Mensa alla scuola dell'infanzia, l’obbligo non cambia

Sul già tanto discusso tema dell’obbligo di frequentare la refezione alla scuola dell’infanzia, il Gran Consiglio - con una votazione piuttosto serrata: 43 voti a 40 e 2 astenuti - ha preferito non rimescolare le carte in tavola. Detto altrimenti: ha preferito lo status quo.
Sul tavolo del Parlamento cantonale era infatti giunta una nuova iniziativa che chiedeva di rendere facoltativa la frequenza alla mensa anche al secondo anno (e in casi eccezionali anche nella prima metà del terzo anno). Oggi, infatti, la presenza è facoltativa solo durante il primo anno (quello già di per sé facoltativo), ma è essenzialmente obbligatoria al secondo e terzo anno. Solo in alcuni casi e in accordo con la direzione dell’istituto è possibile ottenere delle deroghe. L’iniziativa promossa dalla deputata Maddalena Ermotti Lepori (il Centro) proponeva invece, in sintesi, un sistema di deroghe ben più flessibile per venire incontro alle esigenze di alcune famiglie. «Riconosciamo il valore della refezione, apprezzatissima, ma chiediamo maggiore flessibilità. Vogliamo dare alle famiglie più libertà di scelta», ha sottolineato la granconsigliera in aula. A evidenziare questo concetto anche il relatore di minoranza favorevole all’iniziativa Sergio Morisoli (UDC). «Si tratta di una libertà in più, non di togliere qualcosa a qualcuno», ha rimarcato più volte il deputato.
Sul fronte opposto, la maggioranza (rappresentata dalla relatrice Maruska Ortelli della Lega) ha sottolineato che quello della refezione «è un momento che non rappresenta solo un semplice pasto, ma è parte integrante del progetto educativo». Inoltre, Ortelli ha ricordato che l’iniziativa durante la fase di consultazione è stata valutata negativamente dalla maggioranza degli istituti scolastici e dai Comuni. E, dunque, non occorre «stravolgere un sistema che funziona». Un’opinione che, come detto, è stata sposata dalla maggioranza del plenum.
Il Governo difende la Divisione della scuola
Oggi, sempre a proposito di mondo della scuola, la direttrice del DECS Marina Carobbio Guscetti è tornata a parlare del caso dei 13 docenti d'italiano neo-abilitati, rispondendo - dopo l'interrogazione del PS di cui abbiamo riferito sabato - a quattro interpellanze inoltrate da MpS, Centro e PLR. In particolare, riguardo alle domande dei liberali radicali, la consigliera di Stato ha difeso l'operato della Divisione della scuola.
«La forma degli attacchi individuali rivolti ai funzionari mina la fiducia e il rispetto per il lavoro dei dipendenti dello Stato», con il rischio che questi possano «temere di essere prima o poi esposti a pubblico giudizio, non per aver commesso gravi atti illeciti, ma unicamente per aver svolto il proprio lavoro», ha affermato la direttrice del DECS in merito alle critiche che il PLR aveva mosso nei confronti di Emanuele Berger. «Le decisioni del Governo o dei singoli Dipartimenti sono sempre il risultato di un lavoro di squadra», ha aggiunto la direttrice del DECS. E, quindi, «far ricadere tutti i problemi su singole persone non è corretto». La consigliera di Stato ha quindi confermato, da parte del Governo e della direzione del DECS, che il rapporto di fiducia nei confronti del direttore della Divisione «è dato», pur riconoscendo che l’Esecutivo è consapevole che «non tutto il mondo della scuola ticinese ripone la massima fiducia nella conduzione della Divisione. Ma il Consiglio di Stato reputa che difficilmente può esserci una massima fiducia unanime per qualsiasi conduzione di una Divisione all’interno dell’amministrazione cantonale». Per Carobbio Guscetti, ad ogni modo, la vera domanda da porsi è la seguente: «I malumori sono così profondi da compromettere il funzionamento della Divisione, del sistema educativo ticinese o delle istituzioni?». Ebbene, ha chiosato, «non ci risulta sia il caso: la scuola ticinese nel complesso sta funzionando bene».