Politica

Riforma della Giustizia presto alla prova del Gran Consiglio

Via libera dalla Commissione a importanti modifiche per il settore: dal codice etico al sistema delle nomine fino al piano carriera per i magistrati - Sulla situazione al Tribunale penale cantonale accolte alcune correzioni per dare maggiori poteri all’organo di vigilanza - Sì pure alle presidenze a rotazione - In aula a ottobre
©Gabriele Putzu

Un’ampia riforma che riguarda tutto il settore (e che in politica era attesa da anni) e due iniziative un po’ più puntuali per modificare la Legge sull’organizzazione giudiziaria e fronteggiare così, almeno in parte, quanto sta accadendo all’interno del Tribunale penale cantonale. La Commissione giustizia e diritti ha tirato dritto, mettendo la firma (quasi) all’unanimità su questi tre dossier di rilevo che finiranno dunque sui banchi del Gran Consiglio nella sessione di metà ottobre.

Tempistiche strette

Un’ampia riforma, si diceva, scaturita dal lavoro di quest’estate della Sottocommissione Giustizia, la quale ha proposto una lunga serie di risoluzioni che, se approvate dal Parlamento, costringeranno il Governo a ritoccare (in maniera anche incisiva) diversi ambiti del terzo potere dello Stato. Qualche esempio? L’introduzione di un codice etico per la Magistratura; una maggiore autonomia finanziaria e gestionale della Giustizia (che dovrebbe essere dotata un proprio budget); le reintroduzione della figura del sostituto procuratore pubblico; la creazione di una direzione del Ministero pubblico con più competenze amministrative; un cambiamento per la nomina dei magistrati, per la quale occorrerà, nel processo di selezione, tener conto non solo delle conoscenze giuridiche, ma anche di altre competenze, come quelle caratteriali; la possibilità per la Commissione Giustizia di chiedere degli assestment esterni sui candidati; l’introduzione di un periodo di prova per i magistrati; la professionalizzazione del Consiglio della Magistratura; l’introduzione di un «piano carriera» (con adeguamenti salariali) per i magistrati; l’invito a trasformare l’attuale Servizio dei ricorsi del Consiglio di Stato in una vera prima istanza amministrativa indipendente.

Insomma, tanti piccoli e (soprattutto) grandi cambiamenti per l’intero settore. «Dopo anni di grandi enunciazioni, visto che non si è mosso nulla, la Commissione ha lavorato tutta l’estate a questo documento e finalmente è stata proposta una serie di modifiche in vari ambiti della magistratura», ha riassunto il presidente della Giustizia e diritti, Fiorenzo Dadò, non risparmiando una frecciatina all’indirizzo del Dipartimento delle istituzioni.

«Si tratta di un documento di pregio – ha invece affermato il deputato Matteo Quadranti (PLR) –, in particolare poiché raccoglie l’adesione di tutte le forze politiche presenti in Commissione». In questo senso, anche secondo Dadò la Commissione «ha lavorato sorprendentemente bene, restando compatta» nel sostenere le riforme. «Certo – ammette ancora Quadranti –, alcune di queste risoluzioni mettono il Governo sotto pressione, ma ritenevamo necessaria questa accelerata». Già, perché un dettaglio non da poco di questa riforma riguarda le tempistiche. Per ognuno dei punti descritti in precedenza, le scadenze imposte dalla Commissione sono parecchio strette: viene infatti chiesto al Governo di esprimersi sulle proposte entro fine anno e poi produrre entro giugno 2025 il messaggio per concretizzarle.

Sospensioni e sanzioni

Ora, detto delle varie riforme del settore, la Commissione ha dato il suo via libera pure ad altri due dossier. Il primo dei quali propone una serie di modifiche della Legge sull’organizzazione giudiziaria (LOG) che, come riferito nell’edizione di sabato, potremmo definire (anche, ma non solo) la cosiddetta «Lex Ermani». Ossia alcune modifiche volte a dare maggiori poteri al Consiglio della Magistratura (CdM) per affrontare casi come quello scoppiato in questi mesi in seno al TPC. Nel dettaglio, sarà prevista per il CdM la possibilità di prendere anche misure cautelari – come la sospensione del magistrato interessato – dal momento in cui è stato aperto un procedimento disciplinare (oggi possibile solo dall’apertura di un procedimento penale). Oppure, saranno previste sanzioni più importanti: si va dalla multa fino a tre stipendi lordi, alla destituzione dalla carica di presidente, fino al trasferimento in un altro ufficio e, come detto, alla sospensione per 12 mesi (oggi sono tre). Inoltre, rispetto a quanto riferito sabato, la Commissione ha «smussato» la parte riguardante l’entrata in vigore delle modifiche. Se nella prima bozza veniva chiesto che le novità fossero applicabili anche per i procedimenti in corso (come quello di Ermani), nella versione finale è previsto di lasciare al CdM stesso la facoltà di decidere quale diritto applicare.

Come ricorda Dadò, l’idea di concedere maggiori poteri al CdM «è nata dall’esigenza, espressa anche del CdM stesso, di poter disporre di strumenti per agire concretamente anche in casi come quello del TPC, ma non solo». Come dire: tutto ciò è scaturito dal «caso Ermani», ma come riferito da Quadranti, le modifiche si giustificano «indipendentemente da quanto sta accadendo all’interno del TPC»: «Ci si è resi conto che mancava qualcosa. Cerchiamo dunque di rimediare». Anche su questo dossier, la Commissione si presenterà compatta in Parlamento. Tuttavia, al rapporto commissionale manca ancora una firma, quella della Lega. Il Movimento di via Monte Boglia ha motivato la decisione sulla base dell’importanza di queste modifiche e la celerità con cui sono state proposte. «Ci prenderemo il tempo necessario per valutare se sostenere o meno in aula le modifiche», ha spiegato la deputata Sabrina Aldi.

Niente cariche a vita

L’ultimo pacchetto, il terzo, riguarda nuovamente la situazione venutasi a creare al TPC. L’MPS, due anni fa, aveva già proposto che – citiamo dall’atto parlamentare: per evitare «la creazione di ‘giardinetti’ con atteggiamenti di inutile e dannosa onnipotenza» – il presidente e il vicepresidente delle Sezioni e delle Camere del Tribunale d’appello non fossero «immediatamente rieleggibili». Essenzialmente, dunque, l’obiettivo era quello di evitare «presidenze a vita», introducendo delle rotazioni. La Commissione aderirà parzialmente alla proposta dell’MPS, adottandola unicamente per le tre Sezioni (di diritto civile; di diritto pubblico; e il Tribunale penale cantonale) e non per le varie Camere che compongono le Sezioni. «È importante che certe cariche ruotino – ha rilevato in tal senso Dadò –, poiché quando un giudice assume la carica di presidente di Sezioni importanti, se la tiene per troppi anni, dopo un po’, potrebbe creare problemi». Concretamente, dunque, la Commissione proporrà rotazioni di due anni.

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