Colpo di scena: Alinghi non parteciperà alla prossima America's Cup

Commentando l'eliminazione in semifinale alla Louis Vuitton Cup (torneo che permette di definire chi sarà a sfidare il detentore dell'America's Cup) di Alinghi Red Bull Racing per mano di Ineos Britannia, lo scorso 18 settembre, scrivevamo che quello dell'imbarcazione battente bandiera svizzera «è un progetto orientato al futuro». Poco male, insomma, se nel corso della competizione il team di Bertarelli aveva mostrato numerose difficoltà e si era dimostrato lontano anni luce dai fasti del passato (ricordiamo che la squadra che fa capo alla Société nautique de Genève ha vinto per due volte l'America's Cup, il trofeo velistico più importante al mondo). La giovane squadra rossocrociata aveva infatti ampi margini di miglioramento. «L'importante – scrivevamo allora – sarà fare tesoro degli errori commessi nelle acque di Barcellona».
Proprio perché convinti della solidità del progetto, il mese successivo ritenevamo che, nonostante le scaramucce tra Alinghi e Team New Zealand riguardo al budget troppo elevato, a detta dei Kiwi, della squadra elvetica, la sua partecipazione alla 38. edizione dell'America's Cup fosse ormai data per assodata.
Ebbene, i nostri auspici e le nostre previsioni sono stati improvvisamente e brutalmente infranti: no Alinghi non parteciperà alla prossima Coppa America. A fornire lo scoop è Le Temps che spiega come all'origine della decisione ci siano incolmabili differenze di vedute tra il team elvetico e il defender, cioè l'attuale detentore del trofeo, Team New Zealand. «Nonostante gli sforzi, non siamo riusciti a trovare un accordo con il defender dell'America's Cup sul futuro della competizione» ha dichiarato al quotidiano svizzero francese il board di Alinghi Red Bull Racing. E ancora: «è dunque con profondo dispiacere che abbiamo deciso una riduzione progressiva di Alinghi Red Bull Racing». Una dichiarazione criptica, quest'ultima. Che cosa avrà voluto dire il team elvetico esprimendosi così? Probabilmente il significato profondo di queste parole è che il progetto Alinghi non è definitivamente archiviato, ma viene soltanto messo in pausa in attesa di tempi migliori, leggasi di un nuovo defender dalle visioni più simili a quelle del team elvetico.
Ma quali sono, allora, le divergenze tra Alinghi e Team New Zealand (che, lo ricordiamo, in qualità di defender può sostanzialmente decidere le regole della competizione)? «Abbiamo chiesto al defender più trasparenza, più impegno nei confronti dell'evento e di creare nuove opportunità che permettessero alle squadre e alla competizione di rimanere il punto di riferimento nel mondo della vela», fanno sapere da Alinghi. «Tutti insieme avremmo così potuto proporre una manifestazione commercialmente solida e fattibile capace di attirare televisioni, spettatori e sponsor».
In effetti, sottolinea Le Temps, nel corso dell'ultima America's Cup, andata in scena a Barcellona, dal quartier generale della squadra elvetica era trapelato malumore per via di una competizione mal organizzata che faticava a suscitare interesse al di fuori della cerchia ristretta degli appassionati di vela. Al centro delle critiche era finito anche Grant Dalton, il potente chief executive di Team New Zealand, accusato di essere interessato solo ai soldi e al modo di favorire la vittoria della squadra oceanica.
Anche Ineos Britannia dice addio
Quello di Alinghi, comunque, non è il solo addio alla competizione velistica più importante del mondo. Negli scorsi giorni anche Ineos Britannia, sconfitta in finale proprio da Team New Zealand con il quale avrebbe dovuto discutere le regole della prossima edizione in qualità di challenger of record, ha annunciato il proprio ritiro. Uno smacco per la manifestazione non solo perché i britannici erano stati il primo team a lanciare la sfida al detentore del titolo, da qui il nominativo «challenger of record», ma anche perché l'imbarcazione capitanata dal timoniere Ben Ainslie era una delle squadre più quotate per la vittoria finale. Con il suo addio, dunque, se ne va anche parte dell'interesse per la 38.edizione dell'America's Cup. Una considerazione non da poco, se pensiamo che si vorrebbe rendere la competizione sempre più attrattiva. Alla base della decisione, in questo caso non ci sono però divergenze con Team New Zealand; tutto andrebbe invece ricondotto a dissidi interni al team britannico e, più precisamente, tra il patron Jim Ratcliffe e lo stesso Ben Ainslie.
Le difficoltà organizzative in vista della 38. edizione non finiscono comunque qui. Non è infatti solo Ineos Britannia a non essere riuscita a trovare un accordo con il proprio timoniere, anche Team New Zealand ha dovuto salutare uno dei propri timonieri: Peter Burling, in squadra orami da un decennio. Alla base del mancato accordo divergenze di tipo finanziario. In vista della prossima America's Cup i Kiwi dovranno dunque trovare un nuovo leader.
Altro problema con cui dovrà confrontarsi la squadra oceanica è il rifiuto del Governo neozelandese di fornire supporto finanziario affinché la manifestazione possa andare in scena nelle acque di Auckland. Tra i tanti interrogativi che gravitano attorno alla 38. edizione c'è dunque anche quello riguardante la città ospitante. Per ora le più quotate sarebbero Gedda, Napoli e Atene.