Ticino

Il salario minimo passa l'esame

Uno studio dell’Istituto di ricerche economiche non ha riscontrato effetti negativi di questa misura per l’economia e il mercato del lavoro, dimostrando invece un aumento dei redditi - Il Governo propone dunque di far entrare in vigore la forchetta definitiva, alzandola a venti franchi all’ora
© CdT / Chiara Zocchetti
Paolo Gianinazzi
26.06.2024 19:30

Il salario minimo ticinese viaggia dritto verso la sua meta. O meglio: verso la sua conferma definitiva. Il Consiglio di Stato ha infatti licenziato il messaggio sulla valutazione del suo impatto sul mercato del lavoro e sui salari. E, come vedremo, non ha riscontrato «effetti particolari tali da impedire l’entrata in vigore della forchetta definitiva». In parole povere, dunque, se il Gran Consiglio darà il suo benestare dal 1. gennaio 2025 il salario minimo in Ticino sarà compreso tra i 20 e i 20,50 franchi all’ora.

L’attesa valutazione

La legge sul salario minimo, approvata dal popolo nel 2015 e poi entrata in vigore nel 2021 era chiara: «Il Consiglio di Stato – si legge all’articolo 10 della legge –, entro il 30 giugno 2024, valuta l’impatto dell’introduzione del salario minimo (...) e sottopone un messaggio al Gran Consiglio», il quale dovrà a sua volta esprimersi entro la fine dell’anno. Concretamente, per valutare tale impatto, il Governo si è basato su uno studio dell’Istituto di ricerche economiche (IRE) dell’USI. Studio che, come previsto, si è concentrato sull’effetto della misura sui salari e sul mercato del lavoro.

Partiamo, dunque, dai salari. Come era lecito attendersi, dallo studio è emerso che dopo l’introduzione della legge, nei settori maggiormente esposti al cambiamento (ossia quelli con molti lavoratori con salari inferiori a quello minimo) il salario orario è aumentato in maniera importante rispetto ai settori meno esposti. Un dato che l’IRE quantifica nell’ordine del 36%. «Con riferimento ai lavoratori sotto al salario minimo nel gruppo dei trattati (ndr.ossia quelli attivi nei settori maggiormente esposti), tale aumento comporta il passaggio da un salario medio di 17,25 franchi all’ora a uno di 23,46», si legge nel rapporto. Ma c’è di più: nello studio viene rilevato che l’aumento «interessa tutte le classi di salario attorno al salario minimo, non unicamente quelle inferiori, con ricadute positive anche sui salari superiori a quello di legge». E, viene specificato nelle note a piè di pagina, «questo risultato risulta coerente con l’evidenza empirica degli ultimi anni, per cui aumenti del salario minimo possono determinare una ricaduta positiva, o “effetto a catena”, anche sui salari superiori al nuovo minimo (per mantenere la gerarchia salariale all’interno dell’impresa, o perché il salario minimo aumenta il potere di contrattazione dei lavoratori)».

Stessa sorte, va da sé, anche per i redditi annui. Lo studio rileva infatti che la nuova legge «ha avuto un impatto positivo e statisticamente significativo sui redditi nei settori del secondario e in particolare della manifattura». Nello specifico, in questi settori nel 2022 l’IRE stima «un aumento dei redditi annuali in media del 3,4%». Senza sorprese, questi aumenti hanno riguardato soprattutto gli stranieri. Citiamo ancora dal rapporto: «Nell’insieme, si può concludere che la Legge sul salario minimo ha portato a un aumento dei redditi, principalmente per i lavoratori stranieri». Un risultato che «non dovrebbe sorprendere, in quanto questa categoria di lavoratori era sovra-rappresentata nella fascia salariale inferiore al salario minimo».

Niente sostituzione

Lo studio, come detto, si è poi concentrato sugli effetti per l’economia e il mercato del lavoro. In sintesi, l’analisi «non ha rilevato un impatto statisticamente significativo sul numero totale di occupati e sulle imprese», così come «sulla probabilità di rimanere occupati, inclusa quella dei giovani». Lo studio ha pure analizzato «la probabilità di entrata nel mercato del lavoro ticinese, rilevando un effetto positivo sui lavoratori svizzeri, in particolare nell’industria manifatturiera». Allo stesso tempo, «non è stato riscontrato un effetto sui lavoratori stranieri». In generale, dunque, «il complesso dei risultati (...) non indica la presenza di effetti di sostituzione dovuti all’introduzione del salario minimo».

Un primo ritocco

Ora, al netto dell’impatto della misura sui salari e sul mercato del lavoro, dal messaggio del Governo è emersa un’altra novità. Sempre l’articolo 10 della legge prevede che il Consiglio di Stato possa proporre di adattare il salario minimo in funzione dell’evoluzione del costo della vita, della congiuntura e della situazione del mercato del lavoro. Ebbene, da questo punto di vista il Governo ha già proposto un piccolo ritocco verso l’alto. Mentre l’ultima forchetta era inizialmente prevista tra 19,75 e 20,25 franchi all’ora, l’Esecutivo ne propone una tra 20 e 20,50 franchi all’ora (0,25 franchi in più), a partire dal 1. dicembre 2024.

E questo perché, da una parte l’Esecutivo «ritiene sia necessario riconoscere un aumento del salario minimo in ragione dell’andamento dei salari effettivamente corrisposti nell’economia privata», ma dall’altra «ritiene altresì importante tenere conto delle difficoltà congiunturali che si stanno profilando».

La questione dei controlli

Nel messaggio del Governo vengono poi sottolineati pure i risultati positivi dei controlli effettuati negli ultimi anni. Complessivamente, infatti, sono state controllate 8.698 aziende (oltre il 70% di quelle assoggettate alla legge), per un totale di 47.027 persone. Le aziende in cui è stata riscontrata un’infrazione sono state 296. Una quota di infrazioni ritenuta dal Governo «molto contenuta». Anche sul fronte degli «stages», il Consiglio di Stato spiega che «non sono stati sostanzialmente constatati abusi di questa tipologia di impiego con lo scopo di aggirare la legge sul salario minimo».

Continuare a monitorare

A questo punto, ad ogni modo, sia lo studio che il Governo evidenziano pure la necessità di continuare a monitorare la situazione.

«L’analisi dell’IRE – spiega a tal proposito il consigliere di Stato Christian Vitta – rileva come sia prematuro al momento trarre conclusioni definitive sugli effetti strutturali a medio-lungo termine del salario minimo». Motivo per cui, prosegue Vitta, «è nostra intenzione continuare a monitorare l’evoluzione del mercato del lavoro e dei salari in relazione al salario minimo». Anche perché, rileva il direttore del DFE, «occorre anche dire che questa valutazione dell’IRE è stata svolta in un periodo caratterizzato da molte incertezze, come la pandemia, le incertezze geopolitiche e l’inflazione. Senza dimenticare che a metà 2023 è entrato in vigore il nuovo accordo sui lavoratori frontalieri, che pure ha un effetto sul mercato del lavoro e i salari». Insomma, chiosa Vitta, «tutti questi fattori andranno costantemente monitorati».

Quel testo della sinistra

La questione, ora, diventerà ben presto più politica. Come detto all’inizio, l’ultima parola spetta infatti al Gran Consiglio, che dovrà determinarsi sull’entrata in vigore della forchetta definitiva. Ma, se su questo fronte è facile immaginare che non ci saranno particolari problemi, non va dimenticato che, sullo sfondo, c’è sempre l’iniziativa popolare del PS – sostenuta anche da PC, POP, Verdi, nonché dai sindacati VPOD e UNIA – tuttora ferma in Gestione. Testo che, forte di 12 mila firme, propone di togliere la possibilità di deroga al salario minimo in caso di Contratto collettivo di lavoro e di ancorare la soglia alla Costituzione, fissandola a 21,50 franchi all’ora.

«Dallo studio dell’IRE – spiega a tal proposito il capogruppo del PS Ivo Durisch – emerge che gli spauracchi dei contrari al salario minimo non si sono verificati». Motivo per cui, «siamo sempre più convinti della validità della nostra iniziativa».

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