Il doppio moltiplicatore dovrà attendere 5 anni
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Dopo un lungo braccio di ferro, alla fine la minoranza è diventata una solida maggioranza. Ossia: il Gran Consiglio – con 47 voti a 31 – ha preferito la via della prudenza, approvando una moratoria di cinque anni per il moltiplicatore differenziato tra le persone fisiche e quelle giuridiche. Lo strumento che in teoria avrebbe dovuto entrare in vigore il 1. gennaio 2025 (poiché già approvato nel 2019 dallo stesso Parlamento), in realtà lo sarà solo parzialmente: i Comuni potranno sì differenziare i due moltiplicatori, ma perlomeno per cinque anni non potranno abbassare quello delle persone giuridiche (le imprese) al di sotto di quello delle persone fisiche (i cittadini). E questo, in sintesi, per evitare un ulteriore elemento di concorrenza (e dunque di incertezza) tra i Comuni stessi. Alcuni dei quali (in particolare i poli urbani, guidati dalla città di Lugano) avevano espresso dubbi e perplessità riguardo al moltiplicatore distinto poiché avrebbe potuto portare a un “fuggi fuggi” delle aziende verso i Comuni della cintura.
I due rapporti commissionali sul tavolo del Gran Consiglio, lo ricordiamo, andavano in due direzioni opposte. Da una parte la minoranza (composta da una parte del Centro, Lega, PS e Verdi) sosteneva la moratoria proposta dal Governo sulla base di un sondaggio svolto presso i Comuni, dal quale emergeva che la maggioranza era favorevole a far slittare l’entrata in vigore della misura. Dall’altra la maggioranza (formata da PLR, UDC e l’altra parte del Centro) sosteneva invece l’introduzione del moltiplicatore differenziato nella sua forma originale, ossia con la possibilità di far scendere quello delle imprese fino a 20 punti percentuali sotto quello dei cittadini. Ora, già in Commissione la maggioranza era molto risicata. E, come detto, a conti fatti in aula quella maggioranza si è trasformata in minoranza. Ad avere la meglio è stata la moratoria. E se ne riparlerà, dunque, fra cinque anni.
Il dibattito
A difendere davanti al plenum la proposta originaleè stata in primis la relatrice di maggioranza, Simona Genini (PLR), secondo cui «se è vero che il nostro federalismo è in sofferenza (...), ecco che in questo contesto dovremmo salutare con entusiasmo ogni misura che restituisce margine di manovra ai Comuni». Già, perché il moltiplicatore differenziato «dà maggiori poteri ai Municipi e ai Consigli comunali, che potranno decidere in maniera più autonoma» dove fissare il prelievo fiscale per le imprese e per i cittadini. Ma non solo. Genini ha pure sottolineato che se da una parte c’è chi teme il ‘fuggi fuggi’ delle aziende tra un Comune e l’altro, non bisogna dimenticare l’altra concorrenza fiscale, quella tra Cantoni. «Il moltiplicatore va letto quale meccanismo fondamentale per evitare la fuga verso Cantoni più competitivi». Insomma, più che temere la concorrenza tra Enti locali, bisognerebbe temere quella degli altri Cantoni. Più in generale, poi, per Genini «la moratoria è l’espressione di una politica poco coraggiosa. Che non solo evita di decidere, ma anche quando decide poi ha ripensamenti dell’ultimo minuto». E, ha infine ammonito la deputata, «rinviare la proposta non significa restare fermi, bensì retrocedere, poiché nel frattempo il mondo economico non sta fermo».
La risposta è giunta dai relatori di minoranza. Il primo dei quali, Gianluca Padlina (Centro), ha ricordato la genesi della misura approvata nel 2019 dal Gran Consiglio, che non è stata voluta «per incentivare la concorrenza, bensì per permettere ai Comuni di poter controbilanciare la perdita fiscale (ndr. dovuta all’abbassamento dell’aliquota per le persone giuridiche, che sempre dal 1. gennaio 2025 passerà dall’8% al 5,5%) senza ribaltare l’onere sulle persone fisiche». Insomma, si voleva permettere ai Comuni di eventualmente alzare il moltiplicatore delle persone giuridiche per evitare di perdere troppo gettito dalle imprese. E quindi la moratoria altro non fa che seguire gli intenti iniziali della misura. Padlina ha pure ricordato il sondaggio promosso quest’estate dal Governo nel contesto della piattaforma di dialogo tra Cantone e Comuni. «I dati sono inequivocabili: una doppia maggioranza – la maggior parte dei Comuni e della popolazione da essi rappresentata – è favorevole alla moratoria». E quindi, «non possiamo non ascoltare l’appello della maggioranza dei Comuni». L’altro relatore di minoranza, il leghista Andrea Censi, ha messo l’accento sulla posizione contraria, in particolare, dei centri urbani. «La solidità finanziaria dei grandi centri è nell’interesse di tutti. E ridurre il loro potenziale finanziario avrebbe ripercussioni dirette per tutti i ticinesi». Insomma, penalizzare le città a favore dei Comuni più piccoli sarebbe il classico «cane che si morde la coda».
A ribadire la posizione del PLR, favorevole alla proposta originale, ci ha poi pensato la deputata Roberta Passardi, secondo cui l’introduzione del moltiplicatore differenziato non avrebbe portato a «cambiamenti ingestibili» per i Comuni. E che, più in generale, la moratoria rappresenta unicamente «un alibi per poi affossare tra cinque anni quanto votato nel 2019 dal Parlamento».
A sinistra del plenum, la deputata Daria Lepori (PS) ha invece ricordato che già nel 2019 il suo partito aveva sottolineato i potenziali effetti negativi del moltiplicatore distinto. E la posizione del PS non è cambiata: i socialisti sono contrari a una misura definita «il trionfo della concorrenza fiscale locale con tutte le sue distorsioni sul piano comunale».
Sul fronte opposto, il capogruppo dell’UDC, SergioMorisoli, ha ricordato che in realtà «la moratoria c’è già stata, poiché la misura è stata votata cinque anni fa». E dunque c’era tutto il tempo per adattarsi. Ma «chi doveva fare i compiti, a vari livelli, non li ha fatti». Guardando alla sostanza della misura, Morisoli ha ribadito più volte che è stata anche la concorrenza fiscale «a fare il benessere della Svizzera». Certo, ha aggiunto, «forse il moltiplicatore differenziato non farebbe il benessere delle casse di Comuni e Cantone. Ma il benessere dei cittadini sì. E prima di tutto, per noi, c’è il potere d’acquisto dei cittadini e la competitività delle imprese».
Per gli ecologisti, invece, il deputato Marco Noi si è scagliato contro «questa politica di concorrenza sfrenata» che porta «alla disgregazione sociale».
Tra i partiti che non fanno gruppo, Avanti con T&L ha proposto tramite emendamento (poi bocciato) una via di compromesso, con la possibilità di differenziare il moltiplicatore, ma solo fino a 10 punti percentuali. Più Donne, MPS e PC hanno votato a favore della moratoria, mentre i Verdi liberali della proposta originale.
A nome del Governo, il consigliere di Stato Norman Gobbi si è espresso a favore della moratoria. Ricordando, però, che il Governo ha avanzato la proposta «un po’ controvoglia». Già, perché se da una parte ha elogiato la concorrenza quale elemento di autonomia dei Comuni, dall’altro ha ricordato il risultato del sondaggio svolto proprio presso gli Enti locali. E «proprio per rispettare il ruolo della piattaforma di dialogo tra Cantone e Comuni» ha proposto la moratoria nel messaggio.
Tutta la delusione del mondo economico
La decisione presa dal Parlamento di accogliere la moratoria di cinque anni prima di introdurre il moltiplicatore differenziato tra le persone fisiche e quelle giuridiche, ha deluso le aspettative del mondo economico ticinese. Settimana scorsa, tramite un comunicato congiunto della Camera di Commercio (Cc-Ti) e dell’Associazione industrie ticinesi (AITI), il settore aveva esposto tutte le criticità legate a un rinvio. Criticità che, alla luce di quanto accaduto in aula, ora si faranno concrete secondo le due organizzazioni. Non a caso Andrea Gehri, presidente della Cc-Ti, parla di «mancanza di coraggio». «È stata persa un’occasione per posizionare in maniera differenziata il moltiplicatore, una delle basi del sistema fiscale svizzero», ricorda Gehri. «Dispiace che questa possibilità sia stata messa in discussioni a cinque minuti dalla sua entrata in vigore. Noto molta confusione». Sulla stessa linea d’onda anche Luca Albertoni, direttore della Camera di Commercio. Anche lui parla di occasione persa «per introdurre un elemento di dinamismo. A nostro avviso i timori espressi da alcuni Comuni (Lugano in primis, ndr) non avevano ragione d’essere». Ancora più netto il parere di Oliviero Pesenti, presidenti di AITI. Quello dato dal Parlamento, infatti, «non è un segnale positivo per l’economia. Non le si permette di svilupparsi in maniera serena, senza vincoli». Per Pesenti, inoltre, i Comuni avrebbero tranquillamente potuto gestire una simile «novità». «Inoltre, le aziende già presenti sul territorio di un Ente locale, ben difficilmente si sarebbero trasferite altrove. Ho notato poco coraggio da parte delle istituzioni». A questo punto, alcuni sostengono che della questione del moltiplicatore differenziato non se ne farà mai nulla. «Noi vigileremo in maniera molto stretta affinché questo non avvenga», taglia corto Pesenti. «Sarebbe inaccettabile non dare seguito a una decisione già presa dal Parlamento nel 2019».