Calcio

Tremendo, surreale, Europa non ti merito

Al termine di una partita folle, il Lugano ha salutato la Conference League - Mattia Croci-Torti: «Non avremmo mai dovuto andare ai supplementari»
Un'infinita delusione. ©Daniela Porcelli
Massimo Solari
13.03.2025 23:52

Pensavamo che l’apice della drammacità sportiva, per il Lugano, fosse stato raggiunto lo scorso giugno, con la finale di Coppa Svizzera persa al termine di quella maledetta e infinita serie di rigori. La gara di ritorno degli ottavi di finale di Conference League, dopo l’1-0 dell’andata, è stata persino più tremenda. Più inconcepibile, anche. Perché se contro il Servette, l’appendice dal dischetto era parsa il logico epilogo, alla Stockhorn Arena di Thun non si sarebbe mai dovuti arrivare sugli undici metri. Né in pieno recupero, quando lo Celje ha beneficiato della massima punizione, né in virtù della storia del match, con i bianconeri scappati prima sul 3-1 e poi sul 4-2. E invece no. Non ci sarà nessun sogno da alimentare al Franchi, contro la Fiorentina. Nessun tour primaverile, tra il giardino di Boboli e il campanile di Giotto. Per la sesta volta consecutiva i bianconeri non hanno chiuso il cerchio. Anzi, per come si era messa la partita - e per i valori in campo - la squadra di Mattia Croci-Torti ha fatto un altro buco nell’acqua.

Un intervento-killer

«Confermo, la partita doveva essere finita due volte: l’extra-time non aveva ragione d’esistere» afferma il Crus stringendo i denti in una smorfia di dolore. «Fa malissimo. È surreale come abbiamo concesso la terza rete agli sloveni». Lo è. Perché Anto Grgic, a un amen dal 90’, ha perso una palla che doveva finire in tribuna, mentre Albian Hajdari ha trasformato una chiusura pulita in un intervento-killer. Rigore salvifico per lo Celje e rosso diretto al difensore.

«La fragilità difensiva, di nuovo, ci è costata la partita» indica l’allenatore del Lugano, ripensando anche alle prime due reti messe a segno dagli sloveni. «Non ricordo grandi parate di Saipi. Ci siamo semplicemente fatti male da soli, pagando ogni singola sbavatura. Il fallo di Hajdari? È il rigore del calcio moderno. Semplicemente la palla non doveva arrivare lì».

Le scelte del tecnico

Il Crus non si dà pace. «Ma non mi si dica che il Lugano ha disputato una brutta partita. Sono orgoglioso della prestazione e del carattere immenso dei miei uomini». Il tecnico, certo, allude al gol della disperazione firmato da Doumbia. Sul cronometro correva il 118’ e lo Celje sembrava aver ipotecato il passaggio del turno nel primo tempo supplementare. Sono al contrario serviti i rigori, subito devastanti con il tiro alle stelle di Przybylko, e poi mortiferi alla luce degli errori di Steffen e Cimignani. «Sostituire Koutsias? Il 4-3 dello Celje non nasce a causa della sua assenza o meno» rileva il Crus. Per poi aggiungere: «I centimetri di Kacper dovevano servire per fermare le palle alte finali degli sloveni, non una disattenzione come quella del 90’». Il polacco, non esattamente in fiducia, si è presentato sul dischetto per primo. «Parliamo di un rigorista, attaccante, che se la sentiva» sottolinea l’allenatore. «Ripeto: non l’abbiamo persa ai rigori, ma prima, rovinando in un attimo un percorso incredibile. Siamo la squadra che ci ha provato di più, risultando nettamente migliori dell’avversario sui 180’». L’Europa, anche l’Europa, dei meriti bianconeri se n’è però infischiata.

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