Il caso

Ospedale, il San Giovanni sotto i ferri

Bellinzona: nei prossimi 10-15 anni si metterà nuovamente mano al nosocomio affinché continui a rispondere agli standard richiesti, in primis a livello di medicina intensiva - Più il sito alla Saleggina ritarderà più si dovrà spendere
Il nosocomio cittadino è stato inaugurato nel 1940. © CdT/Chiara Zocchetti
Alan Del Don
18.11.2024 06:00

Nella discussione che si è riaccesa in queste settimane attorno al futuro ospedale alla Saleggina di Bellinzona, in molti si sono chiesti cosa succederebbe al San Giovanni (l’attuale nosocomio) qualora la realizzazione del moderno istituto dovesse slittare per i noti problemi pianificatori. L’interrogativo ce lo siamo posti pure noi, girandolo ai vertici dell’Ente ospedaliero cantonale (EOC), i quali tuttavia non intendono prendere posizione prima di aver fatto chiarezza sul destino dell’istituto che dovrebbe vedere la luce non prima del 2030-2031. Non rimane dunque che affidarci alla documentazione pubblicata negli scorsi anni, anche perché la situazione è immutata.

L’ubicazione «infelice»

«Nei prossimi 10-12 anni sarà necessario garantire l’apertura di un nuovo ospedale in sostituzione» di quello regionale di Bellinzona, il quale «già attualmente riesce difficilmente a far fronte alle esigenze infrastrutturali e ad un aggiornamento della propria logistica e tecnica di supporto». Inaugurato nel 1940, il San Giovanni è stato in seguito ammodernato ed ampliato a più riprese (nel 1948, 1983 e 1987). L’idea di costruire un nosocomio ex novo risale alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso.

Le alternative erano due: o edificarlo da zero su un terreno sufficientemente ampio e facilmente accessibile oppure ristrutturare completamente il complesso che dal 1. gennaio 2001 crea una rete sanitaria con Faido ed Acquarossa. Per motivi economici, come ben sappiamo, si è optato per la seconda variante anche perché occorreva già allora rispondere di continuo alle mutate esigenze in ambito di cure e specializzazioni.

Adattamenti limitati

Gli ultimi grossi interventi sono stati il blocco che comprende sei sale operatorie ed il poliambulatorio pediatrico. Investimenti indispensabili per continuare a garantire gli standard di qualità e sicurezza dell’istituto cittadino. In modo particolare, scriveva il Consiglio di Stato nel messaggio di fine ottobre 2020 relativo al credito per l’acquisto dei terreni alla Saleggina, la vetustà del San Giovanni non consente ristrutturazioni «efficaci ed efficienti, limitando i necessari adattamenti a nuove modalità di presa in carico e il potenziamento della capacità ricettiva. Di conseguenza il suo ruolo competitivo in un sistema sanitario che esige confronti continui in termini di qualità, sicurezza ed economicità ne risulta indebolito. Inoltre l’ubicazione attuale non ne facilita il raggiungimento in situazioni di emergenza e di forte traffico, malgrado il recente potenziamento del trasporto pubblico».

Investimenti milionari

Emerge, per riassumere, il quadro di un complesso con una capacità «adattiva, evolutiva, competitiva e innovativa vieppiù limitata». Ecco perché, in attesa del nosocomio alla Saleggina la cui edificazione è prevista in due tappe (l’ultima nel 2046-2050), saranno vitali altri restyling milionari nei prossimi tre lustri o poco meno; il Governo non li quantifica. Interventi imprescindibili per «mantenere l’attuale struttura agli standard richiesti, in particolare in ambito operatorio, nella medicina intensiva e nel pronto soccorso, nonché per ricavare gli spazi necessari ad attrezzature sempre più numerose e ingombranti, per meglio suddividere i flussi dei pazienti stazionari da quelli ambulatoriali e riservare superfici più ampie per i trattamenti ambulatoriali».

Fuor di burocratese, significa che più slitta l’inaugurazione del nosocomio alla Saleggina (che sarà regionale, sovraregionale, come indica la Città nel preventivo 2025, oppure cantonale?) più si dovrà mettere mano al San Giovanni per continuare ad avere un polo sanitario forte e al passo coi tempi.

I tempi della politica

Dal canto suo la Commissione della Gestione del Gran Consiglio, nel rapporto di cui Bixio Caprara (PLR) è stato il relatore assieme ad altri colleghi, sottolineava che «le strutture ospedaliere richiedono tempi lunghi e una pressoché costante necessità di adeguarsi e adattarsi alle nuove esigenze che la sanità richiede. Per questo motivo individuare siti adeguati che consentano di rispondere correttamente alle future richieste della nostra società richiede riflessioni strategiche lungimiranti». Il deputato liberale radicale, già municipale di Bellinzona, e gli altri commissari si erano addirittura spinti oltre, parlando di «congestionamento del sito» sulla collina di Ravecchia.

Un giorno storico

Ecco l’ospedale San Giovanni, «lindo nella sua estetica sfrondata dall’inutile, attraente con le sue lunghe fila di balconi dai quali la vista si posa dapprima sulla leggiadra simmetria di tappeti erbosi e fioriti» per poi spaziare nella «magica visione» del lembo del Verbano. Domenica 14 aprile 1940. Sono le 14. Un giorno destinato a passare alla storia, di Bellinzona e del Ticino. Viene inaugurato l’ospedale della capitale. Ci sono il reparto maternità (con 16 letti ed altrettante culle), medicina uomini e donne (36 letti), chirurgia (50 letti) con due sale operatorie e quello pediatrico nonché un laboratorio.

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