Preventivo, uno slalom fra i paletti rossi
Quello andato in scena oggi nell’aula di Palazzo delle Orsoline, viste le premesse, è stato un dibattito tutto sommato tranquillo. Senza particolari scossoni. La fragile intesa sul Preventivo 2024, detto altrimenti, ha retto a un primo round nel quale non ci sono stati particolari colpi bassi (fatta eccezione per una misura riguardante il DECS, sulla quale torneremo). Ma, d’altronde, la vera battaglia politica sul primo pacchetto di misure di risparmio andrà in scena solo domani pomeriggio, quando in Gran Consiglio saranno discussi gli oltre 70 emendamenti al rapporto di maggioranza. Emendamenti tramite i quali essenzialmente tutti i partiti, sia di maggioranza che di minoranza, tenteranno di modificare la fragile intesa trovata tra Lega, Centro e PLR in Commissione gestione e finanze.
La posta in gioco
Nella prima parte di dibattito, i partiti si sono dunque limitati a ribadire le proprie posizioni, facendo emergere nuovamente l’insoddisfazione generale attorno al Preventivo 2024. Un documento che, detto in soldoni, non piace a nessuno.
A ricordare la posta in gioco, però, ci ha pensato in prima battuta il relatore di maggioranza, il presidente della Gestione Michele Guerra. «Dopo mesi discussioni» ha ricordato il leghista, i tre partiti che formano la maggioranza «sono giunti almeno a condividere l’idea di cercare di uscire dalla deriva». E, ognuno con le proprie visioni, «hanno tutti fatto un passo indietro», trovando un’intesa. Ma, ha avvertito, «dovesse oggi saltare questo accordo, non attraccheremmo più al porto della stabilità. Bensì torneremmo alla deriva». Per Guerra, dunque, la scelta del Parlamento è tra «il caos e l’ordine».
Ben diverso, per forza di cose, il discorso portato avanti dai due relatori di minoranza. A cominciare dal capogruppo socialista Ivo Durisch. «Si è trovato un accordo, ma il caos è là fuori, per strada», ha ribattuto. Per il PS, che ha presentato un suo rapporto di minoranza sostenuto anche dai Verdi, il Preventivo 2024 presenta criticità e problemi, sia dal punto di vista della forma (poiché è stato presentato in ritardo), ma soprattutto di contenuto. Per Durisch, infatti, suitagli al personale pubblico «la responsabilità è della politica, perché ha saccheggiato le entrate con gli sgravi alle persone facoltose». Per il PS, come poi ribadito anche dal co-presidente Fabrizio Sirica, lo «schema» della maggioranza di centro-destra è chiaro: si propongono tagli alla spesa per riequilibrare le finanze e per poi proporre sgravi fiscali ai ricchi. Definiti «meschini», inoltre, i provvedimenti sugli istituti sociali. «È un chiaro disimpegno verso le persone più fragili», ha ammonito Durisch. Sui tagli ai sussidi di cassa malati, il giudizio del capogruppo è altrettanto chiaro: essi sono «stati stralciati per paura di una bocciatura alle urne». Ma, ha avvertito, «torneranno, e stavolta senza la spada di Damocle di una votazione».
Sul fronte opposto, l’altro rapporto di minoranza è invece stato presentato dall’UDC. Con una visione, va da sé, ben diversa. Come ricordato da Tiziano Galeazzi, la proposta democentrista prevede tre misure per agire sulla spesa per un totale di circa 80 milioni. Il deputato ha poi utilizzato un’immagine naturalistica e un’onomatopea per descrivere la situazione. «È come la ranocchia: se si gonfia troppo, poi rischia di esplodere, puff», ha detto riferendosi alla macchina statale.
Dalla responsabilità alle frecciatine
Durante gli interventi dei gruppi parlamentari, la capogruppo liberale radicale Alessandra Gianella ha subito chiarito la scontentezza del partito per il documento presentato dal Governo. «Come PLR non siamo soddisfatti», ha affermato. Ma, ha avvertito poco dopo, guardando al futuro e al 2025 occorrerà più collaborazione. «Non si tratta solo di equilibrare i conti dell’anno prossimo, ma di costruire una base solida per promuovere lo sviluppo del nostro cantone». Dalla piazza, ha aggiunto Gianella richiamando gli altri partiti alla responsabilità, «si sono levate voci critiche più che legittime, ma dei 52 milioni di misure di risparmio di competenza del Parlamento ne sono rimasti meno di trenta. E il problema non è risolto. Passato il 2024 si discuterà del 2025. E così facendo si sposta solo il problema di qualche mese, con una situazione che peggiorerà ulteriormente».
Più sfumata, invece, la posizione del Centro, espressa dal capogruppo Maurizio Agustoni. Pur ricordando la contrarietà del Centro al contributo di solidarietà chiesto ai dipendenti cantonali (per il quale presenterà un emendamento) e l’importanza di effettuare una seria analisi della spesa pubblica (un’iniziativa in tal senso, da sempre sostenuta dal suo partito, sarà votata dopo il preventivo), Agustoni ha riconosciuto il difficile compito con cui è stato confrontato il Consiglio di Stato. E, ha poi ricordato Agustoni, «la situazione dei conti è sì difficile, ma non è catastrofica». In questo senso, per il capogruppo del Centro occorre evitare sia l’eccesso di allarmismo che, al contrario, l’eccesso di ottimismo.
In parte sfumata pure la posizione della Lega. Il capogruppo Boris Bignasca ha infatti chiarito che il movimento non sta né con il Governo né con chi è anti-governativo per partito preso. In questa logica, una frecciatina da parte di Bignasca è stata indirizzata al PS e ai cugini dell’UDC. «È sconcertante e scarsamente elvetico che PS, Verdi e UDC, pur avendo membri eletti in Governo dalle proprie liste, si siano smarcati fin da subito con rapporti minoranza con scarse probabilità di successo. È troppo facile chiedere sussidi infiniti con soldi che non abbiamo (ndr. riferendosi al PS) oppure chiedere il risanamento delle finanze senza sporcarsi le mani con i compromessi (ndr. in riferimento all’UDC).
Da segnalare infine che tutti i partiti che non fanno gruppo in Parlamento (Avanti con Ticino&Lavoro, Partito comunista, HelvEthica, Verdi liberali, Più donne e MPS) si sono schierati contro il preventivo.
L'allarme per le scuole
Come detto, dunque, in attesa del secondo round sugli emendamenti, la prima giornata di dibattito si è svolta senza particolari scossoni, con un preventivo che è rimasto appeso una fragile maggioranza, che però per il momento sembra reggere.
Tuttavia, almeno una misura presente nell’intesa della maggioranza, in queste ultime ore ha allarmato i socialisti e la direttrice del DECS Marina Carobbio. Un po’ all’ultimo minuto, due settimane fa, nell’intesa firmata in Gestione è stata infatti inserita la misura della non sostituzione del personale partente nella misura del 20% anche per coloro che non sottostanno al cosiddetto Piano dei posti autorizzati (PPA). «Tra questo tipo di personale rientra una fetta importante dello Stato, incluso tutto il personale docente cantonale», ha avvertito la direttrice del DECS. «Questa non è dunque una proposta marginale ma, a dipendenza di come verrà applicata, con un impatto potenziale molto importante». La misura per Carobbio ha inoltre ancora «molti punti poco chiari». Ad esempio, al momento non è ancora dato sapere cosa si intende per «partenti», e quali servizi sarebbero toccati. «È indispensabile quindi fare chiarezza», ha avvertito Carobbio. E questo, evidentemente, prima del voto. La direttrice del DECS ha quindi rincarato la dose. «Le proposte che toccano il personale sembrano voler colpire in particolare il settore della formazione, mettendo a repentaglio il funzionamento di un settore cruciale. Fosse così, penso sarebbe pericoloso se non inaccettabile». Richieste di chiarimento sono poi giunte anche dai banchi del PS. Il relatore di maggioranza, Michele Guerra, ha quindi spiegato in aula che la misura è stata voluta per «parità di trattamento», visto che essa è prevista per coloro che sottostanno al PPA. Ma, ad ogni modo, come avvenuto nel 2023 «nel dettaglio sarà il Governo a dover ponderare la misura». Si tratta, ha detto Guerra, di «un’indicazione chiara ma anche aperta». Una risposta che, inutile dirlo, non ha soddisfatto la consigliera di Stato e il PS.
L'appello del Governo
Il giorno del preventivo è coinciso anche con le prime dichiarazioni del Governo sul dossier. L’Esecutivo, dopo aver presentato il messaggio nel mese di ottobre, aveva infatti preferito non entrare nel merito della questione durante il lungo inter all’interno della Commissione della gestione. Lo ha fatto oggi, nel primo «round» di discussioni sui conti del Cantone. E lo ha fatto con un auspicio: che sulle scelte di fondo non vengano disegnate «linee rosse con il pennarello indelebile» fra i vari schieramenti politici. Perché, come ha ricordato in aula il direttore del Dipartimento delle finanze e dell’economia Christian Vitta, alla luce di un contesto anche molto difficile, «per evitare di paralizzare la legislatura serve un confronto costruttivo, dove al dibattito urlato si predilige la ricerca del consenso». Un consenso, ha spiegato ancora Vitta, «allargato» proprio alla luce della frammentazione delle forze in Parlamento seguita alle elezioni cantonali di aprile. «Le misure presentate dal Governo comportano necessariamente dei cambiamenti», ha evidenziato il consigliere di Stato. «E tutto ciò genera dibattito e contrapposizioni dettati dalle diverse sensibilità». Una dinamica, quest’ultima, conosciuta, ma resa ancora più ostica dal numero di partiti presenti in Gran Consiglio: 12. E quanto successo in Gestione con il preventivo, ha quindi ricordato Vitta, «ne è fedele testimonianza». Ecco perché è necessario trasformare queste difficoltà «in opportunità». E ciò per «far avanzare il Paese, consapevoli della necessità di costruire un consenso allargato». Un appello alla responsabilità, in particolare ai partiti che hanno compiti di governo, quando si tratterà di votare l’attuale preventivo, ma anche una bussola di cui tenere conto durante l’intero quadriennio.
Per quanto riguarda la situazione finanziaria in cui versa il Cantone, Vitta ha inoltre ricordato il difficile contesto internazionale - pandemia, guerra in Ucraina, inflazione, aumento dei tassi d’interesse -, elementi che hanno prodotto «una crescita delle spese superiore alle attese». Ad ogni modo, «questa situazione di disequilibrio dei conti pubblici non è una particolarità solo del nostro Cantone». Vitta ha quindi ricordato i risparmi previsti dalla Confederazione e da altri Cantoni. «Rispetto ad altre realtà noi siamo partiti con un anno di anticipo», ha chiosato il consigliere di Stato. Si tratta comunque «di agire per fare in modo che il disavanzo a cui siamo confrontati venga ridotto e si tenda all’equilibrio dei conti nei prossimi anni, e questo anche nei vincoli posti dal meccanismo costituzionale del freno al disavanzo». Sebbene secondo gli ultimi aggiornamenti elaborati dal BAK riguardanti il PIL ticinese evidenzino una sostanziale tenuta, ha aggiunto Vitta, «il percorso che ci attende è impegnativo. Agire oggi, con decisioni anche molto impegnative e che non fanno l’unanimità, significa rendere servizio alla capacità di azione della politica per far fronte alle mutevoli esigenze della società».
Anche il presidente del Governo Raffaele De Rosa, come il collega Vitta, ha espresso l’auspicio di trovare «un denominatore comune» sul preventivo. Per il direttore del DSS, sarà quindi «fondamentale che la politica riesca a costruire un’intesa».