Un'altra ammissione di colpa: «Il fallo di Ajeti? Preferivamo il cartellino rosso»

Al Lugano restano due turni per evitare lo scenario peggiore. E, si badi bene, lo scomodo compagno di viaggio potrebbe manifestarsi anche nel quadro del girone per il titolo. Chiudere la stagione al quinto o sesto posto, staccati di 5 o 6 punti dalla concorrenza, rischierebbe infatti di trasformare il finale di campionato - e le sue cinque gare - in un’anonima passerella. Quanto un amarissimo settimo posto, appunto. Se il treno per il titolo, complice la sconfitta contro la capolista Basilea, sembra oramai aver lasciato la stazione, quello per l’Europa è ancora lì, disposto ad aspettare indecisi e ritardatari. E meglio, molto meglio, sarebbe lanciare un segnale inequivocabile circa le proprie intenzioni, battendo sia San Gallo, sia Losanna. Guai, per contro, a speculare sulle disgrazie altrui o, in un secondo momento, sull’eventualità che pure il quinto posto in Super League possa trasformarsi in un lasciapassare per le competizioni continentali, qualora la Coppa Svizzera andasse a una squadra classificata meglio.
In queste ore, il Lugano s’interroga dunque sull’ennesima occasione persa. Persa al solito modo, oltretutto. E, non bastasse, fa i conti con l’ultimo infortunio muscolare di una serie oramai troppo lunga per essere giustificata (e ammessa) con responsabilità generiche e non precisi responsabili. Bilanci e risposte, su questo fronte, andranno tuttavia formulati al termine della stagione. In merito ad altre questioni, più di pancia ma tutto fuorché insensate o prive di conseguenze, abbiamo invece ritenuto doveroso interpellare il dipartimento arbitrale dell’ASF.
«Non un contatto con piena forza»
Certo, parliamo ancora di Basilea-Lugano e, in primis, del pericolosissimo intervento di Albian Ajeti su Anto Grgic. L’entrata dell’attaccante renano sul ginocchio del centrocampista bianconero, lo ricordiamo, è stata sanzionata con un cartellino giallo dall’arbitro Joahnnes von Mandach. Il VAR Sandro Schärer, da parte sua, non ha ritenuto necessario richiamare al video il direttore di gara. Gravità del fallo e precedenti alla mano, come è stato possibile?


«L’arbitro in campo ha percepito il contatto con i tacchetti sul ginocchio, non ritenendolo però un contatto con piena forza, in quanto Ajeti non ha seguito completamente la traiettoria dell’intervento e ha ritirato la gamba all’ultimo momento» spiega la direzione dei fischietti svizzeri. Oddio, le immagini sembrano suggerire altro, e cioè come la gamba di Ajeti più che ritirarsi si pieghi proprio alla luce del contatto con il ginocchio di Grgic. Lo sguardo atterrito del giocatore del Basilea subito dopo il fischio arbitrale e il suo labiale - «ho toccato prima la palla...» - evidenziano inoltre la piena consapevolezza della serietà del fallo appena commesso, più che il tentativo di sottolinearne la docilità.
«In caso di dubbio, meglio evitare il VAR»
Sin qui la valutazione sul campo. E il VAR? Perché non è entrato in scena? Dopo tutto, intenzionalità o meno del gesto, altre circostanze simili vissute in Super League avevano portato a un ravvedimento del direttore di gara e al cartellino rosso per l’autore del fallo. «Mentre giovedì, in Conference League, ci sarà lo Celje contro la Fiorentina e non noi, a causa di un intervento di un’entità decisamente minore» ha tenuto ad aggiungere il tecnico del Lugano Mattia Croci-Torti, riferendosi all’espulsione rimediata da Albian Hajdari nella gara di ritorno degli ottavi di finale. Ecco la versione del dipartimento arbitrale dell’ASF: «La percezione di von Mandach è coerente con quanto mostrato dalle immagini televisive. Detto altrimenti, l’arbitro non avrebbe acquisito nuovi elementi davanti allo schermo». Eppure, di fermoimmagine in grado di far cambiare idea al fischietto di turno se ne vedono quasi ogni weekend. Ancora l’ASF: «Anche in altri casi abbiamo sempre sostenuto che, in caso di dubbio, l’intervento del VAR dovrebbe essere evitato. Per questa ragione riteniamo comprensibile che Schärer si sia astenuto dal richiamare l’arbitro principale». Con tanti cari saluti alle rimostranze bianconere. O forse no. L’interpretazione del fattaccio fornita da Muri bei Bern viene completata da una parziale ammissione di colpa. E, aggiungiamo noi, non è il primo amaro contentino concesso al club ticinese. «Per spirito di autocritica, e dal momento che procediamo a una seria analisi di tutti gli episodi, nemmeno a questo giro intendiamo lasciare spazio a dubbi: da un punto di vista puramente tecnico, si tratta di un intervento da cartellino rosso. Un colpo a suola aperta sul ginocchio, in questa forma, mette in pericolo la salute dell’avversario». Ah, bene. «In termini generali, avremmo quindi preferito che l’arbitro optasse per l’espulsione dell’autore del fallo» riconosce il dipartimento competente dell’ASF in un’ultima battuta.
«Toc toc, e il giallo a Shaqiri?»
Interpretati così, procedura e regolamento fanno a pugni. E anche parecchio. Quanto accaduto al St. Jakob-Park, tra il primo e il secondo tempo, appare invece situabile su un terreno scivoloso. La classica zona grigia, nella quale l’ASF preferisce muoversi con circospezione. Già, perché oltre a quanto accaduto al 33’, a mandare su tutte le furie il Crus a fine partita è stato pure il comportamento del direttore sportivo del Basilea Daniel Stucki, passato a trovare von Mandach durante la pausa. Il dipartimento arbitrale della Federcalcio svizzera, va da sé, non è nella posizione di smentire quanto anticipato dagli addetti - ben appostati - di Blue. «Possiamo confermare che all'intervallo c’è stato un brevissimo contatto tra il direttore sportivo dell’FC Basilea e la squadra arbitrale. Si è discusso del primo cartellino giallo della partita (contro Shaqiri) e della sua motivazione». Tutto normale, quindi? «L’arbitro ha immediatamente segnalato questo contatto alla commissione arbitrale dopo la partita» indica l’ASF. Per poi fare una precisazione: «Allo stesso tempo, siamo stati informati che anche un rappresentante dell’FC Lugano si trovava nello spogliatoio dell’arbitro al termine della partita per discutere di eventuali questioni in sospeso». E il tutto, viene spiegato, non è da stigmatizzare. «Brevi contatti per lo scambio di informazioni tra la squadra arbitrale e i rappresentanti dei club sono consueti nell’interesse della trasparenza».