La Serie A a due passi dal Ticino? «Il Lugano ha poco da perdere»
È il 10 maggio del 2023. Un anno fa, insomma. Al Cinestar viene presentato il progetto «FC Lugano 2029». E cioè la bussola per il futuro sportivo, infrastrutturale e commerciale del club. La settima slide proiettata sul grande schermo ospita una cartina; nel dettaglio tre regioni: Ticino, Lombardia e Piemonte. Ci pensa il CEO Martin Blaser a commentarla, parlando di pubblico e affrontando di petto il nodo della concorrenza fra numerose società sportive racchiuse in un fazzoletto di terra. «E ricordo molto bene che, seppur in piccolo, fra i loghi raffigurati era presente pure quello del Como» sottolinea il dirigente bianconero. Dodici mesi più tardi il club lariano ha potuto festeggiare il ritorno in Serie A, portando a quota sette le formazioni del Nord Italia iscritte al massimo campionato 2024-25. Potrebbero essere addirittura otto, qualora a spuntarla nei playoff fosse una tra Cremonese e Brescia. Como, però, si trova a due passi dal confine. E in queste ore, inevitabilmente, ci si è chiesti in che misura la squadra di Cesc Fabregas potrebbe costituire un intralcio per gli sviluppi del Football Club Lugano. «Onestamente? Non abbiamo molto da perdere» chiarisce in entrata Blaser. Il discorso, riconosce, è comunque articolato.
Tutto (o quasi) passa dallo stadio
Il punto di partenza, suggerito poc’anzi, non si discute. E non lo mette in dubbio nemmeno Blaser. «Non disponiamo di numeri precisi, ma è evidente come una fetta considerevole di ticinesi si rechi regolarmente in Italia per assistere a match di Serie A. In termini di biglietti o abbonamenti, dunque, è innegabile la concorrenza esercitata sul Lugano». Bene. O meglio, male. Il Como, tuttavia, non sa ancora dove disputerà i suoi incontri. Di più: se il vetusto Sinigaglia dovesse ottenere una deroga eccezionale, parliamo comunque di un impianto da 10.000 posti o poco più, con il settore hospitality che rischia di mangiarsi una discreta fetta dell’incremento previsto. Gli incontri di Cutrone e compagni, detto altrimenti, potrebbe costituire una sorta di evento esclusivo. Per pochi. Poco importa se ticinesi. «La vera sfida per il Como interessa l’infrastruttura di gioco» commenta in merito Blaser. «E, al netto degli ingenti mezzi finanziari a disposizione della proprietà, a oggi non v’è nulla di assicurato sulla fattibilità di uno o dell’altro progetto. Non esiste un disegno preciso e, in ogni caso, per la sua realizzazione credo si debba ragionare sul medio-termine».
Questo per quanto concerne il contenitore. «Sul contenuto, invece, non ho problemi a riconoscere la differenza dello spettacolo offerto in campo» ammette Blaser: «Tradotto: Como-Inter batterà sempre Lugano-Yverdon». E a Cornaredo ci si è mossi di conseguenza. «È una delle ragioni - spiega Blaser - per la quale abbiamo deciso di investire in modo importante sul piano dell’hospitality. L’idea è di offrire al territorio e ai nostri ospiti un’esperienza diversa da quella proposta negli stadi del Nord Italia». E ciò, va da sé, varrà a maggior ragione nel futuro stadio dei bianconeri, atteso per giugno 2026. «Dobbiamo scovare quei margini che ci permettano di essere migliori rispetto ai vicini concorrenti» conferma Blaser.
Brand sportivi e turistici
E gli sponsor? Perché una grande azienda attiva nel Sottoceneri dovrebbe preferire il Lugano a un club di Serie A? Il FoxTown, per dire, sponsorizza la Pallacanestro Cantù e in passato aveva sostenuto proprio il Como. «Da tre anni, oramai, conosciamo il mercato locale» rileva il CEO bianconero. Per poi aggiungere: «La presenza del Como, in quest’ambito, non ci cambia la vita. Certo, come accaduto al Basilea, una volta in funzione il nuovo stadio del Friburgo, qualche partner potrebbe scegliere di sottoscrivere degli abbonamenti nell’ambito hospitality, con “vista” sul Lario. E puntare sull’italianità appena di là del confine. Ma ripeto: affinché questo scenario si concretizzi, a Como serve un impianto all’altezza e una compagine in grado di sostenere la Serie A non per una, ma per quattro-cinque stagioni».
Insomma, Blaser preferisce guardare in casa propria. «Dobbiamo fare bene i compiti. Noi, come Lugano. E se saremo bravi, con una squadra che funziona sul campo, beh, sono sicuro che potremo raggiungere gli obiettivi prefissati. Como o non Como». Il che non significa sottostimare il valore del brand turistico-sportivo dell’ultimo ammesso in Serie A. Anzi. «A nostra volta - riconosce Blaser - stiamo lavorando su questi aspetti, sul concetto di club-città, di «Sonnenstube» anche, e ciò al fine di ampliare il bacino del mercato nazionale».