L'editoriale

La percezione del pericolo e il destino inspiegabile

In poco più di una settimana due disastri climatici di questo tipo sono un segnale da cogliere appieno
Paride Pelli
01.07.2024 06:00

All’alba di ieri, quando sui nostri smartphone arrivavano le prime notifiche con le drammatiche notizie dalla Vallemaggia, la sensazione non è stata solo di sgomento, come davanti a una catastrofe che si ripete. Purtroppo, questa volta si è aggiunta anche la presa di consapevolezza – un brivido lungo la schiena – che anche per la Svizzera italiana la situazione sta cambiando irreversibilmente. Anzi, è già cambiata. In poco più di una settimana, infatti, due disastri climatici di questo tipo sono un segnale da cogliere appieno. Non tanto per la loro distanza temporale molto ravvicinata, quanto per la dinamica. Prima i Grigioni, la Mesolcina: due morti accertati, i soccorritori che hanno scavato disperatamente fra i detriti giorno e notte, una salma ancora da trovare, 40 milioni di franchi di danni stimati per difetto. Per questa estate, sembrava abbastanza. Ce n’era già di che piangere. Poi, improvvisa e insensata come la precedente, la tragedia in Vallemaggia, nella notte su domenica, con un bilancio addirittura più grave e per di più provvisorio: tre vittime e un disperso. Oltre agli ingenti danni e alle comunicazioni completamente interrotte: un silenzio assordante e tanta commozione, come quella del sindaco di Lavizzara Gabriele Dazio, apparso umanamente provato durante la conferenza stampa delle autorità. «Quello che abbiamo visto è inimmaginabile» ha dichiarato con la voce spezzata e gli occhi lucidi. Di fatto è quasi impossibile raffigurarsi la paura, se non in alcuni momenti il terrore, delle persone coinvolte. A parlare per entrambe le tragedie, sono le immagini: due regioni che ad oggi sembrano essere state colpite da un terremoto devastante, da uno sconquasso quasi surreale. Basta osservare la drammatica fotografia del ponte di pietra di Visletto a Cevio, con almeno due arcate crollate. Testimonianza dell’ingegneria industriale dei primi anni del Novecento, era stato risanato solo tre anni fa ed era uno dei simboli di un cantone che ha sempre lavorato duro, anche in situazioni difficili, modellando il paesaggio con responsabilità e creando collegamenti e ricchezza economica. Meglio tuttavia non parlare, per Visletto, di una distruzione simbolica. La natura, ça va sans dire, non fa differenza tra ponti, edifici, manufatti umani, boschi o speroni di roccia. Si scatena e basta, in tutta la sua furia. Ma, si diceva, la dinamica delle due tragedie è simile e merita una riflessione. Anche questa volta, le allerte erano state diramate per tempo. Si prevedevano forti piogge. Poi, la catastrofe. Sia per la Mesolcina sia per la Vallemaggia, ad essere eccezionale e imprevedibile è stata l’intensità dei temporali e la loro concentrazione in zone poco estese. Attorno a Cevio si sono per esempio registrati quantitativi totali superiori ai 200 millimetri, un’enormità.

Senza nulla togliere alla scienza, e a coloro che subito dichiarano queste devastazioni come conseguenza dell’inquinamento antropico, a fronte di un simile doppio disastro tutto quello che possiamo fare è rimboccarci di nuovo le maniche e dedicarci non solo alle grandi visioni ecologiche a lungo termine, ma a rafforzare le nostre capacità di previsione meteo, le nostre infrastrutture e la tempestività delle allerte e della loro ricezione. Già, perché forse è il caso di ammettere che non è soltanto il clima a essere cambiato negli ultimi anni ma è anche la nostra individuale percezione del pericolo a essersi un po’ addormentata. La Svizzera italiana non è nuova a simili catastrofi ma - spesso a ragione, grazie a un egregio sistema di protezione del territorio - si sente troppo al sicuro. Occorre dunque organizzare nuovi e più capillari sistemi di allerta e di evacuazione preventiva e sensibilizzare ogni cittadino circa il fatto che la natura, che tutti noi amiamo e rispettiamo, ha sempre l’ultima parola. Come purtroppo scrivevamo su queste colonne appena una settimana fa.

In questo articolo:
Correlati
«Mi chiedo come riusciremo a dare un futuro alle zone colpite dal maltempo»
Il presidente del Consiglio di stato ticinese Christian Vitta, il vicepresidente del Consiglio di Stato Norman Gobbi, la sindaca di Cevio Wanda Dadò, il sindaco di Lavizzara Gabriele Dazio, il comandante della polizia cantonale Matteo Cocchi e il consigliere federale Ignazio Cassis hanno aggiornato in conferenza stampa sulla situazione in Vallemaggia