Gran Consiglio

Preventivo, tra le scintille l'intesa sembra reggere

Due giorni di dibattito non sono bastati per dare luce verde ai conti del Cantone - Sospesi i lavori a tarda sera – Via il contributo di solidarietà a carico dei dipendenti pubblici - Ora il deficit sale a 130 milioni – Scintille tra PLR e Centro, ma pure tra Lega e UDC
© CdT / Chiara Zocchetti

Ha scricchiolato e vacillato più volte. È stato addirittura a un passo dal baratro. Alla fine, però, il fragile accordo tra Lega, Centro e PLR attorno al Preventivo 2024 sembra aver retto anche all’urto della maggior parte degli emendamenti.

Il primo pacchetto di misure per riequilibrare le finanze cantonali, dopo quasi venti ore di dibattito non è ancora stato approvato dal Gran Consiglio, che questa sera a tarda ora ha concluso la seconda seduta sul Preventivo 2024, fermandosi però a soli sette emendamenti dal voto finale.

Un preventivo che, va detto sin da subito, nella seduta di oggi ha pure sfiorato il baratro. Già, perché con le misure aggiunte (e tolte) dal Gran Consiglio in queste ultime ore, il deficit totale per l’anno in corso adesso si aggira attorno a 130 milioni di franchi. E quindi? E quindi è stata sfiorata la soglia (posta a poco più di 132 milioni) per superare il meccanismo del freno al disavanzo. Uno scenario, quest’ultimo, che è stato evitato per un paio di milioni. Ma anche uno scenario che avrebbe visto il PLR uscire dall’intesa – poiché contrario ad approvare un preventivo «illegale» –, facendola crollare. Ora, al netto di tutto ciò, se nella terza seduta che prenderà avvio questa mattina non ci saranno stravolgimenti, l’accordo tra Lega, Centro e PLR dovrebbe reggere. E il Ticino dovrebbe quindi disporre finalmente di un preventivo.

La prima diatriba

Il dibattito in aula, finito l’esame dei Dipartimenti e iniziato quello degli emendamenti, oggi pomeriggio è partito dalle scintille fra Lega e UDC. Sì, perché dopo una breve sospensione della seduta per riunirsi, il gruppo UDC ha annunciato che si sarebbe astenuto in tutte le votazioni sugli emendamenti. «Siccome l’obiettivo minimo di un deficit di 95 milioni non è stato minimamente raggiunto, siccome c’è il rischio di superare la soglia per il meccanismo del freno ai disavanzi, e siccome le nostre proposte sono sempre rimaste inascoltate, coerentemente con la nostra linea ci asterremo dal voto di tutti gli emendamenti, tranne i nostri», ha spiegato il capogruppo Sergio Morisoli. L’UDC ha dunque deciso di non sostenere pure l’emendamento presentato dai cugini leghisti. Motivo per cui, poco dopo, il capogruppo del movimento Boris Bignasca ha lanciato una frecciatina ai cugini: «Prendiamo nota della posizione dell’UDC. La capiamo, è una posizione politica. Però non possiamo non notare che ormai nemmeno Morisoli rispetta il decreto Morisoli. È evidente che il loro obiettivo non è risanare le finanze, ma mettere un membro del partito in Consiglio di Stato».

Accordo o non accordo?

Al netto di questa prima «querelle» politica, il dibattito è poi entrato nel vivo degli emendamenti. La prima questione a far discutere è stata quella del contributo di solidarietà (pari al 2% del salario sopra i 60mila franchi) chiesto ai dipendenti pubblici. Su questo fronte erano stati presentati diversi emendamenti da parte di Centro, PS, Verdi liberali e MPS.

«Il tanto vituperato decreto votato dal popolo il 15 maggio 2022 (ndr. il cosiddetto decreto Morisoli) ci chiedeva di risanare i conti senza introdurre nuove imposte», ha ricordato Maurizio Agustoni. Ebbene, «questo prelievo del 2% sui salari a casa mia è un’imposta sul reddito», ha sottolineato il capogruppo, rimarcando poi che secondo il Centro un taglio lineare, fatto a prescindere dal merito, «è ingiusto». Stessa linea anche per il PS, con la deputata Tessa Prati a evidenziare l’importanza di «una giusta politica retributiva» anche per non compromettere l’attrattività del lavoro presso l’amministrazione, che poi si rifletterebbe in una minore qualità dei servizi per i cittadini. Per Prati, in sostanza, chiedere questo contributo rappresenta «una minaccia all’efficienza dell’intero apparato pubblico».

A contestualizzare le cifre e l’impatto della misura ci ha poi pensato il direttore del DFE Christian Vitta, ricordando che il Governo ha mantenuto gli scatti salariali per i dipendenti in carriera. E, in sostanza, così facendo ha permesso di garantire nel 2024 a circa 77% dei dipendenti un salario pari o superiore a quello 2023.

La seconda diatriba

Ed è a questo punto che sono iniziate le frecciatine tra PLR e Centro. «La convergenza sul rapporto di maggioranza (ndr. ossia l’intesa tra Lega, Centro e PLR) conteneva anche questa misura. Il Centro ha presentato un emendamento per toglierla. Ma se ricordo bene fanno parte di questa ipotetica maggioranza (...) Questo non è il modo di fare», ha affermato la capogruppo liberale radicale Alessandra Gianella. Pronta la risposta dell’omologo del Centro: «La discussione in Gestione è stata molto chiara. Noi abbiamo chiesto sin da subito di togliere questo prelievo. E abbiamo chiesto che lo facesse anche la Commissione. Ma un gruppo della maggioranza, non noi e non la Lega (ndr. ossia il PLR), ha vincolato la sua firma al rapporto a questa misura. Noi abbiamo firmato perché non ne abbiamo fatto una questione di principio. Ma chiederci di rinunciare ai nostri diritti di parlamentari (ndr. di presentare emendamenti) mi pare troppo». Dopo una lunga discussione, tramite l’approvazione dell’emendamento, il contributo di solidarietà è stato stralciato dal preventivo, tra i sorrisi del Centro (e del fronte progressista) e le perplessità (per usare un eufemismo) del PLR.

La questione casse malati

È poi stato il turno dell’emendamento presentato da un gruppo di deputati del PLR (prima firmataria Simona Genini), il quale chiedeva di reintrodurre il taglio ai sussidi di cassa malati per un importo di circa 12 milioni di franchi. «Dobbiamo trovare il coraggio per fare almeno qualche piccolo passo avanti. Gli aiuti per pagare i premi oggi sono versati anche a famiglie con un reddito oltre i 160 mila franchi, ben oltre la soglia del ceto medio. Una vera aberrazione e un’offesa verso chi quei sussidi li ha veramente bisogno», ha spiegato Genini. L’emendamento, senza sorprese, è stato criticato da buona parte del plenum, in particolare dal fronte progressista, ma anche dal Centro e dalla Lega. Motivo per cui è stato bocciato con soli 16 voti favorevoli e 55 contrari.

Far saltare il banco?

È quindi stato il turno di un altro emendamento che ha fatto parecchio discutere. La richiesta, fatta da quattro partiti (parte del Centro, PS, Verdi e Avanti con T&L) prevedeva di riconoscere un rincaro pari all’1% e un contributo una tantum di 400 franchi per i dipendenti dell’amministrazione cantonale con un salario sotto i 70 mila franchi. Ebbene, è a questo punto che l’intesa di maggioranza (e il preventivo stesso) hanno rischiato di implodere. «Sono tenuto a intervenire per suonare un campanello d’allarme», ha affermato il presidente della Gestione Michele Guerra. «Ancora una piccola deviazione (ndr. rispetto all’intesa tra i partiti di maggioranza) ed ecco che il nostro obiettivo lo perdiamo irrimediabilmente. La Costituzione impone di rispettare il meccanismo del freno ai disavanzi. In questo momento, al netto dello stralcio del contributo di solidarietà, da 122 milioni di deficit siamo passati a 130,8 milioni. Violeremmo la legge qualora raggiungessimo quota 132,7 milioni. Quindi, qualsiasi minima variazione rischia di far implodere tutto. Quale relatore di maggioranza chiedo quindi gentilmente ai tre schieramenti (ndr. Lega, Centro e PLR) di fare quadrato per salvare il preventivo».

Insomma, detto in soldoni, se fosse passato l’emendamento per riconoscere il rincaro ai dipendenti dell’amministrazione, il preventivo sarebbe tornato per direttissima in Commissione, facendo tornare tutti alla casella di partenza. A rincarare la dose, poco dopo, anche la capogruppo del PLR. «Ricordo che così facendo si oltrepasserà la soglia del freno ai disavanzi e saremo quindi nell’illegalità. Se così fosse, come PLR non ci sentiamo di votare un preventivo a queste condizioni». Detto altrimenti: se fosse passato l’emendamento, il PLR si sarebbe chiamato fuori dall’intesa.

A un passo dal far saltare il banco, però, l’emendamento è stato bocciato con 43 contrari, 33 favorevoli e 11 astenuti. L’intesa della maggioranza, dunque, ha retto alla prova dei principali emendamenti. All’appello, però, come detto ne mancano ancora sette da discutere. Tra questi, quelli dell’UDC, ma anche quello della Lega per rendere più incisiva la non sostituzione dei partenti, così come alcuni del PS.

La resa dei conti è sempre più vicina.

Correlati
Preventivo, uno slalom fra i paletti rossi
La prima giornata di dibattito sul primo pacchetto di misure di risparmio si è svolta senza particolari scossoni - Ma il DECS avverte: «Quella misura rischia di avere un impatto importante sulla scuola» - Vitta: «Serve un consenso allargato»