Lei lo tradisce, lui le fa passare l'inferno
(Aggiornato alle 18.19) Avrebbe costretto la moglie, oltre una quindicina di volte, a fare sesso con lui, usando violenza fisica, verbale e psicologica. L’avrebbe ripetutamente picchiata, anche con un manganello, spinta contro specchi e tavoli, tirata per i capelli, trascinata a terra, stretto le mani attorno al collo, appoggiato la canna di una pistola contro la fronte per spaventarla e impedito, in svariati modi, la sua libertà personale. Le avrebbe anche detto che doveva pagare per quello che ha fatto, per averlo tradito con un altro uomo. Violenze e presunti abusi sono accaduti nell’arco di un mese, nel settembre dell’anno scorso. Lei, esasperata, è infine fuggita di casa, aiutata dal figlio di lui, per rifugiarsi in una casa protetta.
Tra schiaffi e manganellate
Si è aperto questa mattina il dibattimento, celebrato a porte chiuse davanti alla Corte delle assise criminali presieduta dal giudice Marco Villa, a carico di un 52.enne domiciliato nel Luganese accusato dalla procuratrice pubblica Margherita Lanzillo di violenza carnale (in parte ripetuta), ripetuta coazione sessuale, tentate lesioni gravi (subordinatamente lesioni semplici), ripetuta coazione e ripetuta infrazione alla Legge federale sulle armi. L’uomo, patrocinato dall’avvocato David Simoni, riconosce solo di aver picchiato la donna con «schiaffi a mano aperta sulla testa, mai sul viso», fuori dal contesto sessuale, ma respinge fermamente le tesi dell’abuso e di aver fatto leva sul tradimento per imporre alla moglie i rapporti. «Lei non ha mai detto di no, e non ho mai usato violenza o minaccia per fare sesso», ha affermato durante l’interrogatorio. L’imputato, ne avevamo riferito il 15 novembre 2023, era stato arrestato proprio nel settembre dello scorso anno e da allora si trova dietro le sbarre, da inizio febbraio in regime di espiazione anticipata della pena. Il processo si svolge alla presenza degli assessori giurati: l’accusa chiederà infatti una pena detentiva superiore ai cinque anni.
L’interrogatorio
La giornata di oggi è stata dedicata interamente all'interrogatorio dell'imputato. L'uomo ha continuato a ribadire la tesi per cui ci sarebbero stati sì insulti, ma non minacce, e sì violenze fisiche, acuitesi nel mese di settembre, ma sempre fuori dal contesto sessuale e non per costringere la moglie ad avere dei rapporti. «Le ho dato solo due colpi con il manganello: uno sul braccio e uno sulla testa. Poi due o tre schiaffi, perché dopo mi calmo. Se avessi usato tutta questa violenza, mia moglie sarebbe distrutta», ha detto. Una parte consistente dell’interrogatorio è stata dedicata alla situazione che si è venuta a creare tra la coppia dopo che la vittima ha confessato al marito di averlo tradito. L'imputato, infatti, ha dichiarato che a volte non riusciva a guardare in faccia la donna perché «vedevo il viso di lui» (riferito all’amante, ndr), tanto da tentare di eliminare degli oggetti che potessero ricordargli il tradimento. «Eravamo provati tutti e due dalla situazione – ha dichiarato in aula –. Abbiamo provato in tutti i modi di salvare 25 anni di matrimonio. E il sesso faceva parte di questo tentativo per superare la crisi». Pronta la domanda del giudice Villa, che l’ha incalzato chiedendogli come mai la moglie l’avesse denunciato nonostante, a detta dell’imputato, fosse d’accordo di avere dei rapporti sessuali nel tentativo di salvare il matrimonio. «Non me lo spiego, sarà stata stanca della situazione». E la pistola, puntata una sera alla tempia della moglie per spaventarla? «Non l’ho mai fatto, di notte solitamente dormo». La vittima, patrocinata dall'avvocata Benedetta Noli, si è costituita accusatrice privata.
La tesi della triplice personalità
La lettura del giudice Villa è che l'imputato voglia giustificare alcuni suoi comportamenti con il fatto di avere tre personalità – una gentile, una disorientata e una cattiva-aggressiva – nate dopo il tradimento. «Questa triplice personalità – ha osservato il 52.enne – a settembre non c’era più. Riconosco, però, che quel mese ero un mostro, nel senso di come mi sentivo. Mi vergogno». Quanto detto dall’imputato stride però con le conclusioni peritali, secondo le quali l’uomo soffre di un disturbo di personalità con aspetti narcisistici e non di una sindrome di personalità multipla. Al momento dei fatti, il 52.enne presentava una lieve scemata imputabilità con un concreto rischio di recidiva. Il perito, infine, ha stabilito che alcune dimenticanze riscontrate in sede di interrogatorio sarebbero una forma di autodifesa processuale per tutelarsi. Il dibattimento prosegue domani con la requisitoria e l'arringa.