Il mondo dell’auto in coro: «Così la formula non va bene»
La vicenda dell’imposta di circolazione, lo avrete capito, è parecchio complessa. E ora, dopo la diatriba sull’opuscolo, alla già intricata discussione si aggiunge un’altra voce. O meglio, un coro di voci: quelle dell’Unione professionale svizzera dell’automobile (UPSA), dell’Automobile club svizzero (ACS) e pure del Touring club svizzero (TCS). Un coro di voci che, cifre alla mano, critica entrambe le formule scelte per calcolare la futura imposta di circolazione. Più precisamente, ad essere contestato è l’utilizzo nella formula della componente delle emissioni di CO2 che, stando al mondo dell’automobile, creerà delle distorsioni.
Il tema, va ricordato, era già stato fatto emergere dall’UPSA qualche mese fa. Ma ora a questa voce si è aggiunta pure quella dell’ACS, e soprattutto quella del TCS, che nel 2017 partecipò alla raccolta firme, promuovendo di fatto l’iniziativa del Centro (PPD).
«Quando venne lanciata la raccolta firme volevamo che venisse abbassata l’imposta, ma in modo lineare per tutti. Invece, con queste formule si creano tre situazioni: ci sarà chi pagherà meno, chi non vedrà sostanziali modifiche, ma una parte considerevole avrà un aumento. E questo non era affatto il nostro intento», spiega da noi contattato Roberto Morandi, direttore della sezione ticinese del TCS. «Quando si parlava di introdurre una nuova formula di calcolo basata sulle emissioni di CO2, nel 2017, il parco auto era diverso da quello attuale», precisa Morandi. «Mentre oggi, con sempre più vetture elettriche, una formula interamente basata sul CO2 rischia di essere già obsoleta». E paradossalmente, aggiunge il direttore del TCS, «la formula del controprogetto di PS e Verdi sarebbe meglio adattabile all’evoluzione del parco auto, visto che le emissioni non sono l’unica componente della formula». Il calcolo del Centro/PPD, invece, stando a Morandi, «potrebbe sopravvivere per qualche anno, ma poi a lungo andare si corre il rischio che i pochi che hanno un’automobile non elettrica paghino per tutti».
Un aspetto, va sottolineato, che non è stato nascosto nemmeno dagli iniziativisti. In più occasioni, il primo firmatario Marco Passalia ha chiarito che si tratta di una formula di transizione in un momento in cui il parco auto sta cambiando.
Uno studio in cantiere
E critiche sulle formule, come avvenne mesi fa, vengono espresse nuovamente anche dal direttore di UPSA-Ticino Marco Doninelli: «Avevamo già tentato di avvertire i politici, ma siamo stati ignorati. Il parametro del CO2 crea qualche problema e utilizzarlo come riferimento centrale nella formula finisce per creare una situazione paradossale». Ad esempio? «Due vetture identiche, ma immatricolate in due anni differenti, prima o dopo il 2018, finirebbero per pagare due importi differenti. E questo perché in quell’anno è cambiato il modo di misurare le emissioni di CO2. E i due parametri non sono comparabili tra loro. Ciò significa, paradossalmente, che la vettura ‘vecchia’ pagherebbe un’imposta inferiore, malgrado sia a tutti gli effetti identica a quella immatricolata qualche tempo dopo».
Ma c’è di più, perché UPSA, in collaborazione con ACS e TCS, in queste settimane ha lavorato a delle proiezioni per dare agli automobilisti un’idea più completa di quale sarà l’impatto effettivo se l’iniziativa o il controprogetto venissero approvati in votazione popolare. «E i risultati ottenuti – spiega Doninelli – ci indicano che la situazione non è quella che ci vogliono far credere. Non spetta a noi criticare le proposte della politica, ma a nostro avviso i cittadini devono sapere quanto andranno a pagare, in modo da avere tutti gli strumenti per fare una scelta consapevole». Le tre associazioni, inoltre, intendono dare la possibilità a tutti, tramite richiesta via e-mail, di sapere a quanto ammonterà la loro imposta di circolazione se passasse una o l’altra proposta.