Challenge League

Tosetti riparte dall'ACB e da un nuovo vicino di casa: Pestoni

Il 30.enne ticinese spiega le ragioni che l'hanno riportato in Ticino, sponda Bellinzona
Massimo Solari
08.07.2022 06:00

Matteo Tosetti è tornato a casa. Dopo un viaggio lontano dal Ticino durato sei anni, passato per Thun e Sion, il 30.enne ha deciso di ripartire dal Bellinzona e dalla Challenge League. «Sposo un progetto ambizioso e, dal punto di vista personale, faccio un passo avanti. L’ultima stagione in Vallese è stata difficile, tanto da farmi pensare di smettere».

Matteo, la firma sul contratto granata è ancora fresca. Come hai vissuto gli ultimi giorni?
«Sono state settimane intense e anche un po’ complicate. L’accordo con il Bellinzona è stato trovato molto rapidamente. Diverso il discorso per quanto riguarda il Sion. Non essendo disposto a cedermi in prestito, il mio vecchio club voleva a tutti i costi che rompessi il contratto. Di qui la mia rescissione e l’intesa con i granata per una stagione, con opzione per un secondo anno».

E sei felice di aver compiuto questo passo?
«Ho messo da parte l’aspetto economico per ritrovare la serenità. La fiducia, anche, così come il piacere di giocare a calcio. Al Tourbillon, purtroppo, avevo smarrito tutte le sensazioni positive. Tanto che un’altra stagione del genere mi avrebbe probabilmente condotto all’interruzione anticipata della carriera. Quando si è presentata l’opportunità dell’ACB ho quindi deciso di cogliere la palla al balzo, senza forzare altre potenziali trattative. Il mio obiettivo, oltretutto, era proprio quello di tornare in Ticino».

Lontano da casa, in effetti, la tua vita privata è cambiata parecchio. Grazie al matrimonio con Elisabetta dal quale sono sbocciati Noemi e, il 15 aprile scorso, Daniel.
«L’aspetto famigliare ha pesato, eccome, sulla mia scelta. A settembre Noemi inizierà la scuola dell’infanzia. E l’idea di restare un altro anno a Sion, percependo uno stipendio più importante ma con il rischio di dover stravolgere la nostra vita tra dodici mesi, era tutto fuorché rassicurante».

Oltre alla squadra, hai pure trovato una nuova sistemazione?
«Sì, siamo vicini a chiudere anche su questo fronte (ride, ndr.). A ore dovrei ricevere le chiavi. Abbiamo trovato un’ottima soluzione a Giubiasco. Basti pensare che nel palazzo accanto abita il mio amico Pestoni. Da quando Inti ha saputo che c’era questa possibilità, praticamente mi chiama ogni giorno. Le nostre compagne, d’altronde, sono molto amiche».

Diversi fattori hanno influenzato in negativo l’esperienza vallesana. Ricordo l’entusiasmo dei primi mesi, nell’estate del 2020, ben presto però spento dalla recrudescenza della pandemia

Cosa non ha funzionato a Sion?
«Diversi fattori hanno influenzato in negativo l’esperienza vallesana. Ricordo l’entusiasmo dei primi mesi, nell’estate del 2020, ben presto però spento dalla recrudescenza della pandemia. Che si è abbattuta pure sulla squadra. Io in prima persona ho pagato a caro prezzo il coronavirus, faticando molto a ritrovare la migliore forma fisica. Il mio ruolo in campo è inoltre stato modificato a più riprese. Impedendomi, di fatto, di trovare la necessaria continuità. Ed è inutile girarci attorno: quando non ti senti al centro del progetto, viene meno la fiducia ed essere performanti è automaticamente più difficile. Il dispiacere, in tal senso, è dettato dall’assenza di motivazioni. Sono stato messo ai margini senza reali spiegazioni. Anzi, mi sono state raccontate fin troppe favole. E fa male constatare in che modo è andata a finire. Da un lato non mi sarei mai aspettato di scoprire dai compagni, il giorno del raduno, che non avrei fatto parte del campo d’allenamento. Dall’altro è pur vero che il club aveva riservato lo stesso trattamento a uno come Hoarau... Che dire: peccato. Perché l’ambiente in squadra era buono, il rapporto con i tifosi pure e la vita in Vallese piacevole».

Al Comunale potrai tornare protagonista. Per altro in una formazione che - ultimi acquisti alla mano - sta pensando in grande. Quanto sei carico?
«Le aspettative sono alte e sono consapevole che il mio arrivo a Bellinzona sarà accompagnato pure da una certa pressione. Ma la fame di riscatto e la voglia di rimettermi in gioco sono enormi. E, sì, mi stanno decisamente caricando. A ciò va aggiunto il progetto ambizioso del club. Non possiamo nasconderci, a maggior ragione alla luce delle tre posizioni in classifica che potrebbero aprire le porte della Super League. L’occasione è ghiotta. Ma la priorità numero uno non può essere la promozione. Dopotutto siamo una neopromossa, che deve trovare la giusta amalgama in una nuova realtà. Detto ciò, i mezzi per fare un grande campionato non mancano. Sono rimasto colpito dalla qualità del gruppo».

La squadra ha qualità davvero importanti. E con tre posti in grado di aprire le porte della Super League, l’occasione è ghiotta

Lasci la Super League dopo sette stagioni e oltre 180 partite. Un passo indietro?
«Considerata la situazione degli ultimi mesi, lo ritengo piuttosto un passo avanti. Accompagnato da importanti responsabilità. Ho deciso io di scendere di categoria, compiendo una scelta di cuore. La scelta giusta. Ripeto: la qualità del Bellinzona è notevole e il fatto di ritrovare un ambiente conosciuto - insieme a tante persone care e amici - costituisce una spinta ulteriore a fare bene. È anche una scommessa e la voglio vincere».

Hai lasciato un presidente umorale, Christian Constantin, per abbracciare un patron altrettanto passionale come Pablo Bentancur. Insomma, per certi versi sai cosa ti attende...
«Conosco Pablo dai tempi del Lugano, quando insieme avevamo vinto il campionato di Challenge League. Le sue ambizioni erano elevate già allora; nel frattempo hanno probabilmente assunto una dimensione ancora più importante. E la sua campagna acquisti per la stagione alle porte è lì a dimostrarlo».

Nella capitale non hai ritrovato solo Bentancur, ma anche David Sesa, tuo tecnico al Wohlen tra il 2012 e il 2013. Il club ha fatto una buona scelta?
«Ho incontrato Sesa in occasione dell’ultima partita con il Sion. E solo un mese mezzo dopo l’ho ritrovato sulla panchina della mia nuova squadra. Era un segno del destino. È indubbio che la sua presenza costituisce un fattore rilevante. Conosce molto bene le mie caratteristiche tecniche oltre che caratteriali e io conosco molto bene lui. Lo reputo un ottimo comunicatore, bravo insomma a tessere un legame con i propri giocatori. Chiaramente entrambi abbiamo maturato diverse esperienze in questi anni. Nel 2012 ero un ragazzino, oggi sono un uomo, padre di famiglia».

Rimani però un tifoso sfegatato del Milan. Che effetto farà sfidare il Monza di Berlusconi e Galliani, domenica al Comunale?
«Beh, per un rossonero il Condor rimane il Condor. Così come il presidentissimo. Figuriamoci se dovessero essere allo stadio. Al netto della loro presenza, comunque, sarà bello e stimolante sfidare una squadra di Serie A, nella quale per altro militano o si apprestano a militare tanti grandi giocatori».

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