste tensioni non mi fanno certo piacere», è la premessa del consigliere nazionale Paolo Pamini. «Ma, per dirla con le parole di Trump (ndr. il riferimento va al famoso colloquio alla Casa Bianca con il presidente ucraino Zelensky), Claudio Zali non ha le carte per comportarsi così: le sue affermazioni sono in contrasto con i numeri; senza l’apporto di voti dall’UDC non sarebbe al Governo. E a noi dà un po’ fastidio questa mancanza di riconoscenza». Certo, concede Pamini, «siamo coscienti che se l’UDC corresse da sola l’elezione non sarebbe scontata. Quindi, nell’interesse dell’elettore liberalconservatore dovremmo correre assieme». Ma, appunto, a questo punto il problema sono le politiche portate avanti dal consigliere di Stato leghista. «Non è una questione personale, anzi – prosegue Pamini –. Ci atteniamo ai fatti e c’è una lunga lista di cose che non fanno bene: dalla circonvallazione Agno-Bioggio, i cui costi sono triplicati, alla rete tram treno, la cui realizzazione oggi è in discussione, passando per la creazione dell’ufficio per la decarbonizzazione e quello per l’educazione ambientale, senza dimenticare il tema del lupo (difeso più degli agricoltori) o quello della tassa di collegamento, solo per citare qualche esempio». Insomma, evidenzia Pamini, «Zali non è di certo un politico democentrista, ma di fronte a queste politiche viene da chiedersi se sia perlomeno un politico leghista. Non mi si dica che l’elettorato leghista fa i salti di gioia per la creazione dell’ufficio per l’educazione ambientale...». Per il consigliere nazionale, dunque, la questione è prettamente politica: «Noi abbiamo un chiaro mandato dai nostri elettori e ci domandiamo: lo rispetteremmo se sosteniamo Zali che fa politiche dei Verdi?». Dunque, la presenza in lista di Zali resta una linea rossa? «Ripeto: non fare l’alleanza sarebbe sciocco, perché uniti si vince. Ma Zali non ha le carte per farsi rieleggere senza l’UDC. A lui non piace l’UDC. A noi non piace lui. Ne tragga le conseguenze. È lui che deve spiegare perché è leghista e perché gli elettori democentristi dovrebbero votarlo».
«Sì, abbiamo un problema»
Stessa linea anche per il granconsigliere Alain Bühler, che mette l’accento sui valori: «L’alleanza è sicuramente importante per l’area di destra ticinese e i valori che difende. Ma è oggi ovvio che Zali si scontra con questi valori, che lui stesso ha ammesso di non condividere. E lo ha dimostrato nei fatti: la stragrande maggioranza delle politiche che ha portato avanti con il dipartimento che dirige sono allineate soprattutto con i Verdi. Un esempio è rappresentato dal piano energetico e climatico cantonale, un documento intriso di ideologie e speranze ambientaliste. Ecco, aggiunge Bühler, «sicuramente abbiamo delle difficoltà ad accettare sulla lista comune un consigliere di Stato che va più d’accordo con Samantha Bourgoin (ndr. la co-coordinatrice dei Verdi) che con Sergio Morisoli. E difficilmente lo accetterebbero i ticinesi che ci sostengono. Quindi sì, abbiamo un problema» poiché «da chi si candida sulla lista UDC-Lega è lecito esigere che sostenga gli obiettivi e le battaglie comuni all’interno della destra ticinese». La sua candidatura, dunque, resta una linea rossa? «Direi una grossa pietra d’inciampo. Un accordo e una lista comune sono sicuramente importanti, ma non indispensabili. Politicamente sarà estremamente difficile accettare e far accettare alla nostra base un accordo con lui presente, sapendo quali posizioni ha nei confronti del nostro partito e delle battaglie che portiamo avanti. Loro parlano di ‘diktat’, per noi significa semplicemente dire apertamente la verità. Il vero diktat sarebbe accettare tutto in silenzio per amor di poltrona. Noi non ci stiamo».