Un drone a misura di albero per salvare la biodiversità
Chi vive sugli alberi? La domanda sembra banale, ma agli scienziati non basta mettersi con il naso all'insù. Occorre salire sulle chiome, prelevare campioni. Un lavoro faticoso che richiede esperienza e capacità, come quella di sapersi arrampicare e districarsi nella vegetazione più fitta. In alternativa – ma solo quelle volte in cui è possibile –, si possono usare anche delle gru, ingombranti quanto costose. Un po' eccessivo, forse, per prelevare quei pochi frammenti che saranno da portare in laboratorio per le analisi del prezioso DNA ambientale – l'«eDNA», come lo chiamano gli esperti –, che permette di scoprire le specie di passaggio nelle foreste. Ed ecco che gli ingegneri del Politecnico di Zurigo e del WSL (l'Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio con sede centrale a Birmensdorf) hanno trovato la soluzione, una primizia: usare un piccolo drone radiocomandato che, grazie a delle strisce di materiale adesivo o a delle garze umidificate, strappa senza fare danni quelle piccole tracce da studiare per rispondere, appunto, alla domanda. Un passo che permette di ridurre in maniera drastica costi e tempi di una disciplina che studia la varietà di esseri viventi nell'ambiente che ci circonda, allo scopo di verificarne l'evoluzione, i cambiamenti e, si spera, correggere le situazioni troppo squilibrate. «La biodiversità è importante. Senza, la vita non sarebbe possibile – dice Emanuele Aucone, dottorando al Politecnico e tra gli inventori di questa innovazione –. È grazie a tutta una serie di delicati equilibri che abbiamo acqua pulita, materie prime, non solo per il cibo ma anche per i farmaci».
La notizia della trovata, realizzata sotto il cappello del Laboratorio di ambiente e robotica del Politecnico, ha fatto il giro del mondo è si è guadagnata una copertina dell'edizione di gennaio di Science Robotics. Una bella soddisfazione per Aucone e colleghi. In collegamento da Birmensdorf, mostra un prototipo di fronte alla camera. «Questa gabbia, che ospita il drone, è realizzata con fibra di vetro e legno. Può avere quattro flap, abbiamo chiamato così le parti che interagiscono con il ramo», dice il 27.enne, che in passato ha già lavorato al Fermi Lab di Chicago su un esperimento in collaborazione con il CERN di Ginevra e, successivamente per il progetto di tesi, anche a Los Angeles al Jet Propulsion Laboratory della NASA.
Una prima mondiale
«C'è bisogno di nuove soluzioni nel campo e noi riteniamo che i robot possano essere uno strumento per velocizzare questo genere di controlli. Rappresentano una soluzione rapida, automatica. Abbiamo così puntato sulla costruzione di un drone a partire dai classici componenti. Motori, eliche e un'intelligenza di bordo, per poi concentrarci sulla parte più saliente, vale a dire il collegamento del drone attraverso un sensore di forza, applicando poi alla gabbia una serie di materiali adatti alla raccolta dei campioni: un nastro adesivo e un tessuto umidificato».
Secondo Aucone, quella del drone è una prima mondiale: «Abbiamo già visto droni progettati per prelevare campioni d'acqua con delle pompe o dei secchi, ma questo è il primo apparecchio nel suo genere pensato per entrare in azione in una foresta. Abbiamo presentato per la prima volta un'idea del genere».
Una sfida dietro l'altra
«Una volta fatto decollare il drone, questi entra in contatto con il ramo e poi, tornato alla base, rimuoviamo le strisce adesive per poi inviarle all'analisi in laboratorio. Abbiamo anche dovuto constatare che non ci fosse contaminazione attraverso l'aria», sottolinea Aucone.
L'atterraggio sui rami richiede un controllo complesso, ma la flessibilità della gabbia che circonda l'aeromobile permette all'intelligenza che lo muove di capire quando sia flessibile il soggetto dal quale si intende effettuare il prelievo del campione. Una volta ottenuta la misura, ne tiene conto per manovra di volo. «Abbiamo anche dovuto capire se era necessario solo toccare o andare, ad esempio, a sfregare la superficie. Dalle nostre prove, è emerso che un un tempo di 10 secondi applicando una forza di Newton (100 grammi, ndr) è sufficiente».
I ricercatori hanno provato a prelevare campioni da sette specie arboree, trovando così il materiale genetico di 21 gruppi di organismi. «Uccelli, mammiferi, insetti... e anche un anfibio», esclama lo studioso.
La competizione
Gli scienziati hanno svolto tutte le prove nei dintorni della sede di Birmensdorf, ma lavorano anche nella foresta pluviale Masoala dello Zoo di Zurigo in vista di una competizione che si svolgerà a Singapore. L'efficienza del drone è messa alla prova. Se qui in Svizzera il gruppo è riuscito a fargli raccogliere materiale da sette alberi in tre giorni, a Singapore dovrà essere in grado di volare e raccogliere campioni da un numero di alberi dieci volte superiore in un solo giorno.
«La gara, denominata XPRIZE Rainforest Challenge, si terrà il prossimo maggio. Dovremo essere in grado di raccogliere informazioni in una sezione 100 ettari di foresta pluviale in 24 ore, per poi elaborarle ed estrapolarle in altre 48 ore». Secondo Aucone, molte squadre useranno robot e droni, ma anche robot terrestri. «La foresta pluviale è fitta, sarà necessario avere robot su diversi livelli. La sfida richiederà lo sviluppo di nuove tecnologie per migliorare lo strumento, facendolo diventare più veloce, più efficiente». Senza contare le condizioni meteorologiche particolarmente ostili, dal vento alla pioggia, che si sommano all'intricata vegetazione e ai terreni accidentati. «Sarà dura, ma abbiamo già tante altre idee nel cappello».